E tu cosa farai da grande?

7 Dicembre 2021

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Cosa faranno da grandi i nostri figli? Quali sono i loro progetti? O, forse sarebbe il caso di chiedere: ci sono progetti che i nostri ragazzi custodiscono? Dalla cattedra quando faccio questa domanda spesso molti restano in silenzio e non solo i miei alunni, anche i loro genitori non sanno cosa consigliare o se esporsi consigliando qualcosa.

“Cosa farai da grande?” chiedo, spesso, ai miei alunni. “Non lo so, prof. Non so decidermi” è la risposta che mi arriva. E questo accade se intercetto il ragazzo o la ragazza che ci sta pensando, cioè che si sta ponendo la questione. Nella maggior parte dei casi, però, la risposta è: “Non lo so. Non ci penso”. E questa è la situazione che più mi inquieta. Sì perché spesso questa risposta mi arriva da ragazzi dell’ultimo anno di ciclo scolastico. Quelli di terza media e del quinto anno delle superiori, per capirci. Per aiutare a comprendere meglio il mio stupore ricordo che, soprattutto per i ragazzi di terza media, durante le vacanze di Natale, tra una ventina di giorni, quindi, si aprirà la piattaforma per l’iscrizione alle scuole superiori. Cioè, questi ragazzi e le loro famiglie stanno per compiere la scelta che, nel bene o nel male, darà forma al proprio futuro, alla propria vita. Avranno di tempo il mese di gennaio. Il problema è che spesso ci arrivano impreparati.

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La situazione, per come si configura in questi tempi, è quasi un’ingiustizia. Ci troviamo di fronte a ragazzi che sono cresciuti nell’ipertrofia del presente, sono stati abituati a guardare non più in là del proprio naso e quando vanno un po’ più avanti con lo sguardo, lo fanno solo per vedere lo schermo di una playstation o di una piattaforma televisiva o di un social. Scegliere adesso, in queste condizioni, il loro futuro è decisamente un’ingiustizia sociale. Se ne sono accorti anche diversi sociologi. Per esempio, lo scorso luglio, durante l’evento che ha presentato il progetto “seme divento”, pensato da alcuni uffici nazionali della Conferenza Episcopale italiana per la Pastorale integrata, fu notato esplicitamente che la principale causa di fallimenti esistenziali di parabole di vita adolescenziali assai difficoltose risiede nella errata scelta delle scuole superiori da frequentare. Di solito verso il secondo anno delle superiori, un ragazzo, che ha sbagliato la scelta, comincia a sentire il peso di un percorso non appagante e per il quale non si sente tagliato. Spesso lo avverte assieme alla frustrazione di non poter ormai più cambiare. Il problema è serio per il ragazzo, per la sua famiglia e per l’organizzazione statale che si ritrova a dover ricoprire ruoli anche importanti con persone demotivate e non formate. Le famiglie, per come le vedo dalla cattedra, di solito vengono colte di sorpresa e, nella maggioranza dei casi, impreparate. Di solito non conoscono realmente le inclinazioni e le passioni del figlio, ma ignorano anche le possibili scelte disponibili nel panorama scolastico della formazione. Alcune poi, sono imprigionate in convinzioni dure, figlie della storia dei genitori che, in qualche caso, finiscono col riversare sui figli i propri fallimenti e le proprie pretese di rivalsa per la propria scelta a suo tempo sbagliata. Qualche parrocchia lungimirante, avendo colto queste difficoltà, ha organizzato incontri da tenersi nelle serate parrocchiali per le famiglie che vivono questa stagione. Si tratta di eventi sicuramente da lodare che, tuttavia, andrebbero posti non a ridosso della scelta. In terza media è tardi per questa scelta. Viene fatta con approssimazione e uno stato d’animo privo della serenità necessaria per una corretta valutazione.

