CORRISPONDENZA FAMILIARE

“Io scelgo te”. La ignorata stagione del fidanzamento

25 Settembre 2023

Molti dicono che l’amore è cieco! È una grande bugia che spesso genera pericolose illusioni. Chi ama ci vede bene, anzi vede meglio degli altri perché vede da vicino e conosce cose della persona amata che gli altri non sanno (e non devono sapere). “Le piccole debolezze che conoscevo soltanto io. Questo la rendeva mia moglie”, dice Robin Williams nel film Il genio ribelle.

Il tempo del fidanzamento è segnato da una condivisione sempre più esclusiva che conduce al patto definitivo che possiamo racchiudere in questa formula: “Io scelgo te”. La promessa nuziale inizia con il verbo accogliere. Un verbo piuttosto impegnativo che chiede a ciascuno di fare entrare l’altro nella propria vita, nella casa dei pensieri e degli affetti. E tuttavia, il verbo scegliere non è meno importante in quanto sottolinea la libera volontà del soggetto: i due pronomi personali – io e tu – mettono in gioco tutta la persona, in ogni suo aspetto; scegliere significa prendere una decisione con consapevolezza e responsabilità. Non si tratta solo di vivere un’esperienza ma di compiere un passo che ha il sapore della definitività: “Io scelgo te da oggi e per sempre”. 

Il patto nuziale è il punto di arrivo del fidanzamento e suppone che questa prima fase dell’avventura affettiva sia vissuta con piena coscienza e nella più grande libertà interiore. Quando parlo del fidanzamento non intendo l’esperienza sempre più diffusa dell’amicizia sentimentale, quella segnata da un’intensa e intima frequentazione che non di rado sfocia in una precoce vita sessuale. Faccio riferimento a quella stagione che inizia quando una coppia comprende che la comunione è un bene prezioso, il primo e più prezioso dei beni; e perciò sceglie, cioè decide con matura responsabilità, di incamminarsi verso le nozze. Non importa se la data nuziale sia vicina o lontana, quella decisione diventa punto fermo che dà un preciso orientamento a tutta la vita e a tutte le scelte successive. Da quel momento tutto viene pensato e fatto in vita delle nozze e della vita comune che ne deriva. 

Ho parlato di una scelta libera, matura e responsabile. Può essere libera solo una scelta ragionevole che tiene conto di tutti gli elementi. Per scegliere consapevolmente è necessario conoscere l’altro: le sue risorse e i suoi limiti, le sue capacità e i suoi difetti. È necessario avere e coltivare una stima che non chiude gli occhi dinanzi alle sue inevitabili imperfezioni ma lo accoglie con le sue debolezze. In fondo è questa la forza dell’amore, cambia il cuore di chi guarda e lo rende capace di abbracciare l’altro così com’è, con le sue imperfezioni. 

Molti dicono che l’amore è cieco! È una grande bugia che spesso genera pericolose illusioni. Chi ama ci vede bene, anzi vede meglio degli altri perché vede da vicino e conosce cose della persona amata che gli altri non sanno (e non devono sapere). “Le piccole debolezze che conoscevo soltanto io. Questo la rendeva mia moglie”, dice Robin Williams nel film Il genio ribelle. Troppe volte si arriva al matrimonio senza conoscere veramente l’altro in tutti i suoi aspetti. In questo caso si finisce per amare una persona ideale non quella reale. A volte si preferisce minimizzare certi limiti pensando che la vita a due possa automaticamente modificare abitudini e comportamenti. Chi ragiona così vive di illusioni. L’amore non chiude gli occhi ma dona il coraggio di vivere la relazione. Chi ama abbraccia l’altro con i suoi limiti, sapendo fin dall’inizio che alcuni di quei difetti non saranno mai definitivamente allontanati. 

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Arrivare alle nozze con piena consapevolezza è un principio importante, è la premessa per fare della vita un cammino a due in cui ciascuno impara ad accogliere l’altro nella verità. Conoscere e farsi conoscere, senza nascondere nulla, senza falsificare la propria carta d’identità, senza scaricare sugli altri la responsabilità dei propri errori. Senza pretendere neppure di essere sempre e soltanto compreso. La coscienza di essere una risorsa non significa dimenticare che tante altre volte possiamo diventare un peso per l’altro. Non si ama ciò che pesa ma si ama portare il peso. 

Ho cercato di descrivere un capitolo importante della relazione affettiva, una premessa necessaria per giungere alle nozze. Si tratta evidentemente di appunti che andrebbero sviluppati in un vero e proprio itinerario che, in via ordinaria, i fidanzati non fanno e non sanno fare. E non potrebbero neppure farlo senza una guida. Si apre dunque un altro capitolo, quello della responsabilità ecclesiale. Alla società non interessa la preparazione al matrimonio, lascia a ciascuno di muoversi secondo i suoi gusti. Noi sappiamo invece che l’amore è una cosa seria, troppo seria per lasciarla in balia delle emozioni. 

La comunità ecclesiale ha il dovere di promuovere un’azione incisiva per fare del fidanzamento un vero cammino, un itinerario pienamente umano e condito di fede. Un dovere che nasce dall’amore per i giovani e dalla certezza che sono una straordinaria risorsa per il presente e una garanzia per il futuro; e anche dall’amore per la famiglia, casa e scuola di quell’amore che dà alla vita la sua veste più bella. 
È strano, per non dire incoerente, notare che l’attenzione e le risorse economiche investite per accompagnare i giovani candidati al sacerdozio s’incontra, o piuttosto si scontra, con una sostanziale disattenzione al tempo del fidanzamento. Eppure, stando al Catechismo della Chiesa Cattolica Ordine sacro e matrimonio sono due sacramenti complementari che “conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio” (CCC 1534). Sono passati trent’anni dalla pubblicazione del Direttorio di pastorale familiare che distingue chiaramente e nettamente il fidanzamento dalla preparazione dei nubendi. Ci sono forse iniziative sporadiche e occasionali ma di itinerari veri e propri se ne vedono pochi. È tempo di cambiare passo. Agli occhi di molti, altre sono le urgenze. Io invece continuo a credere, come scriveva Giovanni Paolo II, che “l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia”.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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