L’apporto dei laici: uno sguardo all’amicizia tra Gesù, Lazzaro, Marta e Maria

13 Giugno 2023

Foto, particolare di: Benjamin West, The Raising of Lazarus, 1780, Art Istitute Chicago

Che i laici siano importanti per la Chiesa lo si evince, leggendo il Vangelo, guardando al rapporto che Gesù stesso aveva con essi. Il Signore, ad esempio, era solito ristorarsi, trovare accoglienza e mangiare presso la casa dei tre fratelli Lazzaro, Marta e Maria. L’evangelista Giovanni ce li mostra come “amici amati” da Gesù allo stesso modo dei “discepoli ordinati”.

“È guardando alcuni laici che veramente credono in Dio che ricevo la forza di andare avanti nonostante le notti da attraversare. Alcuni di loro, per me, sono già “santi” per come affrontano le sofferenze interiori che ricevono gratuitamente dal cosiddetto “fuoco amico”’. Non so come facciano. Potrebbero scappare e andare altrove, ma non lo fanno. Resistono stando sotto la croce. Non è semplice restare ai piedi della croce. Vederli sotto la croce genera ancora più fastidio in chi li perseguita perché li vorrebbero vedere annientati. All’inizio non comprendevo la loro scelta che sembrava essere “folle”. Poi ho compreso che la loro “follia” assomigliava alla “follia” meravigliosa della sequela di Cristo. Forse, la loro perseveranza nell’obbedienza serviva proprio a sostenermi nei momenti di deserto che ho attraversato e continuo ad attraversare. Insomma, ad essere una testimonianza luminosa del Risorto. Luminosa perché luminosi si presentano i loro occhi nonostante le lacerazioni interiori. Il loro sorriso non è banale, è carico di sofferenza, ma profondamente ricco di pace e di vera gioia. Essi stanno lì davanti a me a ricordarmi di “innalzare” costantemente il mio cuore al cielo, specialmente quando questo è attaccato dallo sconforto e dalla sofferenza. Per me essi sono come un fiume carsico che lavora sotterraneamente, ma che scava e genera la vita di Cristo restando nel silenzio e nel nascondimento. Ringrazio Dio per la loro vera amicizia e sostegno”.

Questa breve testimonianza, riportata senza scendere nei dettagli, mi è stata consegnata, come una perla preziosa, da un giovane sacerdote. Ho ringraziato Dio e, subito dopo, ho pensato all’importanza dei fedeli laici battezzati all’interno della Chiesa. Anche nella Bibbia s’incontrano figure simili che sostenevano il Maestro e i dodici. È il caso del laico Lazzaro, amico di Gesù. Possiamo dedurre che Lazzaro è amato da Gesù da un altro passo (Gv 12) nel quale egli siede a mensa col Maestro. Nell’ambito dell’ebraismo solo chi era amato sedeva a mensa. Lazzaro, dunque, è un laico, non un apostolo, amato da Gesù! Proprio come noi che siamo invitati a sedere alla sua mensa perché amati.

Nel mondo biblico, per conoscere una persona si può partire dal nome. Lazzaro, dall’ebraico El’ azar composto da El “Dio” e azar “che soccorre” rimanda al Dio che soccorre. Di lui sappiamo che vive a Betania. Piccola nota personale: chi ha avuto la grazia di visitare quei luoghi entrando nella sua casa, testimonia che davvero si respira un clima di accoglienza. È come se si entrasse tra le braccia d’una madre che ti consola. Forse è anche per questo che Gesù spesso fa sosta in questa famiglia come se fosse un’oasi? 

Lazzaro non è sposato, ha due sorelle Marta e Maria. Viene presentato nei racconti evangelici come l’amico amato da Gesù. Gli stessi racconti ci permettono di vedere in Marta una donna che ama e lavora e in Maria colei che contempla l’Amore.

L’episodio della morte e risurrezione di Lazzaro, riportato nel Vangelo di Giovanni al capitolo 11, ci aiuta a comprendere un po’ di più la famiglia di Betania. 

