Che la tua vita non sia una vita sterile… L’eredità di Pippo Corigliano

Foto derivate da: GAL13, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

di Paola Ciniglio

Un ingegnere, un comunicatore, un uomo di fede: Pippo Corigliano, volto dell’Opus Dei in Italia per oltre quarant’anni, torna alla casa del Padre.

Il volto dell’Opus Dei ritorna al Padre. Sabato 8 giugno 2024 ha lasciato questa terra Giuseppe Corigliano, conosciuto da tutti come Pippo. Giornalista, scrittore, ingegnere, ma soprattutto un uomo di fede profonda e un amico sincero di San Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei (1902-1975). Nato a Napoli il 31 maggio 1942, in una famiglia cattolica, Pippo ha sempre avuto un forte interesse per la fede. All’età di 18 anni, ha conosciuto l’Opus Dei e ne è rimasto subito affascinato. Ha chiesto di entrare a far parte dell’Opera come numerario, dedicando la sua vita al servizio di Dio.

Pippo è stato direttore dell’Ufficio Informazioni dell’Opus Dei in Italia dal 1970 al 2011, dedicando la sua vita a diffondere il messaggio del movimento in Italia e di curare le relazioni con i media. Su questo tema sapeva intrecciare uno sguardo profondo e anche critico con uno humour senza eguali. 

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Un uomo che ha saputo trasformare la quotidianità in un’avventura straordinaria, un instancabile testimone della gioia del Vangelo: Pippo non era un santo da altare, ma, immerso nella realtà dell’esistenza umana, riportava ogni giorno alla memoria il desiderio più profondo di San Josemaría Escrivá: la santità è possibile per tutti, è un dono che Dio offre a tutti, da vivere nella autenticità e senza eroismi. “Ecco che il lavoro di ogni giorno, gli impegni familiari e tutte le occupazioni del cristiano comune sono diventate occasioni per vivere le virtù con lo stesso impegno dei religiosi nei loro conventi. Tutte le circostanze sono occasioni di amore per Gesù, anche le più apparentemente banali. A ben pensarci questa è una rivoluzione epocale e chi è portatore di questo messaggio ha una bella responsabilità: deve essere santo e diffusore di santità”. 

Essere santo: una meta che ancora abbiamo paura a dire ad alta voce perché appare sempre troppo più in là delle nostre capacità, ma che invece Pippo Corigliano declinava come l’unica possibilità per vivere da cristiani. La sua relazione con Dio era intima e speciale, fatta di dialogo sincero e filiale affetto. Parlava con Gesù e Maria come con amici fidati, confidando loro gioie e dolori e trovando in loro conforto e guida. La sua fede era semplice, disarmante, priva di formalismi. Per Pippo, Dio era un Padre amorevole sempre presente nella sua vita.

“Non penso alla mortificazione ma mi dico: faccio questo piccolo piacere a Gesù. Questo cambiamento di prospettiva può apparire insignificante ma mi aiuta molto. Mi ritrovo lungo la giornata a fare diversi atti di affetto per Gesù con in più un pizzico di allegria. Non penso che devo sopprimere un desiderio ma che faccio qualcosa di gradevole per il Signore e per me”.

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Dalla grazia di Dio e dalla sua terra natia, Napoli, di cui era sempre fiero, Pippo riceveva ogni giorno un dono speciale: la capacità di cogliere il bello in ogni cosa. Questa sua positività era contagiosa, un balsamo per chi aveva bisogno di un sorriso e di una parola di incoraggiamento. Anche chi non aveva la fortuna di conoscerlo di persona poteva entrare in contatto con la sua straordinaria personalità attraverso il suo blog, “Preferisco il Paradiso“, dove Pippo condivideva i suoi pensieri, le sue riflessioni e le sue esperienze, sempre con il tratto distintivo della sua semplicità e del suo umorismo, dove scriveva: “Stare contenti è essenziale per il cristiano perché così  si dimostra consapevole del gran contenuto  della grazia di Dio: “contento” viene da contenere“.

Una fede che trova origine e forza nei sacramenti, e in particolare nell’esperienza intima e profonda dell’Eucaristia quotidiana. Non si può prescindere da questo dettaglio che straordinariamente accomuna i santi dell’ultimo secolo. È Cristo che continua a far nascere innamorati del suo Vangelo ed è solo con Lui e a partire da Lui che possiamo vivere una fede appassionata, innamorata, che non sa di stantio. Di questo Pippo ne era ben consapevole, non a caso scriveva che Gesù esagera nel fare doni, nel rivestirci di ogni grazia. I tirchi siamo noi! E concludeva: “Signore dammi la misura della non misura. Dammi un cuore grande grande, capace di amarti”.

Vogliamo ringraziarti Pippo, per il tuo esempio che sprona chi, come noi, si spende nel mondo della comunicazione, a non tirarci indietro, a non giocare al risparmio. Ma che ci ricorda anche che, come cristiani, non c’è spazio per tristezza e pessimismo. “Per chi ha una concezione malinconica della fede, resti ben chiaro: il Padre organizza una festa. Con Dio si sta bene. Si ride e si è felici”.

A Dio, Pippo. 




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