“Annette venne da me decisissima di abortire, poi…”: il racconto di Don Oreste Benzi

7 Novembre 2023

Foto derivata da: https://www.apg23.org

Una volta ebbi occasione di ascoltare la testimonianza di don Oreste Benzi, durante il festival “Cantiamo la vita”, organizzato dal CAV pavese, per conto del Movimento per la vita nazionale. Del festival io ero il patron, come (prendendomi in giro) dicevano gli amici. In realtà, gran lavoro di ramazza, in senso figurato e no, con l’aiuto di volontarie e volontari formidabili…

«Bisogna unirsi in un amore unico per salvare la vita incipiente. Nel mare immenso della vita che soffre bisogna prima di tutto salvare coloro che incominciano a vivere. Salvando il bambino, si salva la madre. Quando il bambino viene soppresso, la madre rimarrà ferita per sempre e il bimbo vedrà interrotto il suo percorso. Annette è venuta da me ed era decisissima ad abortire. Io le ho detto: ‘Annette, cosa ti fa tanto soffrire per cui la sofferenza della morte del bimbo viene superata da quest’altra sofferenza?’. Si è messa a raccontarmi il suo dramma intimo e soprattutto la sua solitudine. Le ho detto: ‘Il tuo bimbo, ti dice: Mamma, tu mi ami: perché mi vuoi sopprimere, proprio me? Che cosa ti ho fatto? Mamma, c’è qualcuno che ti aiuta’. Annette ha messo le mani tra le mie mani, è scoppiata a piangere e ha detto: ‘Il bimbo lo tengo’. Ora il bimbo corre tanto, gli dico: ‘Ti è andata proprio bene’. Guardo gli occhi della mamma, è strafelice; mi dice: ‘Sai che alle volte mi vergogno di aver pensato di sopprimerlo?’»

Sono parole che don Oreste Benzi ha pronunciato sul palco del Teatro Fraschini di Pavia il 20 novembre 1999 in occasione del festival “Cantiamo la vita”, organizzato dal CAV pavese per conto del Movimento per la vita nazionale; il cui presidente storico, Carlo Casini, teneva moltissimo a questa manifestazione, alla quale in tanti anni non è quasi mai mancato.

Del festival io ero il patron, come (prendendomi in giro) dicevano gli amici. In realtà, gran lavoro di ramazza, in senso figurato e no, con l’aiuto di volontarie e volontari formidabili. C’era da invitare ospiti di grido, da allestire una scenografia all’altezza, da pensare agli sponsor, da entrare nelle grazie di radio, televisioni e giornali. Perché il bene deve fare notizia, rendersi visibile per produrre altro bene: la fiaccola sopra il moggio o, se si preferisce, la donna che “spreca” l’olio profumato dal vaso d’alabastro versandolo sui piedi di Gesù, prossimo alla Passione (copyright del Vangelo). La metafora non è blasfema: il concepito indifeso a rischio di aborto non è infatti, come Cristo, una vittima totalmente innocente? 

Leggi anche: Direttiva contro la violenza sulle donne: perché l’aborto è promosso come un traguardo? (puntofamiglia.net)

Don Oreste si presentò sul palcoscenico con la sua tonaca nera e lisa, da vero prete che non se ne vergogna, perché la tonaca lisa è quello che i calli sono sulle mani dei contadini: il segno del compimento di un dovere sacro. 

Come spesso succede ai santi, Benzi aveva il dono della comunicazione, a onta di una figura apparentemente dimessa e quasi impacciata. Fece un discorsetto di pochi minuti ben scanditi in tre brevi momenti, in modo che nei vari montaggi televisivi ognuno di essi potesse essere estrapolato e messo a frutto. Quello ripreso qui sopra riguarda una ragazza aiutata a non abortire dallo stesso don Oreste e dalla Comunità Giovanni XXIII, da lui fondata.

Parole da mandare a memoria perché, senza un briciolo di retorica o sentimentalismo, mettono bene a fuoco il problema nei suoi aspetti fondamentali: 1) prima di tutto salvare il bambino; 2) una madre che abortisce rimane ferita per sempre; 3) per aiutarla, occorre condividere il suo “dramma intimo” e soprattutto la sua solitudine; 4) la conclusione è lapidaria (“il bimbo lo tengo”), senza squilli di tromba.

Questi punti sono compresi tra una dichiarazione di metodo (“unirsi in un amore unico per salvare la vita incipiente”), in apertura, e la conclusione scandita in un minimo dialogo tra don Oreste e la ragazza, che ora prova una lieta vergogna per avere pensato all’aborto.   

Che bel prete. Niente prediche ma solo gesti e parole che paiono venire direttamente dal Vangelo. 

Non c’è da stupirsi che sia stato dichiarato servo di Dio e che la causa di beatificazione sia già iniziata.

Un privilegio, per il povero patron, averlo conosciuto ed essergli servito da megafono! (per approfondimenti: https://www.fondazionedonorestebenzi.org/); cantiamolavita@katamail.com 




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Gianni Mussini

Gianni Mussini, quinto di otto figli, è nato a Vigevano nel 1951. Laureato a Pavia, alunno dell’Almo Collegio Borromeo fondato da san Carlo (e citato da Manzoni nei Promessi sposi). Docente di Lettere (da ultimo al Liceo classico “Ugo Foscolo”), ha anche insegnato per 12 anni alla Scuola interuniversitaria lombarda per la formazione degli insegnanti. Autore di due libri di poesia (tra cui Rime cristiane eccellentemente recensito dal Corriere della sera e da Avvenire) e di molti studi ed edizioni specialmente sul poeta Clemente Rebora, ma anche su altri autori (tra cui Jacopone da Todi, Cesare Angelini, Manzoni), per Garzanti, Scheiwiller, Piemme, De Agostini, Storia e Letteratura. Ha collaborato a testi scolastici (La Scuola, Le Monnier, De Agostini) e raccolto in volume testimonianze di Vite salvate (Interlinea, Novara, con prefazione di Claudio Magris), ora moltiplicate nel volume Donne in cerca di guai, uscito nel 2018. Per 8 anni è stato presidente dei Centri di aiuto alla vita della Lombardia e per 12 vicepresidente nazionale del Movimento per la vita. Dal 2005 al 2012 ha invece presieduto il Consultorio familiare onlus di Pavia (dedicato al servo di Dio Giancarlo Bertolotti), del quale è stato fondatore. Ha organizzato diversi convegni, nazionali e internazionali, sui temi della vita e della famiglia, e anche corsi di aggiornamento, anche letterari, rivolti a insegnanti. Per 17 anni ha infine organizzato il Festival nazionale “Cantiamo la vita”, con la partecipazione di ospiti di fama internazionale. Last not least. È sposato con Maria Pia, e con cui ha generato Cecilia, Giacomo e Lorenza.

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