Minori e social media; quando le piattaforme declinano ogni responsabilità

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Chi deve occuparsi di tutelare i minori sui social? L’argomento sembra essere un tabù per le Big Tech, che cercano in ogni modo di sottrarsi distinguendo il proprio ruolo da quello propriamente editoriale. Intanto proprio ieri ha debuttato negli Stati Uniti “Family Center”, il nuovo servizio di Parental control annunciato da Instagram.

Un attacco su più fronti. Potremmo definire così la raffica di proposte di legge e d’investigazione che stanno interessando il rapporto tra minori e social media in queste ultime settimane. Ultimo in ordine di tempo l’annuncio, del 2 marzo scorso, dell’apertura di un’indagine bipartisan da parte di otto Stati americani (Massachusetts, California, Florida, Kentucky, Nebraska, New Jersey, Tennessee, Vermont) per verificare i possibili effetti negativi dell’uso di Tik Tok sulla salute mentale di bambini e adolescenti. L’indagine si concentrerà, tra le altre cose, sulle tecniche utilizzate da TikTok per aumentare il coinvolgimento degli utenti più giovani e delle strategie per aumentare la durata del tempo trascorso sulla piattaforma. 

Nello stesso periodo si sono registrate proposte di legge –in gran parte provenienti da Democratici e Repubblicani assieme – per aumentare la protezione dei minori online. La più completa e ambiziosa è senz’altro il “Kids online Safety Act”, che richiederebbe alle aziende di social media di evitare di promuovere comportamenti dannosi, tra cui suicidio, autolesionismo, disordini alimentari e bullismo, fornendo al contempo ai genitori di ragazzi sotto i 16 anni gli strumenti per proteggerli, come la possibilità di modificare le raccomandazioni generate dagli algoritmi, vietare alcuni tipi di contenuti, impedire a terzi di accedere ai dati dei minori, e limitare il tempo di permanenza sui social media. Alle aziende social verrebbe poi chiesto di pubblicare rapporti annuali sui potenziali rischi per i minori; e di permettere a studiosi e organizzazioni di interesse pubblico di utilizzare i dati aziendali per condurre ricerche sulla sicurezza Internet dei bambini.

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A innescare le numerose iniziative in questa direzione sono state le dichiarazioni dell’ex dipendente di Facebook (oggi Meta) Frances Haugen, che alla fine dello scorso anno aveva diffuso i risultati di ricerche interne all’azienda in grado di provare l’influsso negativo di Instagram sull’autostima degli adolescenti. La Haugen aveva poi testimoniato al Congresso americano e dopo di lei i senatori di entrambi gli schieramenti avevano convocato i capi dei principali servizi di social media, oltre a Facebook, Instagram, TikTok, Snapchat e YouTube. Lunghe sessioni di domande e risposte, con l’obiettivo di andare a fondo sulle strategie economiche di queste aziende e su quanto queste siano comunque prevalenti rispetto alla tutela dell’interesse dei minori. A dare una mano all’avanzamento dei diversi disegni di legge in materia ci ha pensato anche il presidente Joe Biden, che nel discorso alla Nazione del primo marzo scorso ha toccato l’argomento: “Dobbiamo ritenere i social media responsabili dell’esperimento nazionale che stanno conducendo sui nostri bambini per profitto”.
La chiave è proprio la responsabilità da parte delle piattaforme riguardo a quanto viene pubblicato e diffuso. Argomento tabù per le Big Tech, che cercano in ogni modo di sottrarsi distinguendo il proprio ruolo da quello propriamente editoriale. E contrattaccando con proposte di autoregolamentazione e con iniziative a supporto dei genitori. Proprio ieri ha debuttato negli Stati Uniti Family Center, il nuovo servizio di Parental control annunciato da Instagram lo scorso dicembre, che offre una serie di funzionalità avanzate per la gestione del servizio all’interno della famiglia.




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Stefania Garassini

Stefania Garassini, insegnante di Editoria Multimediale, Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica di Milano, collabora con il mensile Domus e con il quotidiano Avvenire ed è presidente di Aiart Milano, associazione nazionale che opera nella formazione a un uso consapevole dei media. Autore di "Dizionario dei new media" (Raffaello Cortina Editore, 1999)
autore di "I nuovi strumenti del comunicare" (con Gianfranco Bettetini, Barbara Gasparini, Nicoletta Vittadini) (Bompiani, 2001) autore di "Digital Kids", guida ai migliori siti web videogiochi e cd rom per bambini e ragazzi (Raffaello Cortina, 2001) e di "Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)", (Ares, 2019). Curatore di "Clicco quindi educo. Genitori e figli nell'era dei social network", (Ets, 2018).


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