Cosa non sanno gli adulti del rapporto tra i giovani e la tecnologia?

smartphone

“Non diteci che la tecnologia ha rovinato la nostra interiorità.  Parlate piuttosto di come i social media ci possono aiutare a dare un senso al mondo e a chi ci circonda”. Così Taylor Fang, 18 anni, vincitrice di un concorso organizzato dalla rivista MIT Technology Review. Forse è questo che noi adulti dovremmo fare oltre a indicare regole e divieti? 

“I social media sono una delle poche possibilità che abbiamo di creare e dare una forma al nostro senso di sé. Ci fanno sentire guardati da qualcuno. E ci danno l’idea di non urlare nel vuoto, dove nessuno ci ascolta”. Queste parole sono tratte dal tema di una ragazza americana – Taylor Fang –  vincitrice di un concorso organizzato dalla rivista MIT Technology Review, che chiedeva ai giovani sotto i 18 anni di rispondere alla domanda “Che cosa non sanno gli adulti del rapporto tra la mia generazione e la tecnologia?”. 

Già, che cosa non sappiamo noi adulti? Parecchio, a giudicare da quanto si legge nel tema, che può rivelarsi illuminante per gli insegnanti e i genitori di adolescenti. E per colmare questa lacuna il modo migliore è proprio porsi in ascolto dei ragazzi, che dimostrano peraltro di conoscere molto bene gli aspetti critici del mondo digitale. “È vero che il flusso costante d’immagini irreali proposte dai social ci fa pagare un prezzo alto: per la nostra salute mentale, l’immagine che abbiamo di noi stessi e la nostra vita sociale”, scrive Taylor Fang. Sono sulla stessa linea anche i dati raccolti da The Social Institute –  un gruppo di giovani statunitensi impegnati nella formazione all’uso dei social dei loro (quasi) coetanei – che identifica tra i principali problemi: bullismo, diffusione di notizie negative, immagini irrealistiche degli altri, distrazione e dipendenza, enorme pressione da parte dei pari. Mentre i social media, sempre secondo lo stesso studio, sono utilissimi per: collegarsi con gli amici, trovare più facilmente le informazioni, incontrare persone con interessi simili ai propri, intrattenimento, espressione di sé. 

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Un dato curioso emerge dalla ricerca: la scarsissima propensione dei ragazzi a parlare con gli adulti di quanto avviene all’interno dei social. È qui che si apre una sfida appassionante per genitori ed educatori: riattivare quel canale di dialogo. Ma questo potrà avvenire soltanto se gli adulti non si limiteranno a mostrare pericoli e problemi della tecnologia, e cercheranno invece di evidenziare i molti aspetti positivi dell’uso di Internet, territorio sconfinato di scoperta di contenuti e relazioni che possono alimentare un proprio interesse. Se è giusto individuare regole e condividere informazioni sui punti più critici dei social, lo scopo finale è favorire un atteggiamento creativo nell’uso di questi strumenti, che vanno messi al servizio della ricerca che ogni ragazzo deve compiere della propria vocazione più autentica e del proprio posto nel mondo. 

“Non diteci che la tecnologia ha rovinato la nostra interiorità – conclude Taylor Fang -.  Parlate piuttosto di come i social media ci possono aiutare a dare un senso al mondo e a chi ci circonda”.




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Stefania Garassini

Stefania Garassini, insegnante di Editoria Multimediale, Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica di Milano, collabora con il mensile Domus e con il quotidiano Avvenire ed è presidente di Aiart Milano, associazione nazionale che opera nella formazione a un uso consapevole dei media. Autore di "Dizionario dei new media" (Raffaello Cortina Editore, 1999)
autore di "I nuovi strumenti del comunicare" (con Gianfranco Bettetini, Barbara Gasparini, Nicoletta Vittadini) (Bompiani, 2001) autore di "Digital Kids", guida ai migliori siti web videogiochi e cd rom per bambini e ragazzi (Raffaello Cortina, 2001) e di "Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)", (Ares, 2019). Curatore di "Clicco quindi educo. Genitori e figli nell'era dei social network", (Ets, 2018).

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