CORRISPONDENZA FAMILIARE

La stanza segreta. I santi Luigi e Zelia

17 Ottobre 2022

La vita santa della Famiglia Martin ha molto da consegnare agli sposi oggi. In occasione dell’anniversario della loro canonizzazione avvenuta il 18 ottobre 2015, don Silvio ci offre una interessante riflessione sulla loro spiritualità che mette in luce il segreto della loro santità. Dove hanno attinto la forza per dare all’amore coniugale e all’impegno genitori quella particolare e luminosa intensità che, nonostante la distanza di tempo, ancora ci affascina? Come hanno potuto rivestire di fede i giorni terreni, anche quelli più dolorosi in modo da far della loro casa una “terra santa”? Scopriamolo insieme…

Chi legge la biografia dei santi Luigi e Zelia Martin s’inoltra in una casa fatta di stanze diverse e ciascuna racchiude qualcosa di quell’esperienza di santità che essi hanno vissuto. Proviamo a riassumere.

  1. La stanza dell’amore: il cammino che li ha condotti alle nozze, quelle scelte significative che hanno dato una particolare e speciale impronta alla loro vita, i passi faticosi della coniugalità. 
  1. La stanza della vita: l’accoglienza generosa dei figli e l’impegno educativo per farli crescere nella fede e accompagnarli alla maturità della vita. 
  1. La stanza del dolore: la morte dei quattro figli e soprattutto la malattia che in pochi mesi ha consumato la pur robusta fibra di Zelia; ma anche il tempo della vedovanza Luigi e l’ultimo tratto della sua vita terrena. 

Non è difficile vedere in questa esperienza, apparentemente uguale a quella di tante altre famiglie, un riflesso di quella santità che viene da Dio e svela il suo volto. Quella di Luigi e Zelia è davvero una corsa a due, un itinerario umano pervaso da una fede viva e palpitante che ha dato al loro vissuto coniugale e familiare uno slancio straordinario e una capacità di affrontare le difficoltà della vita che non si trovano tanto facilmente. 

Ma c’è un’altra stanza che dobbiamo esplorare, più segreta e ancora più intima di quella, pur riservata, dell’amore coniugale. È la stanza della preghiera, quella in cui l’uomo si trova dinanzi a Dio, percepisce la sua presenza e sente sempre nuovamente la sua voce che accarezza e invita a mettersi in cammino. Non è solo una delle stanze della vita ma quella in cui Dio ci attende per consolare, guarire, fortificare, illuminare. Se non andiamo in quella stanza, non comprendiamo la santità di Luigi e Zelia e dei grandi testimoni della fede. E se non frequentiamo noi stessi quella stanza, non saremo mai capaci di fare quelle scelte che hanno il profumo di Dio. 

Nel leggere la biografia di Luigi e Zelia restiamo stupiti nel constatare non solo la determinazione con la quale hanno affrontato la vita ma anche la fedeltà con la quale hanno perseverato fino alla fine. Qual è il segreto di quest’esistenza così piena di vita? Dove hanno attinto la forza per dare all’amore coniugale e all’impegno genitori quella particolare e luminosa intensità che, nonostante la distanza di tempo, ancora ci affascina? Come hanno potuto rivestire di fede i giorni terreni, anche quelli più dolorosi in modo da far della loro casa una “terra santa”, tutta “impregnata di profumo verginale”, come afferma santa Teresa, l’ultima figlia di casa Martin? 

Leggi anche: Luigi e Zelia: la santità della porta accanto

Per risponde a queste domande abbiamo solo due possibilità: la prima è quella di pensare che il racconto biografico sia un po’ forzato rispetto alla realtà; la seconda è quella di attribuire ai testimoni qualità eccezionali che le persone normali non hanno. Non raramente questo tipo di lettura viene usato a parziale giustificazione della nostra mediocrità. Si tratta di un’interpretazione riduttiva che volutamente dimentica l’opera della grazia. In realtà, sono proprio i santi a puntare il dito verso Dio, riconoscendo che tutto viene da Lui e tutto è fatto grazie a Lui. 

Il credente sa che è Dio la fonte nascosta, Lui solo può custodire e alimentare gli ideali della giovinezza, Lui solo può dare la forza per restare fedeli in mezzo alle prove. Questa era la ferma convinzione di Zelia. In una lettera al fratello, che si trova in grande difficoltà a causa del lavoro, ella scrive di averne parlato anche con la sorella monaca e di essere giunta alla conclusione che l’unica cosa che si poteva fare era quella di “pregare il buon Dio”. Noi non possiamo fare altro, aggiunge, ma “Lui saprà ben trarci fuori di qui, quando troverà che abbiamo sofferto abbastanza, ed allora tu riconoscerai che non è né alle tue capacità, né alla tua intelligenza che devi la riuscita, ma solo a Dio, come accade a me con il mio Punto d’Alençon: questa convinzione è molto salutare, l’ho provato di persona” (LF 81, luglio 1872). 

Zelia scrive queste cose senza particolare enfasi come se fosse il suo pane quotidiano. Il buon Dio non appartiene alla categoria degli ospiti illustri, quelli che dobbiamo scomodare solo nelle grandi occasioni, ma fa parte della famiglia, è un Padre amorevole che segue con apprensione le vicende della nostra vita ed è sempre pronto a intervenire quando serve e quando … Lui ritiene che sia giunto il momento di porre fine alle prove. 

La preghiera è premessa e sorgente di quella santità che ha vestito di gioia la vita di Luigi e Zelia e ha fatto della loro comunione un grembo fecondo, un albero carichi di frutti, una città posta sul monte. I coniugi Martin non sono eroi dotati di capacità straordinarie, sono semplicemente discepoli che si sono fidati della Parola di Gesù, sono figli che hanno consegnato tutto nelle mani del Padre, senza pretendere di capire e misurare. Hanno vinto la battaglia perché hanno permesso a Dio di entrare nella loro vita non come un ospite di onore ma come il Padrone. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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