CORRISPONDENZA FAMILIARE

Gli errori della politica, gli orrori della guerra

16 Ottobre 2023

Cui prodest”. A chi giova? È questa la domanda che sorge spontanea dinanzi a quello che accade in Medio Oriente. Perché ancora una volta Hamas ha voluto lanciare un attacco così brutale pur sapendo che, oltre a ferire mortalmente centinaia di persone, non avrebbero potuto realisticamente aggredire un Paese. Avrebbe potuto soltanto, come di fatto avviene, seminare rabbia, sentimenti di odio e di vendetta. Perché tutto questo? La violenza è sempre ingiustificata ma, in genere, ha una ragione, un obiettivo, spera di ottenere un vantaggio. Con questo attacco, che non mirava a colpire obiettivi militari ma persone innocenti, tra cui donne e bambini, tanti bambini, cosa sperava di ottenere? Non lo capisco. Non lo capiscono nemmeno coloro che da tempo seguono le vicende intricate di quel piccolo pezzo di terra. 

A ben vedere, l’unico obiettivo politico che possiamo intravedere è quello di affermare sé stessi come gli unici difensori del popolo palestinese. Non dimentichiamo che il movimento Hamas non è l’unico partito e non raccoglie il consenso di tutti i palestinesi. Da quando ha preso il potere nella striscia di Gaza ha messo fuori gioco gli avversari politici, quelli che fanno capo al Movimento Al-Fatah, che governa in Cisgiordania. Uccidere centinaia di persone, senza contare i feriti, solo per dire: “Siamo noi i più forti, quelli che difendono gli interessi del nostro popolo”. È poi vero tutto questo? Lo difendono con gli attacchi? Non è forse vero il contrario, e cioè che questo attacco sconsiderato e insensato, ha finito per restringere ancora di più lo spazio di libertà e mettere a rischio la vita di migliaia di cittadini inermi? 

Cui prodest

A me sembra la vittoria del male nella sua forma più efferata. 

La guerra non è mai ragionevole, è sempre una sconfitta, come ha detto ieri Papa Francesco. E tuttavia vi sono situazioni in cui appare totalmente folle, cioè frutto di una diabolica follia omicida che nasce dal desiderio di vedere scorrere il sangue dei nemici. Le immagini diffuse attraverso il web mostrano giovani che manifestano la gioia di aver ucciso, al grido Allah akbar. Ma davvero Dio può gioire dinanzi al massacro di persone innocenti? Perché dare un valore religioso a quello che, nel migliore dei casi, è solo un’ignobile vendetta per i torti subiti. E perché, nelle numerose manifestazioni a favore della libertà del popolo palestinese, non ho sentito una voce – una sola! – che criticava senza mezzi termini la vergognosa mattanza compiuta dai militanti di Hamas? Criticare Israele si può, in alcuni casi si deve. Ma si può e si deve denunciare anche l’infame azione terroristica. 

Vi sono quelli che, a parziale giustificazione – no justice no peace – si affrettano a dire che questo attacco è a sua volta il frutto velenoso di una situazione che da troppi anni costringe i palestinesi a vivere in una prigione a cielo aperto. È vero ma… perché non ricordare che negli anni che precedono la prima intifada (1987), malgrado l’ostilità esistente tra i due popoli, gli ebrei potevano frequentare Gaza senza problemi? C’era una sorta di convivenza. Ricordo personalmente che nel 1999 ho vissuto un pellegrinaggio in Terra Santa che aveva come guida una donna ebrea. Due anni dopo, a causa della seconda intifada, questo non era più possibile perché era diventato rischioso per un ebreo andare a Betlemme o negli altri luoghi santi presenti nei territori palestinesi. L’antica inimicizia aveva generato odio. 

Dobbiamo purtroppo registrare una crescente radicalizzazione da entrambi le parti che non ha portato alcun beneficio, anzi ha suscitato una spirale di violenza che sembra ormai incontrollabile, come un’auto lanciata a tutta velocità contro una folla indifesa. Oggi ci sono due popoli sull’orlo di una guerra senza ritorno, invece di avvicinare, la politica di entrambi gli schieramenti, ha favorito una sostanziale separazione. In mezzo, tra coloro che combattono per il potere, c’è la gente che vuole vivere in pace. Siamo in un vicolo cieco. 

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L’aggressione di Hamas è una miccia che può generare una reazione a catena e coinvolgere altri Paesi.  In questa situazione drammatica e foriera di altri e più gravi contraccolpi, il Governo israeliano avrebbe potuto rinunciare alla violenza, limitandosi a chiedere la restituzione immediata di tutti gli ostaggi. E invece ha scelto di entrare in guerra con l’obiettivo dichiarato di distruggere tutti i nemici. 

La violenza fa sempre vittime innocenti, persone che non hanno preso parte alla guerra e non hanno nemmeno condiviso l’opzione militare di Hamas. Una scelta pacifista avrebbe costretto il movimento islamista a uscire dalla rivendicazione bellicista e assumere un ruolo politico. Una scelta come questa non avrebbe incontrato il consenso di tutti gli assetati di vendetta, sarebbe stato un atto folle agli occhi di molti, ma di quella follia intrisa di vera umanità. 

Questa scelta avrebbe la forza di soffocare l’istinto di vendetta che dimora in entrambi i popoli? 

Non lo so. Ma so che a volte occorre tentare la follia della carità piuttosto che puntare sempre e solo sull’uso della forza bruta. Una violenza che si abbatte in maniera indiscriminata sulla popolazione non può che seminare altro odio e alimentare altre guerre. 

Quello che accade in Medio Oriente, per quanto grave, è solo un frammento di una crescente conflittualità presente in ogni regione del mondo. Il desiderio di costruire una pacifica convivenza tra i popoli appare affievolito. A parole tutti vogliono la pace, nei fatti molti si preparano alla guerra. Siamo ritornati all’antica regola dei romani: si vis pacem, para bellum. Un tempo difficile e carico di inquietudini. Invochiamo la luce di Dio e affidiamo a Lui i deboli sforzi di pace dei potenti di questo mondo, accogliamo l’invito che ieri il Papa ha rivolto a tutti i credenti: “La preghiera è la forza mite e santa da opporre alla forza diabolica dell’odio, del terrorismo e della guerra. Invito tutti i credenti ad unirsi alla Chiesa in Terra Santa e a dedicare martedì prossimo, il 17 ottobre, alla preghiera e al digiuno”. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.


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