Se tolgo di mezzo una vita inutile posso sempre utilizzare i suoi organi? Sembra questa una delle logiche inquietanti alla base dell’eutanasia in Olanda. Il problema per alcuni medici è unicamente se farlo in ospedale o a casa. Una deriva senza fine…

Non si è mai abbastanza preparati se si parla di eutanasia. Quando penso di averle viste proprio tutte, ecco sbucare un’altra notizia dal cilindro dell’autodeterminazione che mi lascia senza parole.

La notizia in questione arriva dall’Olanda tanto per cambiare. Alcuni dottori intraprendenti, Johan PC Sonneveld e Johannes Mulder, dell’ospedale Isala, hanno inventato la donazione di organi domestica, una “procedura di donazione di nuova introduzione, favorevole ai donatori”. Ha anche il suo acronimo, DODE. In pratica il paziente viene sedato e intubato a casa dove perde conoscenza circondato dalla sua famiglia. Quindi viene portato, privo di sensi, in ospedale sottoposto ad eutanasia e operato. 

Iniziare la procedura di eutanasia a casa è molto più umano, sostengono i medici. “Suggerire che l’eutanasia deve avvenire in ospedale ignora i desideri più profondi dei donatori di organi: esseri umani malati, stanchi dell’ospedale che hanno deciso di porre fine al loro dolore nel comfort e nella privacy della propria casa”. I due dottori in questioni si indignano perché un articolo del 2020 su JAMA Surgery aveva suggerito che il luogo migliore per l’eutanasia dei donatori di organi è l’ospedale. Non è così, dicono. “Sostenere la necessità dell’eutanasia in ospedale alienerà molti potenziali donatori”. 

Dunque il problema è se farlo in ospedale o a casa? Non sarà per caso che l’eutanasia sta rivelando un altro dei suoi mille volti oscuri? Diventare, cioè, una fonte di organi a buon mercato. Per la serie: se non ce la fai più metti fine al tuo dolore e donaci pezzi di ricambio necessari a rimettere in ordine qualche altro oggetto umano. Chi ci guadagna da tutto questo?