CORRISPONDENZA FAMILIARE

di Silvio Longobardi

Che ne sarà di noi? Sposi con lo sguardo rivolto al Cielo

16 Agosto 2021

Luigi e Zelia

Come possiamo vivere senza pensare che un giorno – non importa se vicino o lontano – questi giorni saranno consumati. Siamo immersi nel tempo… che passa. Non possiamo trattenerlo. E dove ci conduce? Se per un attimo avessimo il coraggio di fermarci, non faremmo fatica a trovare la risposta: il Tutto o il nulla, l’incontro con Dio o il vuoto.

Viviamo faccia a terra, siamo così preoccupati di rispondere alle necessità materiali da dimenticare che l’esistenza è solo l’allenamento rispetto alla partita vera e propria, quella che inizia quando, varcata la soglia dell’eternità, entriamo nella luce, nel giorno senza tramonto. Gli indicatori sociologici dicono chiaramente che la fede nella risurrezione è drasticamente diminuita: solo il 28% della popolazione italiana crede che ci sia una vita futura (vent’anni fa erano il 41%). Il 20% la nega decisamente, un numero più che raddoppiato rispetto alla rilevazione precedente. Personalmente non sono affatto sorpreso, esequie a parte, non mi pare che questo tema sia un capitolo dell’ordinaria proposta di fede. Inferno, Purgatorio e Paradiso sono sempre meno presenti nella predicazione e nella catechesi. 

Eppure, a pensarci bene, non c’è niente di più utile che parlare della morte. Come possiamo vivere senza pensare che un giorno – non importa se vicino o lontano – questi giorni saranno consumati. Siamo immersi nel tempo… che passa. Non possiamo trattenerlo. E dove ci conduce? Se per un attimo avessimo il coraggio di fermarci, non faremmo fatica a trovare la risposta: il Tutto o il nulla, l’incontro con Dio o il vuoto. Ma a che serve vivere e impegnarsi se tutto si conclude con un nulla di fatto, se tutto finisce nel vuoto? Se invece è Dio che ci attende, tutto cambia! 

Lo so, non sono discorsi da fare a tavola. E neppure, sotto l’ombrellone. Ma soffocare queste domande scomode significa non guardare in faccia la realtà. Alla vuota sazietà di chi nulla attende, preferisco l’inquietudine di chi cerca e non smette di porsi le domande che riguardano il senso della vita. A questa seconda categoria appartiene la sposa che mi ha scritto dopo aver letto l’articolo pubblicato lunedì scorso (Dinanzi all’eternità. Una lettera ai genitori che hanno perso un figlio): quelle parole sono state per lei come una scossa, l’hanno obbligata a far emergere le domande e le paure che, per quieto vivere, cercava di silenziare. La condizione familiare, segnata da una malattia sempre in agguato, suscita non poca preoccupazione e certamente alimenta una più insistente preghiera ma… non diventa mai una salutare provocazione per il dialogo di coppia. 

Eppure, gli sposi sanno che prima o poi dovranno lasciarsi sulla terra. Quell’unità tanto cercata e desiderata e tante volte ferita viene a spezzarsi. Che ne sarà di noi? È una domanda che ogni coppia dovrebbe porsi. Una domanda che dovrebbe accompagnare e illuminare la vita coniugale e familiare. In casa Martin si parlava spesso del Cielo. I santi sposi Luigi e Zelia non facevano mistero della loro fede e parlavano della morte con grande naturalezza. Tant’è vero che la più piccola delle figlie, con intelligenza precoce per i suoi tre anni, augurava la morte alla mamma. E quando la rimproverano, rispondeva con l’ingenuità dei bambini: “Ma è perché tu vada in Cielo! Lo dici tu che bisogna morire per andarci”. Stiamo parlando di santa Teresa di Gesù Bambino, “la più grande santa dei tempi moderni”, come la definì Pio X, santo anche lui. Aveva compreso che la morte è solo una porta, forse un po’ stretta, che conduce nella casa di Dio. 

