CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

I giorni della vedovanza e della nuova paternità…

30 Agosto 2021

Luigi Martin e le figlie

San Luigi Martin ricorda che quando diamo alle esigenze soggettive un diritto di priorità, finiamo per calpestare o trascurare il bene comune, anche quello delle persone a cui vogliamo bene. Meglio seguire la logica evangelica: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.

Il 25 agosto era un giorno speciale nella casa della famiglia Martin, in questa casa, risuonavano le voci di gioia per la festa onomastica del papà il cui nome richiamava san Luigi, re di Francia (1214-1270). Tra le lettere di Teresa ne troviamo una inviata al papà proprio il 25 agosto 1885, in quei giorni era assente, impegnato in un lungo pellegrinaggio che lo avrebbe portato in molti luoghi dell’Europa cattolica: “Mio caro Papà, Se tu fossi a Lisieux ti si dovrebbero fare oggi gli auguri per il tuo onomastico ma giacché non ci sei voglio tuttavia e più che mai augurarti per la tua festa molta felicità e soprattutto molto piacere durante il tuo viaggio”.

Ogni anno c’era grande festa ma non nel 1877: in quell’anno, e proprio in quei giorni, Zelia viveva le ultime ore della sua vita terrena. Aveva tanto lottato e sperato nella guarigione ma… il suo grido non aveva trovato in Cielo la risposta tanto desiderata. E tuttavia, non recrimina né si ribella, si abbandona dolcemente alla misteriosa volontà di Dio, così diversa dalle attese umane: “Due giorni or sono mi sono lavata con acqua di Lourdes e ho sofferto molto a partire da quel momento, soprattutto sotto il braccio. Decisamente, la Santa Vergine non mi vuol guarire. Non posso scrivere più a lungo, le mie forze sono agli estremi. […] Che volete? Se la Santa Vergine non mi guarisce, è perché il mio tempo è finito e il buon Dio vuole che mi riposi altrove che sulla terra…” (LF 217, 16 agosto 1877).

Leggi anche: Luigi Martin: il tempo della vedovanza

È la sua ultima lettera. Vi leggiamo la fede rocciosa di una donna credente ma … come non pensare anche alla tristezza di dover lasciare figlie ancora così piccole? La fede sostiene e illumina ma non toglie il dolore. È il momento del dolore ma anche quello delle scelte. La vedovanza non interrompe il cammino nuziale, l’amore che ha condito i giorni degli sposi non viene meno, anche se l’infinita distanza tra Cielo e terra punge fino alle lacrime. Malgrado l’acuta sofferenza con saggezza e realismo Luigi affronta una questione di cui aveva già parlato con la sua sposa nei mesi della malattia, come appare in questo frammento che Zelia scrive alla cognata: “Quanto a venire a stabilirsi a Lisieux, mio marito non dice né sì né no: bisogna lasciare passare il tempo” (LF 213, 15 luglio 1877). A Lisieux abitava il fratello Isidoro, tra le due famiglie c’era un legame eccellente, le figlie avrebbero trovato negli zii un importante riferimento affettivo.

Quel tempo è venuto e Luigi non può né vuole tergiversare, come pure avrebbe potuto. Decide allora di interpellare le figlie maggiori, Maria e Paolina, e manifesta la piena disponibilità a fare qualunque sacrificio per loro. La primogenita rispose che non volevano che sopportasse altri e più pesanti disagi. Aveva già sofferto abbastanza. Luigi capì che le figlie non avevano alcuna ritrosia a lasciare Alençon, anzi comprese che preferivano andare a Lisieux. Non ci pensa due volte, sceglie immediatamente di lasciare la città in cui era cresciuto e dove aveva tutti i suoi amici, decide di trasferirsi a Lisieux. Una decisione sofferta ma perfettamente in linea con la sua rettitudine interiore.

In quegli stessi giorni, richiamando la decisione del papà, Maria scrive alla zia: “Per noi – ha detto – avrebbe fatto ogni sacrificio possibile, rinunciando alla sua stessa felicità, alla vita, se necessario, per renderci felici. Egli non indietreggia davanti a niente, non ha più la minima esitazione, crede che questo sia il suo dovere e il bene di tutte noi e questo gli basta”. In queste parole c’è tutto il senso della paternità.

La cosa più sorprendente è che tutto questo è avvenuto pochi giorni dopo la morte di Zelia. Luigi non ha ancora avuto il tempo di metabolizzare il lutto, l’assenza della moglie pesa come un macigno, deve preoccuparsi di tante cose materiali… tutto questo avrebbe potuto suggerire di rinviare la decisione, in attesa di ritrovare maggiore serenità. Non la pensa così Luigi, la sua fede limpida non glielo consente. L’amore per le figlie lo obbliga a porre in primo piano il loro benessere, mettendo da parte le sue personali esigenze, anche quelle più legittime. Chi vive nella luce di Dio non fatica a trovare le vie di Dio.

Questa testimonianza ha molto da dire agli sposi e in particolare ai papà. Ma è assai eloquente anche per i presbiteri, chiamati ad esercitare una particolare e insostituibile paternità nella comunità ecclesiale. A tutti san Luigi Martin ricorda che quando diamo alle esigenze soggettive un diritto di priorità, finiamo per calpestare o trascurare il bene comune, anche quello delle persone a cui vogliamo bene. Meglio seguire la logica evangelica: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Luca 9,23). Luigi non ha mai chiesto sconti e fa anche di quell’evento doloroso una tappa del suo personale cammino di santificazione. Non si diventa santi per caso!




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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