Il Vangelo letto in famiglia

BATTESIMO DEL SIGNORE – Anno B – 7 GENNAIO 2024

Liberare la vita dalle catene del male

Il modo in cui viviamo in questo mondo è tutto quello che possiamo fare per essere felici, per ottenere l’eternità, non ci sono altre vie, non ci sono altre opportunità. Tutta la vita, allora, nella sua normalità, nella sua ordinarietà, deve diventare ricerca continua del bene, del bello, dell’amore.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 1,7-11

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

Con questa domenica siamo giunti alla fine del Tempo di Natale, adesso sì che sono finite le feste. Comincerà a breve il cosiddetto Tempo Ordinario, che durerà poco in quanto presto sarà già tempo di Quaresima, momento altrettanto fortissimo e intenso.

Per ora, però, concentriamoci sul Tempo Ordinario, che è il tempo in cui dobbiamo dedicarci maggiormente alla preghiera e alla ricerca di Dio. Purtroppo, siamo abituati a pensare che la meta della nostra fede sia solo l’eternità, ma così facendo troppo facilmente dimentichiamo che la vita storica, quella che viviamo dal concepimento fino alla morte naturale, è essa stessa un pezzetto di eternità. Sì, perché l’eternità ha inizio già dalla vita dell’uomo che nasce dal pensiero di Dio, dal concepimento fino alla morte. E questo vuol dire che la nostra vita terrena è il tempo in cui si gioca la partita decisiva per la nostra felicità. Il modo in cui viviamo in questo mondo è tutto quello che possiamo fare per essere felici, per ottenere l’eternità, non ci sono altre vie, non ci sono altre opportunità. Tutta la vita, allora, nella sua normalità, nella sua ordinarietà, deve diventare ricerca continua del bene, del bello, dell’amore. Perché l’obiettivo della nostra esistenza terrena non è guadagnare una rispettabile posizione sociale, poter comprare una casa e mantenere una famiglia, l’obiettivo non è vivere nel benessere, raggiungere il lavoro dei propri sogni, stare tranquilli economicamente. Al contrario, l’obiettivo è liberare la vita da quello che ci fa del male, da ciò che non porta giovamento, a partire dal peccato, passando poi per tutte le sovrastrutture che ci siamo creati, fino ad arrivare a tutte le ferite che magari la vita ci ha inferto senza che potessimo difenderci.

Tutta la vita terrena è, pertanto, realizzazione e sviluppo della vita battesimale. Nel momento del Battesimo, infatti, il sacerdote ha fatto una domanda ai nostri genitori e cioè: “Che cosa chiedete alla Chiesa di Dio per questo bambino?”. I nostri genitori avrebbero potuto rispondere in due modi: avrebbero potuto dare la risposta che danno tutti, ovvero “Il Battesimo”; ma avrebbero potuto rispondere in un modo ancora più significativo, dicendo “La vita eterna”. A partire dal Battesimo, infatti, ha inizio un percorso di conquista della vita eterna, che non è solo il Paradiso, ma che è una vera e propria liberazione progressiva da tutto quello che ci rende troppo terreni, che ci fa vivere con il cielo chiuso sopra di noi, e quindi da tutte le nostre tristezze, ferite, false ambizioni, dal desiderio di costruire solo cose umane senza investire mai nell’amore e nell’eternità.

Il Battesimo di Gesù, allora, è un momento fondamentale, soprattutto perché comprendiamo bene che Gesù non aveva alcun bisogno di essere battezzato. Gesù è l’autore del Battesimo e di tutti i sette i Sacramenti, che si chiamano così proprio perché sono un Comando Sacro. Gesù, pertanto, non aveva bisogno di sacramenti, ma riceve il Battesimo proprio per donarci un perfetto manuale di come vivere la vita battesimale nella nostra esistenza terrena, e dunque come prepararci all’eternità.

Un primo elemento su cui soffermarsi è la presenza di Giovanni: è il Battesimo di Gesù, ma è Giovanni a proclamare? Sì, perché la prima cosa importante da capire nella vita di fede è che bisogna avere l’umiltà di essere certi di non bastare a sé stessi. La fede, infatti, non può e non deve essere vissuta soltanto nell’intimità, in un rapporto esclusivo tra noi e Dio. Il Padre Eterno, non ha caso, ha creato qualcosa che ci precede, proprio perché dobbiamo essere inseriti in una comunità, dobbiamo essere annunciati in una comunità; non possiamo ricevere da soli il Battesimo, abbiamo bisogno di un celebrante, di una parrocchia, di una comunità che ci accolga.  Giovanni proclama: «Viene dopo di me colui che è più forte di me», proviamo a rivolgere a ciascuno di noi queste parole. Tu vieni dopo Giovanni Battista, tu vieni anche dopo la vicenda storica di Gesù, avvenuta duemila anni fa, tu vieni dopo, e sei tu quello più forte perché sei stato scelto da Dio in questo tempo. Puoi chiederti perché sei nato proprio in questo tempo, con la crisi economica, la carenza di lavoro, le guerre in tutto il mondo. Eppure, tu vieni dopo perché sei più grande e perché Dio si fida di te, ma allo stesso tempo devi avere l’umiltà di fidarti di Dio.

