Com’è il ritorno a scuola per i nostri amici con disabilità?

scuola

di Margherita Lampitelli, insegnante

Dopo il lungo lockdown i ragazzi sono tornati tra i banchi e subito hanno ripreso le loro relazioni sociali. Ma per gli alunni con disabilità è altrettanto facile ricostruire legami interrotti da mesi?

L’avvio delle attività scolastiche è una realtà da qualche settimana, anche se è stato scandito in diversi momenti nelle varie regioni. A questa data, quella del “primo giorno di scuola” molti hanno sempre associato un valore negativo, come la fine delle vacanze, della libertà, dell’estate. Invece quest’anno, dopo una pausa forzata che durava da marzo, è stato un momento di festa. Il lungo isolamento prodotto dal lockdown, a cui è seguita un’estate in cui tutto parlava ancora di malattia, di paura del contagio, ha creato nella mente di piccoli, e non solo, una grande aspettativa nei confronti del ritorno a scuola, esprimendo il bisogno di normalità di ciascuno. E abbiamo visto bambini, adolescenti, ragazzi “recuperare” le esperienze di socializzazione, riallacciando subito i contatti e le relazioni sociali, come se non fosse successo nulla… Ma se spostiamo il nostro sguardo alle persone con disabilità, ci accorgiamo che questa ripresa dei rapporti sociali e delle relazioni è più difficile perché passa necessariamente attraverso la mediazione di un insegnante a scuola. 

La mancanza di scioltezza nelle relazioni legata all’handicap, la condizione di fragilità della salute rispetto al possibile contagio da Covid impediscono spesso una pluralità di contatti: non si portano i bambini ai parchi, i ragazzi escono di meno. Solo la scuola, per i nostri, diventa occasione per fare incontri, creare legami di amicizia, ognuno secondo le proprie caratteristiche e peculiarità. Certamente le disposizioni per la sicurezza anti-Covid in classe non consentono agli alunni il contatto ravvicinato, ma anche un po’ distanziati i bambini riescono a tessere relazioni. Per i nostri alunni con disabilità, però, la distanza è un grande nemico… Hanno bisogno di sentirsi accolti, magari abbracciati e coccolati (e non solo i più piccoli). Hanno bisogno di stare con gli altri e non essere isolati dal contesto dei pari, di provare ad avere degli amici che gli possano dedicare un po’ del proprio tempo. 

Leggi anche: Ora che il lockdown è finito come riconnettere i nostri amici con disabilità alla vita reale?

Prima dell’inizio della scuola ho incontrato Maria e il suo piccolo Lorenzo (nomi di fantasia). Lorenzo è un bambino “tutto pepe” di 6 anni e mezzo, che, nonostante una difficoltà motoria da emiparesi, si pone sempre in modo gioioso e accattivante nei confronti del mondo che lo circonda. Il piccolo è stato messo a dura prova dal lockdown perché, alla solitudine legata al distacco dalla classe, si è aggiunto il non poter continuare le terapie riabilitanti. La madre ha raccontato di come sia mancato proprio il contatto fisico con l’insegnante e gli altri bambini, cosa che avrebbe potuto giocare un ruolo importante nell’aiutarlo a superare le sue difficoltà. Oggi Lorenzo si presenta come un bambino solare e socievole, le sue fatiche sembrano “leggere” eppure la sua storia è molto dolorosa: un parto trigemellare difficile, a cui è sopravvissuto solo lui. La sorellina e il fratellino sono gli angeli che, oggi, accompagnano dal cielo sia lui che il fratello maggiore di 13 anni.

I genitori, pur provati da una patologia oncologica che aveva portato il padre, giovanissimo, a perdere l’uso delle gambe, hanno accolto la nuova prova con tanto amore, affidandosi all’aiuto di Dio. Ho chiesto alla madre quali fossero le aspettative che nutre verso il nuovo percorso scolastico del figlio (iscritto in prima elementare). La risposta è stata semplice e pragmatica: poter creare un ponte con gli insegnanti, una rete di amichetti che lo sostengano e lo facciano sentire accolto per consentirgli di sviluppare appieno le capacità non compromesse.

Ma la vera speranza di questa mamma è quella di continuare ad esser accompagnata dal Signore. Con grande lucidità racconta di momenti difficili in cui solo l’abbandono alla fede ha consentito loro di non perdere di vista la speranza, e questo stesso abbandono fiducioso in Dio li rende oggi sereni nelle prove, e dà al piccolo una luce speciale. Ad oggi Lorenzo non ha iniziato a frequentare la scuola su consiglio del medico di fiducia, in attesa del vaccino anti-influenzale stagionale e per il pericolo di un eventuale contagio da Covid, data la forte diffusione dei contagi nella zona di residenza. E quando chiedo come vivano l’ansia di un possibile contagio, la madre risponde che il Covid è motivo di preoccupazione, non di ansia per loro. “Come incombono altri pericoli sulla vita di ciascuno di noi, così il Covid… Fin dai primi momenti di prova ci siamo rivolti a Dio chiedendo la forza di accogliere quello che ci stava accadendo, e questa non è mai venuta meno”.

E il piccolo, come sta vivendo l’attesa di questo primo giorno di scuola? Lo accompagna il pensiero della grande festa che potrà fare con i suoi nuovi compagni, con le nuove maestre, nella scuola dei grandi… tutto sarà emozionante! La sua giornata, oggi, è scandita dai tempi della terapia e dallo stare in casa con i genitori e il fratello. Lui sa che lo aspettano nuovi amici, un po’ pasticcioni e rumorosi, con cui divertirsi, inventare nuove avventure e fare lunghe chiacchierate, qualcuno che già conosce, altri con cui fare amicizia.

Per questi piccoli, così come per i ragazzi e gli adolescenti con disabilità, la permanenza a scuola è davvero fondamentale! Diventa il senso stesso della loro vita, giorno per giorno! Anche per loro, così fragili e vulnerabili dovremmo essere prudenti rispettando le regole per ridurre la diffusione del Covid. Molte regioni d’Italia, tra cui Campania, Lombardia e Lazio presentano indici altissimi di contagio. E il dramma taciuto di una nuova serrata è proprio questo: lasciare queste persone ancora più sole e isolate dal resto del mondo, perdendo così il grande contributo di umanità che possono dare ai loro pari e alla società. Perché una persona con handicap può insegnare tanto, basta dargli la possibilità di esprimersi nei suoi modi e nei suoi tempi. In bocca al lupo, Lorenzo!




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