AMICIZIE E LITIGI

“Ho litigato con un’amica, pregando ho capito i miei errori”: è Gesù che fa mettere nei panni degli altri

di Marina Scarrone Arnaldi

Ho litigato con una mia amica… No, non siamo in una scuola elementare, ma nella vita reale di un adulto: la mia vita. Che non è fatta solo di pannolini e torte, ma anche di amicizie importanti. A volte capita di discutere, di fraintendersi, di litigare e scriversi anche cose brutte. Mi è successo proprio la settimana scorsa: una situazione come tante altre, nata da un fraintendimento e tante debolezze personali. Ma questa volta qualcosa in me è cambiato…

Quando ci si sposa, si crea una nuova famiglia e magari arrivano anche dei bimbi, può succedere di mettere un po’ da parte tutto il mondo delle amicizie, che prima forse si riusciva a coltivare con più semplicità.

Io in questi ultimi anni ho vissuto le amicizie con un po’ di fretta, poco dialogo, poca capacità di relazionarsi bene. E penso che da un lato sia normale: l’incontro col mio sposo e la creazione di una famiglia richiede la consapevolezza di dover cambiare le proprie priorità. Giustamente queste cose riguardando la nostra seconda vocazione (dopo la prima vocazione alla santità, quella di ogni persona), e quindi sono prioritarie rispetto ad altre.

Dall’altro lato però, le amicizie sono importanti per davvero. Possono essere un aiuto, un sostenersi a vicenda, un confronto, un momento di comunione e spesso anche un mezzo attraverso il quale Dio ci parla. A maggior ragione se in Cristo, le amicizie vanno coltivate. Possono essere un grande bene per noi, e noi possiamo essere un grande bene per gli altri.

Insomma, l’amicizia non viene prima del matrimonio o della famiglia, ma è davvero una cosa preziosa. E per imparare a coltivarla ci vuole esperienza, buon senso, amorevolezza, ma soprattutto tanta tanta – tantissima – pazienza!

Quando questa pazienza viene a mancare (e ci sta, siamo umani, siamo imperfetti e spesso poco allenati alle buone e sane relazioni), si litiga. Proprio come è successo a me la settimana scorsa.

E che cosa ho fatto? Ci sono state delle incomprensioni e ovviamente sono scese in campo anche delle mie debolezze e mancanze relazionali. Ci siamo chiamate, abbiamo discusso in maniera vivace – come sappiamo fare molto bene noi donne! – e poi abbiamo deciso di stoppare le comunicazioni e “pregarci su, vedendo cosa Dio ci avrebbe detto nella preghiera per risolvere questo marasma. 

Leggi anche: “Ho litigato con la vicina di casa, la sera ho avuto una lezione sulla misericordia” (puntofamiglia.net)

Ora, siamo tutti bravi a pregare nei momenti belli e felici, ma quando arrivano le vere difficoltà, quando siamo arrabbiati, particolarmente infastiditi, molto preoccupati per qualcosa… difficilmente ci mettiamo a pregare. Proprio subito, sul momento.

Infatti raramente mi è successo di chiedere aiuto a Dio proprio nel momento in cui si è presentata una difficoltà: solitamente mi crogiolo in mille paranoie, preoccupazioni, lamentele, pensieri negativi. Poi eventualmente mi calmo, trovo una MIA soluzione al problema e se posso la attuo. Trovo dei modi per calmarmi, magari mi metto un telefilm o vado a fare una passeggiata. Poi forse il giorno dopo in preghiera ne parlo con Gesù – ovviamente con già in testa la mia soluzione.

(È successo anche te almeno una volta nella vita, vero?)

Questa volta però le cose sono andate diversamente.

Per non so quale grazia divina, lo Spirito Santo mi ha ispirato di dire un Rosario e di chiedere a Gesù una soluzione al problema, ancora prima di mettermi a pensarla io.

Nella preghiera, e nel vero silenzio del cuore, ho potuto calmarmi sul serio, vedere Ave Maria dopo Ave Maria la situazione sotto una nuova luce, mettermi meglio nei panni dell’altro, vedere chiaramente i miei sbagli. Una grande pace si è impadronita di me. Ed è lì che Gesù mi ha suggerito la sua soluzione al problema, che sicuramente non avrei potuto ascoltare in mezzo al caos dei miei pensieri.

Moltissime volte ho sentito dire: “quando si discute la soluzione è sempre mettersi nei panni dell’altro!”. Ma se l’altro ha oggettivamente una sensibilità diversa dalla mia? Se pur mettendosi nei suoi panni, non lo si capisce? 

Forse la vera soluzione non è mettersi nei panni dell’altro, ma in quelli di Gesù. Letteralmente chiedergli “ma Tu cosa faresti?”. La nostra sensibilità sarà sempre diversa da quella degli altri: solo la “sensibilità” di Gesù è universale, solo da Lui possiamo imparare le regole per una sana relazione e per una vera umiltà.




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