CORRISPONDENZA FAMILIARE

“La guerra è una pazzia”. È tempo di agire

7 Marzo 2022

Se fossimo noi nelle condizioni dell’Ucraina cosa diremmo? Se avessimo familiari in quella terra, a cui viene impedito anche di scappare, parleremmo con la stessa calma di negoziati e trattative? E al responsabile di tutto questo voglio sottolineare che un antico proverbio cinese dice: “Per quanto sei arrivato in alto, ricorda che c’è qualcuno che sta più in alto di te”.

Ancora una volta Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce, quella di un umile testimone del Vangelo che raccoglie e amplifica il grido di dolore che sale da una terra martoriata: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini”. 

Sono parole pesanti che contengono una precisa denuncia nei confronti di chi usa il suo immenso potere militare, accumulato per anni, per calpestare la dignità e la libertà di un popolo. In questa guerra non ci sono due contendenti, c’è solo un leader che pretende di imporre con la forza i suoi progetti espansionistici. Non ci sono due Paesi in lotta ma un esercito che aggredisce con disumana violenza e un popolo che difende a denti stretti la sua libertà. Il Papa non sta in mezzo ma si pone chiaramente dalla parte di chi soffre ingiustamente. Lui sa bene che quello che si vede e si conosce è solo una parte di quello che realmente accade. 

Chi sta sul campo assicura che la realtà è peggiore: chiese e scuole chiuse, carenza di cibo e medicine, impossibilità di arrivare al confine perché mancano sia mezzi di trasporto che la benzina. I poveri sono ancora più poveri… E la criminalità che approfitta di tutto questo per imporre le sue leggi. E come dimenticare le famiglie divise, moglie e bambini da una parte e mariti dall’altra, gli uomini inviati a combattere contro un esercito addestrato anche se non hanno alcuna dimestichezza con l’uso delle armi. “La guerra è una pazzia!”, ha detto ieri Papa Francesco, lanciando un appello: “Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà!”.

La violenza è sempre ingiustificata. È semplicemente una follia. Mi dispiace sentire le parole di chi, in una situazione così drammatica, con tutta la calma di chi sta comodamente seduto nel salotto di casa, chiede di evitare gli estremismi e la guerra delle emozioni; e domanda di capire quali sono le ragioni di chi fa la guerra, come se la guerra potesse avere delle ragioni. Qualcun altro, pur additando il colpevole, dice che gli altri non sono innocenti. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Equilibrismi degni di quella politica che, pur sapendo, poco o nulla ha fatto per impedire questa guerra. 

Certo, nessuno è innocente siamo tutti colpevoli ma questo non può in alcun modo giustificare la violenza delle bombe che non sanno distinguere tra innocenti e colpevoli né la crudeltà di chi impedisce anche i corridoi umanitari. Dobbiamo governare la pace, dicono i pacifisti ad oltranza che propongono di arrendersi e ammettere la sconfitta. A loro parere è l’unica soluzione, l’unico modo per fermare la guerra. Un’idea davvero geniale! Arrendersi all’ingiustizia significa dare al male la vittoria e la libertà di agire in modo indisturbato. Proverei ad applicare questo criterio anche alla lotta contro la mafia, con un accordo onorevole potremmo certamente evitare tante altre morti innocenti. 

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Quante chiacchiere inutili! Quante parole al vento. È facile disquisire quando siamo lontani dalla guerra e dai pericoli, ci sentiamo capaci di dire agli altri quello che andava fatto e andrebbe fatto. Dovremmo chiederci con tutta sincerità: se fossimo noi in quelle condizioni, cosa diremmo? Se avessimo familiari in quella terra, a cui viene impedito anche di scappare, parleremmo con la stessa calma? 

In una conferenza stampa, convocata dal Primo Ministro inglese, una giornalista ucraina ha posto la sua domanda tra le lacrime: “Le donne ucraine e i bambini ucraini sono spaventati a causa delle bombe e dei missili sparati dal cielo. Il popolo Ucraina sta disperatamente chiedendo all’Occidente di proteggere i nostri cieli, stiamo chiedendo di applicare una no fly zone, e ci rispondono che scatenerebbe la terza guerra mondiale. Ma qual è l’alternativa, signor Primo Ministro? Stare a guardare? Non viene a Leopoli, perché lei ha paura. La Nato non è disposta a difenderla perché ha paura della terza guerra mondiale. Ma è già iniziata e sono i bambini ucraini che vengono colpiti. Vedo i miei familiari e quelli del mio team piangere perché non sanno dove scappare… questo è quello che sta succedendo, primo Ministro”.

Se la guerra è la sconfitta dell’umanità, l’impotenza della politica rappresenta una sconfitta del diritto internazionale. Il mondo assiste impotente. Anche questa è una vergogna. Se un folle si getta a tutta velocità con il camion in mezzo ad una piazza gremita di gente, non lo fermiamo con i baci perugina. Le parole non fermano la guerra e neppure le sanzioni. Mentre la gente muore sotto le bombe o cerca di scappare, i politici riempiono l’agenda di chiacchiere. Nessuno di loro è pronto a metterci la faccia, nessuno è disposto in questo momento ad andare in Ucraina, nessuno vuole ammettere che il pericolo è stato sottovalutato e che poco o nulla è stato fatto per impedire che potesse accadere una tragedia di così ampie proporzioni. Chissà, forse ha ragione Trilussa, il poeta romanesco che dinanzi alla Prima Guerra mondiale scriveva con amarezza, immaginando di parlare ad un neonato che dorme tranquillo e beato: “Fa la ninna, cocco bello, finché dura ‘sto macello, fa la ninna, che domani rivedremo li sovrani che se scambieno la stima, boni amichi come prima; so’ cuggini, e fra parenti nun se fanno complimenti! Torneranno più cordiali li rapporti personali e, riuniti infra de loro, senza l’ombra de un rimorso, ce faranno un ber discorso su la pace e sur lavoro pe’ quer popolo cojone risparmiato dar cannone”.

A Kiev si gioca una battaglia decisiva per il futuro dell’umanità. Se un Paese ha il potere di invadere impunemente una Nazione vantando il diritto di decidere cosa deve o non deve fare un popolo sovrano, siamo tutti in pericolo. Se escludiamo a priori l’ipotesi di un intervento militare, cosa del tutto ragionevole, cosa resta da fare? La comunità internazionale può prevedere argini dissuasivi allo scopo di impedire la guerra oppure costringere il Paese aggressore a fermarsi con interventi di natura socio-economica. Se questo tentativo non riesce, il potere dilaga e tracima. 

A chi usa il potere in modo così brutale, calpestando ogni legge morale e sfigurando la ragione, a chi manda a morire i figli del suo popolo e chiude gli occhi dinanzi alla morte di migliaia di persone, possiamo solo ricordare che un giorno dovrà rendere conto di quello che ha fatto. “Per quanto sei arrivato in alto, ricorda che c’è qualcuno che sta più in alto di te”, dice un saggio proverbio cinese. E noi sappiamo che un giorno Qualcuno siederà sul trono per giudicare con giustizia. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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