Forte come la morte è l’amore”, leggiamo nella Scrittura. Anzi, più forte della morte. “Chiedete che il vostro amore sappia rivestire di gioia gli anni della vita e aiuti ciascuno di voi ad entrare nell’eterna beatitudine”. Queste parole, che ieri ho consegnato ad un gruppo di fidanzati, sono ancora più valide per gli sposi. Buon cammino. 

Don Silvio 

Caro padre, 

stamattina ho letto il tuo articolo su Punto Famiglia e ho sentito il bisogno di condividere con te alcuni miei pensieri, del resto non potrei farlo con nessun altro. In questi ultimi tempi e direi in questo ultimo anno il pensiero di poter perdere qualcuno dei miei cari mi fa vacillare e sento molto la tristezza e la paura per questo futuro incerto, non riesco a tenere sotto controllo questo pensiero, nella mia vita ho sempre pianificato tutto nei minimi dettagli. 

Vedo il mio sposo segnato e indebolito da questa malattia silenziosa e lenta che lo affligge oramai da tanti anni e sento come se la fine fosse vicina, ho paura di non riuscire a controllare tutto questo, la paura non è solo nel non volerlo perdere ma anche e soprattutto paura che dentro di me possa spegnersi l’entusiasmo e la gioia di vivere, combatto questa battaglia interiore per non mollare ma ogni giorno sembra sempre più difficile. 

Ammetto che nella nostra casa non si parla molto del “Cielo” come per scongiurare quel giorno in cui dovremo andare, soprattutto Giulio non vuole parlarne e così facciamo silenzio, solo la sera in cui abbiamo scoperto il nome della malattia mio marito mi ha chiesto come faremo ad incontrarci nell’aldilà, ed io gli risposi con una poesia che ti allego. 

Non so se riusciremo a partire per trascorrere qualche giorno al mare, spero di sì, per staccare un po’ la spina e allentare le preoccupazioni, intanto ti chiedo di pregare per me perché io possa staccarmi un po’ dalle cose terrene e ritornare a pregare e vivere una fede ardente, ne ho bisogno io ma ne hanno bisogno tanto mio marito e i miei figli, spero che anche tu possa rigenerarti in questo tempo. Scusa per lo sfogo ma ne avevo tanto bisogno.

Ti verrò a cercare
Sì un giorno prima o poi
le nostre vite si perderanno
si dissolveranno
per prendere una forma nuova 
leggera e trasparente.
Sì un giorno verrà 
che non saremo più
fatti di molecole 
ma di puro spirito 
e di vita infinita.
E non aver paura 
della solitudine,
dell’oblio e dell’insicurezza
io ti verrò a cercare,
ovunque tu sarai,
senza più occhi stanchi
senza più il peso 
del corpo affaticato.
Ti cercherò e subito ti troverò
perché la tua luce 
sarà la stessa,
i tuoi occhi brilleranno ancora.
Ti verrò a cercare 
perché avrò bisogno di te,
della sensazione bella
dei tuoi abbracci
del profumo della tua bocca.
Ti verrò a cercare,
ti troverò
e sarà ancora amore.




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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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1 risposta su “Che ne sarà di noi? Sposi con lo sguardo rivolto al Cielo”

Dire “o il vuoto” è impreciso perché fa immaginare che tu ci sia a contemplare il vuoto (cf.Il poeta Ateo Borges che a una intervistatrice che gli chiedeva cosa pensava della morte, disse: “Io vorrei essere nullificato!” E poi, alla domanda se avesse paura aggiunse contraddittoriamente: “No, perché sono curioso di vedere cosa succederà!”).
Quindi diciamo meglio “O Dio o il ritorno a prima della nascita” che sarebbe il niente di me e di ogni realtà (sì compreso lo spazio vuoto e nero. Non ci sarà neanche lui!)
Non si avverte di già il freddo?…

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