Arriva in ritardo anche questo articolo! Il fatto è che ho notato in questi giorni questa tensione e allora comincio a scrivere anche in vista dell’anno prossimo. Per le scelte future. Me ne sono accorto anche perché qualche genitore negli ultimi colloqui mi ha posto la questione in quanto docente del figlio. “Prof. Dove lo vedete? Dove lo dobbiamo iscrivere?”. Dove lo vedo? Domanda complicatissima. Ricordo che quando toccò a me, i miei docenti se la cavarono con la formula “Gli si lascia piena libertà di scelta”. Ricordo che ero assolutamente indeciso perché “portato” per diversi campi. Scelsi di rimandare la scelta di cinque anni, iscrivendomi al liceo scientifico. La scelta si poggiava anche sul fatto che mi piaceva studiare: il liceo non mi sarebbe pesato. Dove vedo il ragazzo? Posso rispondere per dove lo vedo adesso. Alcuni incontri avuti negli ultimi anni con miei ex alunni, infatti, mi hanno convinto dell’idea che alla fine della terza media il fiore non è sbocciato, non si vede ancora tutta la ricchezza delle sue varietà cromatiche, è ancora un bocciolo. E questo vale anche per coloro che sembrano non avere mezzi per lo studio: qualcuno di loro li ha mostrati in seguito. La difficoltà è anche di noi docenti che siamo chiamati ad esprimere il nostro consiglio orientativo, che sarà anche non vincolante, ma un poco di considerazione l’avrà da parte delle famiglie che scelgono. Ma poi scelgono davvero le famiglie? Chi sceglie in una casa?

Molti genitori che incontro mi dicono di delegare la scelta ai figli per evitare di farsela rinfacciare tra qualche anno come sbagliata. A questi genitori ricordo due cose. La prima è che tra qualche anno si vedranno, probabilmente, rinfacciata la non collaborazione nella scelta. La seconda è che, in quanto genitori, hanno anche loro la propria parte di responsabilità e non dovrebbero eluderla. Non farei fino in fondo la mia parte, tuttavia, se non ponessi la questione in tutta la sua interezza. Il problema non è dove iscrivere il ragazzo, non può essere solo quale scuola frequentare. Il problema serio è provare a proporre ai nostri giovani una vita che sia ispirata ad un progetto. Per coloro che vivono la crescita di un giovane con gli occhi della fede, non si fatica a scomodare la parola vocazione. Essa rimanda ad un sogno, quello di Dio, che più e meglio di tutti ci conosce e conosce il ragazzo in formazione. Cosa vuole, cosa sogna Dio per questi giovani, per ogni giovane? Cosa fa il ragazzo per scoprire quale sia questo sogno? Cosa fanno gli adulti per aiutarlo in questa ricerca? Torniamo qui alle responsabilità dei genitori e degli educatori. Ma si potrebbe porre la stessa questione anche semplicemente guardando laicamente il ragazzo in crescita.

 

Antropomorfizzando lo Stato, potremmo immaginarlo come tutto intento a fare in modo che tutti i suoi figli diventino le migliori persone possibile, perché i suoi figli cresciuti integralmente, saranno parti del suo corpo e se le parti sono ottime, il corpo funziona meglio. È dunque interesse di uno stato liberale, moderno fare in modo che i propri giovani sviluppino tutte le proprie potenzialità secondo le proprie inclinazioni. Se i fatti stanno così – e credo fermamente che i fatti stiano così – perché allora la progettualità di una esistenza non viene perseguita ed aiutata? Resta un mistero, dentro la Chiesa e dentro lo Stato. Questo mistero arriva poi a scuola. In generale è la nostra società che non crede nel futuro, tutta impegnata com’è a vivere avidamente il presente, dimenticando anche il passato. Una vecchia massima, attribuita a Socrate, ricorda che “nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare”. Ecco: il principale problema di questi giovani, e di noi adulti con loro, è che non alziamo più lo sguardo all’orizzonte per intravedere la meta che renderà piena e realizzata la nostra esistenza. Sembra che ci basti stare sul divano a goderci il presente magari davanti ad un qualunque film su qualche piattaforma che contribuisce ad anestetizzarci l’esistenza. Stiamo ponendo in essere sforzi titanici per riprenderci la vita sottrattaci dal virus inaspettato. Poi, ammesso che la recupereremo pienamente (e noi tutti lo speriamo!), cosa ce ne faremo? Cosa se ne faranno i nostri ragazzi? Per quale nobile motivo saranno disposti a spenderla? Cosa faranno da grandi?




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Piero Del Bene

Sposo, padre, insegnante di matematica e scienze nella scuola secondaria di primo grado. Catechista e formatore. Dopo la laurea in Matematica ha conseguito il Master in scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Con la moglie Assunta si occupano di Pastorale Familiare.

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