Il secondo elemento fondamentale, infatti, è proprio quello di accordarsi con la volontà di Dio. Riusciamo ad essere felici in questa vita solo accordandoci con la volontà di Dio, perché l’uomo ha la capacità di porsi solo obiettivi minimi, quelli che preservano la sua sopravvivenza, ma Dio desidera cose grandi per ciascuno di noi. Nella volontà di Dio scopriamo di essere molto più di ciò che pensiamo di noi stessi, ma dobbiamo imparare a discernere la Sua volontà non soltanto basandoci sulle nostre emozioni. La volontà di Dio, allora, si conosce solo attraverso un cammino, che non può essere portato avanti in solitudine. Innanzitutto, è necessario partire dalla Parola di Dio, perfino Gesù ha l’umiltà di accordarsi con la parola di Giovanni, di farsi piccolo. Dunque, noi dobbiamo avere l’umiltà di ascoltare la Chiesa, la Parola, la predicazione, la catechesi, di dedicare del tempo alla lettura della Bibbia. Se non conosciamo la Parola, non potremo mai conoscere la volontà di Dio. Anche Giovanni si fa umile e riconosce di non essere il Messia, riconosce di star preparando la strada per qualcun altro.

Allora giungiamo al terzo punto fondamentale per realizzare la nostra vita battesimale: «Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni». Per ricevere il Battesimo, Gesù compie un lungo viaggio, attraversa la strada difficile e spesso pericolosa del deserto. Ecco, questo ci dice che la vita di fede è sempre un cammino, che spesso è duro e faticoso, pieno di prove difficili. Gesù dice: «Il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono», e allude alla violenza che dobbiamo fare a noi stessi per portare avanti il cammino. Spesso, invece, dinanzi al minimo ostacolo, dinanzi alla ricaduta nel peccato, dinanzi a ogni situazione che non è andata come volevamo o come avevamo previsto, ci scoraggiamo o, ancora peggio, ce la prendiamo con Dio e restiamo a terra prostrati. Ma non dobbiamo dimenticare che perfino Gesù ha fatto un cammino difficile per arrivare al Battesimo, un cammino pieno di ostacoli.

Allora, portare avanti un cammino vero non significa fermarsi a ogni dolore, ma significa sfruttare ogni dolore, anche ogni peccato, per continuare ad andare avanti.  Sì, perché anche il peccato, e spero di non scandalizzare nessuno, può diventare una scuola, un momento in cui possiamo imparare e capire, perché se dopo essere caduti nel peccato riusciamo a chiedere perdono, se siamo pentiti realmente e riusciamo a rialzarci, allora sì che stiamo vivendo nella verità il nostro cammino cristiano, la nostra vita battesimale. Il cammino ci qualifica più nei momenti difficili che in quelli belli, dice agli altri chi siamo realmente. Lo abbiamo detto tante volte, è facile essere bravi cristiani nei momenti felici, nei momenti in cui va tutto bene. Eppure, è quando siamo sulla croce che siamo pienamente e totalmente uguali a Cristo. Allora, il cammino va accettato con tutte le sue difficoltà, con tutte le sue battute d’arresto, con tutti i momenti di umiltà nei quali l’unica cosa da fare è riconoscersi peccatori.

Gesù, allora, riceve il Battesimo e in quel momento si apre il cielo su di Lui. Questo significa che, quando viviamo così come detto finora, con un’attenzione prioritaria alla Parola di Dio, cercando di comprendere quale sia la Sua volontà, con una predisposizione a rialzarci ad ogni caduta e con il desiderio dell’eternità, succede che si aprono i cieli sopra di noi. Quante volte viviamo come se ci fosse una lastra di piombo sulla nostra testa e non un cielo aperto, sembra quasi che viviamo nella convinzione che Dio non esista, che a Lui non interessi nulla di noi. I nostri occhi sembrano gridare quotidianamente: “Signore, ma dove sei? Non parli, non intervieni, non agisci”. È questo che significa vivere come se il cielo fosse chiuso sopra di noi, perché non stiamo vivendo secondo il Battesimo.

Il cielo si apre sopra Gesù e si sente una voce che dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato». Ecco che giugiamo al vero senso della vita battesimale: riconoscersi figli, figli per davvero. Quanto fa male vivere senza sentirsi figli, vivere come orfani. Solo sentendoci figli, allora, la nostra vita diventa un Paradiso, già qui, già ora. E Dio lo dice anche a ciascuno di noi: tu sei Suo figlio, il figlio amato! Un genitore ama suo figlio anche se sbaglia, anche se è un farabutto, anche se è tutt’altro che perfetto. Allora, la comprensione di questa verità può passare solo attraverso il percorso che abbiamo tracciato poco fa: se non mi sforzo di vivere nella volontà di Dio, se non mi impegno a comprenderla attraverso uno studio attento della Parola, non riuscirò mai a sentirmi figlio. «Tu sei il Figlio mio, l’amato» deve diventare la voce che ci guida in tutta la nostra vita cristiana. Questo passo è tratto dal Vangelo di Marco, che è interamente costruito su uno schema letterario che si basa su due proclamazioni della figliolanza di Gesù, e quella di questa domenica è appunto la prima proclamazione, che sarà seguita da un’altra, pronunciata dal soldato romano nel quindicesimo capitolo, che vedendo Gesù morire sulla croce afferma: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Tra queste due proclamazioni della figliolanza di Cristo c’è tutta la vita di Gesù, a conferma di ciò che abbiamo detto finora. Non dimentichiamo, allora, che nel Battesimo abbiamo ricevuto il dono più grande, quello di essere figli amati. Chi si sente figlio amato, vive una vita felice, anche se costretto a salire sulla croce.




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Gianluca Coppola

Gianluca Coppola (1982) è presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato Dalla sopravvivenza alla vita. Lettere di un prete ai giovani sulle domande essenziali (2019) e Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (2020).

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