Ovuli crioconservati e maternità congelate: l’altra faccia della denatalità

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(Foto: © Monkey Business Images - Shutterstock.com)

Non è il momento migliore per diventare genitori? Congela gli ovuli e chi vivrà vedrà. È questa in estrema sintesi la moda degli ultimi tempi. Quello che non si dice è che quando finalmente verrà il momento, meno di una donna su cinque riuscirà nell’intento.

La possiamo definire a giusta ragione l’altra faccia della denatalità, la moda in base alla quale se credi di non poter diventare genitore al momento, basta crioconservare gli ovociti e rimandare la cosa a data da destinarsi. 

A lanciare l’idea, in perfetto stile di economia aziendale, è stato Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook, che nel 2014 offrì alle sue dipendenti la possibilità di rimandare la maternità congelando appunto gli ovociti. Certamente un bene per l’azienda visto che avrebbe dovuto vedersela con permessi di maternità, allattamento e compagnia cantante. Ma per le donne? Chi assicurava loro che, ottenuto il permesso dal lavoro di diventare madri, poi sarebbero riuscite a portare avanti una gravidanza?

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Da Facebook il mercato della crioconservazione degli ovuli sembra essere in pochi anni letteralmente esploso fino a superare un giro di affari di 5 miliardi di dollari. E il motivo principale per cui una donna ricorre a tale trattamento non sembra essere il lavoro, ma la mancanza di una relazione stabile. In altri termini parliamo di donne sole che preferiscono “mettere al sicuro” la propria fecondità in attesa di avere una possibilità un domani. 

Risultato? Nell’ultimo anno negli Stati Uniti il numero di procedimenti di questo tipo è raddoppiato. Costo per ogni trattamento: 15-20.000 dollari. A denunciarlo anche un recente articolo del Financial Times. Ci sono realtà come Kindbody che fanno circolare nelle città dei bus gialli nei quali si può eseguire gratis un test ormonale di fecondità, e poi ricevere un dépliant con la proposta di conservazione degli ovuli; altre come Extend Fertility che pubblicizzano questa opzione come si pubblicizza qualsiasi altri prodotto commerciale. Quello che non si dice, invece, è che quando finalmente il momento giusto per avere un figlio arriverà meno di una donna su cinque riuscirà nell’intento. I tassi di successo di questa pratica non raggiungono il 20%. 




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).


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