CORRISPONDENZA FAMILIARE

Il grido dell’uomo dinanzi all’indifferenza della politica

19 Giugno 2023

Foto: frame / Guardia costiera greca

“Con grande tristezza e tanto dolore penso alle vittime del gravissimo naufragio avvenuto nei giorni scorsi al largo delle coste della Grecia. Rinnovo la mia preghiera per quanti hanno perso la vita e imploro che sempre si faccia tutto il possibile per prevenire simili tragedie” (18 giugno 2023). Le parole che il Papa ha pronunciato ieri all’Angelus sono l’espressione sincera dello sgomento che ogni uomo prova dinanzi all’ennesima tragedia del mare. Non basta leggere il testo, occorre ascoltare la voce per percepire il dolore del Santo Padre. Anche se le parole sono misurate e non contengono alcuna denuncia, risuonano come un grido, il grido dell’uomo dinanzi all’incapacità della politica. 

Tre mesi fa, incontrando famiglie di rifugiati arrivati in Italia, aveva ripetuto le stesse parole a proposito del naufragio di Cutro: “Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta” (18 marzo 2023). Sono passati 10 anni da un altro naufragio, avvenuto al largo di Lampedusa, in quel caso le parole del Papa ebbero il tono di una severa denuncia: “È una vergogna, è una vergogna!”. Anche in quell’occasione, dopo la preghiera per le vittime, non mancò l’appello: “Uniamo le nostre forze perché non si ripetano più simili tragedie” (3 ottobre 2013).

Una speranza e un monito che purtroppo ritorna tante volte nel magistero di Papa Francesco e rischia così di diventare un appello tanto necessario quanto privo di effetti concreti. Un appello che tuttavia non diventa mai inutile, anzi è sempre necessario. Se, dinanzi a queste tragedie, non siamo più capaci di provare vergogna, se non riusciamo più a dire parole di indignazione, se restiamo muti dinanzi all’inerzia dei governanti, vuol dire che lasciamo vincere l’indifferenza, ci abituiamo al male, assolviamo la politica dalle sue responsabilità e condanniamo i poveri cristi che attraversano il mare, accettando tutti i pericoli, nella speranza di trovare una vita più dignitosa. 

I motivi che hanno amplificato a dismisura il movimento migratorio sono certamente complessi, un nodo intricato e difficile da sciogliere. Le cause che favoriscono le tragedie sono invece più chiare e prevedibili. C’è una criminalità che specula sulla speranza della gente e, non di rado, trasformi i sogni in un incubo. Questo lavoro sporco è facilitato dall’assenza di una politica migratoria che da una parte individua regole precise per dare doverosa e immediata accoglienza a chi si trova effettivamente nel bisogno perché scappa da una guerra o da situazioni dolorose e insostenibili; e dall’altra valuta con giusta prudenza tutti gli altri e tutte le altre ragioni, per quanto siano anch’esse degne di rispetto e di attenzione umanitaria. 

Si tratta di due situazioni assai differenti. La confusione tra rifugiati e migranti economici di fatto, al di là delle intenzioni, ha suscitato in tanta gente false speranze e ha favorito flussi crescenti di persone che si affidano nelle mani di criminali senza scrupoli pur di approdare in Italia che per molti rappresenta la porta dell’Europa. 

Ben diversa è la condizione dei rifugiati, quelli cioè che scappano dalla guerra, quelli che hanno perso tutto ed hanno diritto ad avere un futuro, non dovrebbero venire su barconi di fortuna, non dovrebbero essere costretti a pagare un prezzo scandaloso per trovare un Paese che li accoglie. In un suo recente intervento Papa Francesco ha elogiato i corridoi umanitari perché “gettano dei ponti che tanti bambini, donne, uomini, anziani, provenienti da situazioni molto precarie e da gravi pericoli, hanno infine percorso in sicurezza, legalità e dignità fino ai Paesi di accoglienza” (18 marzo 2023). 

Il numero delle guerre che oggi si combattono nel mondo è più che sufficiente per creare consistenti flussi migratori: pensiamo alla martoriata Siria, al Sudan e anche all’Afganistan dei Talebani. La lista potrebbe essere più lunga se inseriamo anche i Paesi, come il Burkina Faso, segnati dal terrorismo islamista. In una situazione come questa dovremmo dare la massima priorità a chi si trova a vivere in una condizione oggettiva di pericolo. E invece, in mancanza di una seria politica, che detta regole e condizioni, costringiamo tutti, anche chi ha diritto, a bussare alla porta dei criminali. Un’oggettiva complicità con il male che riguarda tutti i soggetti in gioco: l’Unione Europea, i Governi nazionali, le ONG, i mezzi di informazione. È bene che ciascuno faccia il suo onesto esame di coscienza. 

L’appello del Papa appare scontato ma non è… inutile perché denuncia l’indifferenza della politica e tiene viva la coscienza dell’umanità. È il grido di un uomo che non si rassegna al male.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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