La famiglia di Betania è colpita da una grande sofferenza: Lazzaro è molto malato e le sorelle sono preoccupate, anzi angosciate e impotenti di fronte alla vista del fratello che si spegne davanti ai loro occhi. Decidono di far giungere la notizia a Gesù, il quale, contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, decide di rimanere nel luogo dove si trovava. Dopo due giorni, decide di ritornare in Giudea tra la disapprovazione dei discepoli perché, come gli fanno notare, in quella terra avevano tentato di lapidarlo. Aggiungono poi la considerazione che Lazzaro sarà ormai morto. Solo Tommaso, chiamato Dìdimo, dice agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». L’affermazione di Tommaso sembra essere una profezia del martirio che subirà a causa dell’annuncio del Risorto, ma non è solo questo, lungo la vicenda capiremo.

Gesù si incammina per raggiungere una famiglia ferita dalla morte e il suo sembra un viaggio senza senso perché tardivo (Lazzaro è morto) e pericoloso (i Giudei vogliono lapidarlo). Il fatto è che per Gesù Lazzaro dorme, non è morto! Siamo noi a non vederlo più, ma egli continua a vivere.

Leggi anche: Non basta parlare di laici… il ruolo degli sposi nella Chiesa (puntofamiglia.net)

In questo senso Lazzaro diventa simbolo di quanti sono chiamati a ripescare il proprio “sì” anche se tirati giù nel buio dello scoraggiamento, delle delusioni, della non speranza, delle persecuzioni messe in atto dal “fuoco amico”. In tali situazioni si tocca la morte dello spirito rischiando di restare prigionieri del buio.

Marta, appena sa che Gesù stava per arrivare, gli va incontro, dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le dice: «Tuo fratello risorgerà». Gli risponde Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».

Marta si presenta con una fede legata alla dottrina, è come se non riuscisse ad andare oltre i precetti imparati. Nemmeno lei riesce a vedere con gli occhi di Dio.

Gesù le dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli risponde: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo» (Gv 11, 21- 27).

Marta, dopo essere stata stimolata da Gesù, compie la stessa dichiarazione di fede di Pietro. Tra lei e Pietro non vi è differenza agli occhi di Gesù, entrambi sono amati ed entrambi sono chiamati a testimoniare questo amore con forme e modalità differenti. 

Quando Marta ritorna a casa, Gesù non la segue. Decide di non entrare nel villaggio come se si volesse far desiderare proprio come lo Sposo del Cantico. Questa scelta attrae Maria, l’altra sorella.

Gesù agisce così anche con ciascuno di noi. Si nasconde nel Tabernacolo, nelle gioie e nei dolori di ciascuno e attende che, attratti dal suo profumo, ci rechiamo da Lui per amarlo ed essere amati.

Quando Gesù arriva nel villaggio si fa indicare il luogo del sepolcro e piange per la sua morte. Gesù è preso dalla collera perché la morte ha toccato i suoi amici e colui che egli amava. Succede così tutte le volte che ci vede scivolare nella tomba del peccato, della delusione, del dubbio.  

Ancora oggi la tomba di Lazzaro si presenta stretta, con numerosi gradini che conducono nelle viscere della terra. Alla visita desta impressione. Sembra di scendere negli abissi bui, scivolosi e maleodoranti degli inferi dove la luce non può arrivare. Sembra di scendere nel profondo imperscrutabile del nostro spirito quando questo si chiude alla luce, facendo entrare le tenebre del peccato. In questa circostanza non si sente più il profumo di Dio, ma il fetore della morte, del peccato.

La vicenda di Lazzaro ci suggerisce che, quando tutto sembra perso, Dio ci chiama per nome. Nel racconto evangelico, si dice: “Gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!»”. Gesù si affaccia e scende nei nostri abissi e, pronunciando il nostro nome, come solo Lui sa fare, ci comanda: “vieni fuori! Sono venuto in tuo soccorso perché tu sei amato. Tu sei quell’uomo e quella donna che alla Creazione Dio Padre ha definito cosa molto buona. Tu sei una cosa molto buona, non voluta per la morte, ma per la vita”. Siamo di fronte ad un’affermazione che sembra essere una consacrazione, in eterno, al suo cuore…




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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