Un’amica, malata terminale, mi spiazza: quando un cuore è vigilante fino alla fine

3 Gennaio 2024

Vengo a sapere di una collega che si trova ricoverata in fin di vita. Avevo perso le sue tracce e lei, adesso, chiede di me. Mi reco in clinica subito: il figlio mi dice che non si sa quanto le resti. Mentre sono per strada vengo presa da grande paura: troverò le parole giuste? Preoccupazione inutile, perché le parole giuste le ha trovate lei…

Succede che una domenica mattina arriva un messaggio sul telefonino: “Ciao Assunta sono ricoverata in un hospice. Non mi sento bene. Fai una preghiera in più per me”. Chi mi scrive è una collega di studi e di lavoro. Spesso ci sentivamo, ma, nell’ultimo periodo, non avevo più risposte al telefono e neanche ai messaggi. Mi ero preoccupata e non sapevo in che modo raggiungerla. Finalmente un suo messaggio, ma non faceva presagire nulla di buono. Le scrivo chiedendole se posso chiamarla, visto il suo non stare bene. Dopo qualche minuto, squilla il telefono. È lei. Rispondo. Dall’altra parte, però, mi parla il figlio spiegandomi che la mamma si trova ricoverata a causa di un cancro allo stato terminale. Mi spiega che aveva chiesto di me insistentemente per chiedermi preghiere. Mi faccio dire precisamente dove si trova e aggancio. Si può immaginare la sofferenza che invase il mio animo. Le lacrime rigavano il volto e non riuscivo a fermarle. 

Questa collega è una donna che ha tanto sofferto per molte vicissitudini, che ha, tuttavia, affrontato con la forza della preghiera e la roccia della fede. Aveva condiviso molte di queste vicissitudini con me e, spesso, dopo aver pianto assieme, mi ritrovavo a spronarla a guardare il cielo, a rendere luminoso quel dolore, ad offrire tutto al Signore perché lei aveva un posto privilegiato sulla croce: nella ferita del costato squarciato. Sempre si era rialzata. Con grande dignità e forza, ma ora il viaggio si avvicina al sepolcro. Ancora per poco sarebbe rimasta sulla croce, poi l’ingresso nella vera vita. L’ultimo grande dolore che le era stato chiesto è stato la perdita improvvisa del marito spirato tra le sue braccia. Quella separazione inaspettata l’aveva molto segnata perché erano stati davvero una sola cosa.

Decido di recarmi, subito, in clinica. Chiedeva di me ed io dovevo andare. “Non sappiamo quanto tempo le resta e fino a quanto resterà lucida”, mi diceva il figlio. Mentre ero per strada vengo presa da grande paura. Molte domande prendono forma nella mente, ma una in particolare mi terrorizza: sarò capace di non piangere? Sarò capace di incoraggiarla nuovamente? Sarò capace di parlarle nuovamente di Gesù? Mentre penso a tutto ciò arrivo in clinica. Salendo le scale mi affido alla Vergine e al Signore chiedendo loro di parlare al mio posto, perché incapace. Entro in quella stanza. La vedo. È a letto. Mi guarda. Io le chiedo se mi ha riconosciuta. E lei: “Certamente! Come potrei non riconoscerti!” Mi avvicino al suo capezzale e le metto, nella mano destra (tutto il lato sinistro a causa della malattia non è più funzionante), un mio dono: l’acqua di Lourdes. Resta molto contenta e mi chiede di poterla bere. Prima, però, vuole che preghiamo assieme e mi chiede, insistentemente, di benedirla. 

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Dopo aver pregato mi dice: “Sai, il Signore domenica ha parlato proprio a me”. Le chiedo in che senso. La lettura del Vangelo invitava alla vigilanza. “Io ho sentito forte, nel mio cuore, che Gesù mi stava chiedendo di vigilare fino alla fine e di tenere la lampada della fede accesa fino al mio ultimo respiro. Sai, mi tengono nascosta la situazione, ma io so che, a breve andrò via e potrò rivedere nuovamente mio marito così da stare di nuovo assieme. Per l’eternità come spesso ci siamo dette. Forte più della morte è l’amore che lega due coniugi”. Resto senza parole. Io mi facevo problemi su cosa poterle dire e, invece, lei mi stava consegnando il suo testamento spirituale. Aggiunse, “Spero di avere la forza di sopportare la sofferenza. Sai, sono terribili i dolori alla testa”. Le dico che lei sta vivendo un momento di grande grazia perché assomiglia a Cristo sofferente. 

La sprono ad offrire tutto al Signore per la conversione dei peccatori. Lei annuisce. Il figlio, lì presente, afferma che lui ha molti dubbi sulla fede. È smarrito. Non riesce ad accettare la situazione. La madre, chiedendo anche il mio aiuto, inizia a parlargli di Gesù. Inizia a citare il Vangelo. Il suo unico obiettivo è non lasciare che suo figlio si possa allontanare dall’Amore.

Prima di salutarci le chiedo se le hanno impartito l’unzione degli infermi. Mi dice di no. Allora le dico che avrei provveduto a mandarle il cappellano per poter avere la confessione e l’unzione e, se possibile, l’Eucaristia quotidiana. È felice. La saluto. Forse è l’ultima volta che ci vediamo perché la situazione è davvero critica.

Mentre scendo con il figlio cerco di ascoltarlo e spronarlo a non gettare la cosa più preziosa: la fede in Dio. Lui è deluso e scoraggiato. Comprendo che devo solo ascoltarlo. Solo Dio può intervenire nella sua vita. Mi impegno a pregare per lui quotidianamente.

Mi hanno molto colpito gli occhi della mia collega. Erano liberi da tutto ciò che è mondano. Erano come occhi di bambino. In essi s’intravedeva un barlume di luce, quella della fede. Il Signore stava forgiando la sua amata e la stava rendendo bella per l’incontro definitivo. La stava purificando dai limiti umani. Stava “soffiando” su di lei il vento del fuoco che brucia ogni imperfezione. Questo vento fa molto male, perché ti spoglia di tutto per diventare una sola cosa con Lui, ma, se accettato con fede ed offerto diventa spiraglio di salvezza. “Preparate la via del Signore”, questo chiedeva il Vangelo di quella domenica. Che grande Grazia vive chi effettivamente prepara e si prepara per il grande incontro. La chiamiamo morte, invece, vissuta con fede, è vera e propria nascita alla vita vera, più forte della morte.




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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1 risposta su “Un’amica, malata terminale, mi spiazza: quando un cuore è vigilante fino alla fine”

Buongiorno,
questo, come diversi altri articoli che ho letto sul vostro sito, vale la pena di essere trasmessi ad altri: così ho fatto i passato ed altrettanto farò ora.

Ora un piccolo suggerimento.
Anno nuovo.
Le restrizioni Covid al momento lontane.
Che ne direste di rinnovare il testo che si trova al link: https://www.puntofamiglia.net/voceallefamiglie/
Lo suggerisco perché sa molto di datato e si trova al “piede” di ogni vostro articolo.
Che dite?
Un buon suggerimento?

Auguri di santa, quotidiana, gioiosa fecondità in questo nuovo anno e per sempre!

Alessandra

(nonostante il pochissimo tempo a mia disposizione al di fuori degli obblighi, vostra affezionata lettrice)

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