Gesù e Lazzaro: quando Cristo, attraverso i laici, smuove la gerarchia

21 Giugno 2023

The Healing of the Blind Man and the Raising of Lazarus - MET Museum - New York

Qual è il ruolo dei laici nella Chiesa? Ci riflettiamo, anche oggi, a partire dall’amicizia instaurata da Gesù con Lazzaro, Marta e Maria. Abbiamo già parlato del legame tra questi fratelli e Cristo (dicendo che Gesù li ama come i discepoli ordinati). Oggi, invece, rifletteremo sul fatto che la resurrezione di Lazzaro simbolicamente rappresenta uno “scossone” alla Chiesa gerarchica… 

Nel brano del Vangelo in cui Gesù resuscita Lazzaro, l’uomo esce “legato dalle fasce”. Simbolicamente è prigioniero del peccato e della morte, proprio come quando noi scivoliamo negli abissi di quel sepolcro e iniziamo a vedere solo “buio” che produce in noi angoscia e desolazione.

Un sacerdote, una volta, mi ha consegnato questa testimonianza: “È guardando alcuni laici che veramente credono in Dio che ricevo la forza di andare avanti nonostante le notti da attraversare. Alcuni di loro, per me, sono già ‘santi’ per come affrontano le sofferenze interiori che ricevono gratuitamente dal cosiddetto ‘fuoco amico’. Non so come facciano. Potrebbero scappare e andare altrove, ma non lo fanno. Resistono stando sotto la croce”. 

Lazzaro, dicevamo, esce “legato dalle fasce”: qualcosa di simile succede a questo amico sacerdote. 

Quando ha pronunciato queste parole era triste, fermo con lo sguardo fisso solo sulla delusione, sull’ingiustizia, la sofferenza. Gesù chiama per nome anche lui e lo fa risalire da quell’abisso attraverso chi Egli ama. Nel nostro caso alcuni fedeli laici.

Dopo questo segno operato da Gesù, però, vissero tutti felici e contenti? Nient’affatto! Molti giudei credettero in Lui, altri iniziarono a cospirare contro Gesù, ma anche contro Lazzaro, così come si legge al capitolo 12 di Giovanni: «Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù».

Riportando la vicenda ai giorni nostri, il fatto che Lazzaro sieda a mensa con Gesù rimanda a coloro che partecipano al banchetto Eucaristico, nel quale tutti diventano una cosa sola col Cristo.

Il fatto di essere seduti a mensa con il Risorto determina la nostra morte agli occhi di chi non accetta di seguire veramente Cristo, di chi vuole vivere un cristianesimo solo di facciata che non scomodi le vite, di chi non vuole indossare, quotidianamente, l’abito stretto del Vangelo che, a volte, provoca lacerazioni e sanguinamenti perché non conforme alla nostra indole umana.

Non si tratta del rifiuto del risorto, ma della scelta fatta perché, attraverso costoro, altre persone possono scegliere di seguire il Maestro. Ecco il “fuoco amico”: la testimonianza di chi cerca di vivere veramente l’annuncio del Vangelo provoca scandalo, inquietudine e avversione in chi vive superficialmente.

Leggi anche: L’apporto dei laici: uno sguardo all’amicizia tra Gesù, Lazzaro, Marta e Maria (puntofamiglia.net)

Anche Lazzaro è chiamato al martirio, come tutti. Il martirio può essere fisico e spirituale come quando nella quotidianità si è derisi, insultati, trattati con sufficienza, messi da parte per paura che altri possano guardare a Cristo e, magari, oscurare chi vuole occupare i primi posti. Sia di consolazione la certezza che l’abito rosso del martirio non lega come le bende che imprigionavano Lazzaro, ma è liberante, se accolto nell’obbedienza totale e gratuita a Cristo.

Lo aveva capito forse anche Tommaso chiamato Didimo quando ebbe a dire: “andiamo a morire anche noi con lui!”. Oltre alla prefigurazione del suo martirio e del martirio di ciascun cristiano, quella frase potrebbe anche essere letta come una sorta di incitazione che arriva dal basso. È come se Cristo, attraverso i laici, smuova la gerarchia. È successo tante volte. Già al momento della vicenda di Lazzaro, Gesù lascia intendere qualcosa del genere: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato» (Gv 11,4).  

Le prime testimoni della resurrezione di Gesù sono le donne che hanno il compito di annunciare agli Apostoli che restano increduli. Anche i discepoli di Emmaus, laici, che non appartenevano ai dodici, tornano indietro per annunciare quanto hanno visto e udito. 

Quanti laici, per fare un esempio dei giorni nostri, di fronte alle ristrettezze imposte dai governi nel periodo dell’emergenza sanitaria, hanno sollecitato le gerarchie a dare un segno di vitalità? E quanti di questi si sono trovati addosso le ire di quei fedeli tiepidi che, invece, apprezzavano la scelta della chiusura perché, in fondo, a loro non era stato tolto nulla di importante? Oggi, come a Betania, la testimonianza di alcuni laici mette in moto gli apostoli.A volte, nell’intrecciarsi delle trame della storia, la Chiesa gerarchica sembra essere bloccata, irrigidita e sono proprio i laici che con il loro fervore aiutano gli Apostoli, ricordano loro che vale ancora la pena “gettare le reti” e fidarsi che la pesca sarà abbondante perché opera di Cristo. Il Sinodo che la Chiesa Universale sta celebrando accende un faro sulla parola corresponsabilità, indicandola come una delle vie della Chiesa del futuro. Per quel poco che abbiamo visto, è una prassi che viene da lontano.




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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