CASTITÀ E VITA CONIUGALE

“La castità ci ha insegnato cosa significhi amarci davvero”: una giovane sposa racconta

coppia

Oggi vorrei raccontarvi la storia di Carola, una donna che, con l’uomo che ora è suo marito, ha scelto di vivere un fidanzamento casto, vedendone poi i frutti nel matrimonio. “Se non costa non è vera castità, ma se costa è un investimento per il futuro”. E poi spiega: “Soffriamo per gli amici quando si abbandonano a una passione che brucia tutto subito e non lascia nulla”.

Sono Carola e ho 31 anni. Sono sposata da otto anni e ho due figli. Vorrei condividere la mia esperienza di donna che ha vissuto la castità prematrimoniale e ha visto fiorire l’intimità nel matrimonio, come un vino buono che con gli anni migliora sempre di più. 

Non a caso Gesù compie il suo primo miracolo per degli sposi usando come segno proprio il vino, alle nozze di Cana: è l’unica cosa che con gli anni migliora invece di rovinarsi. È così che accade anche quando tra gli sposi c’è una relazione sana: l’amore cresce, “migliora”!

Per noi il punto di partenza è stato vivere un buon fidanzamento, nella sincerità e nella castità.

Lo so: non avere rapporti prematrimoniali non è il rimedio ad ogni male in una relazione. 

Ci sono coppie che non vivono l’intimità sessuale prima del matrimonio solo perché “è così che si fa”, perché non vogliono deludere le famiglie, che hanno trasmesso loro quell’insegnamento o che addirittura usano la castità come “scusa”, perché non provano reale desiderio per l’altro ma vogliono comunque sposarsi per formare una famiglia. 

Ho capito che è vera castità, ovvero rinuncia che porta frutto, solo se costa. Se non costa non è castità, è anaffettività e c’è qualcosa che non va nel rapporto… 

Ma se invece costa, se è una rinuncia, perché infliggersela? Sembra una condanna, sembra masochismo. 

Non è così. È come rinunciare a tante caramelle per poter comprare un bracciale d’oro. Ti privi del sesso prima, perché sia più bello dopo; perché l’intimità con l’altro metta radici non nella carne, ma nel cuore. È un investimento, insomma, non un atto di autolesionismo. 

Per noi è stato così: ci è costato, ma abbiamo visto i frutti nel matrimonio, perché quando ci siamo uniti, poi, ci siamo davvero donati in modo totale l’uno all’altra. Se ci fossimo consegnati dopo un mese (come l’istinto ci suggeriva), quel dono sarebbe stato molto meno sincero. 

Davvero puoi dire, dopo un mese, ad una persona che l’accogli e avrai cura per tutta la vita di lei?

Ovviamente no. 

Leggi anche: Come impostare una vera educazione sessuale? La storia di Fabio e Rita (puntofamiglia.net)

“Ma il sesso serve per conoscersi”. 

No, il sesso ci fa fondere con qualcuno, che è molto più di conoscersi. È una responsabilità immensa decidere con chi fondersi, con chi diventare un tutt’uno. 

Una persona la si conosce parlando, vedendo come valuta ciò che le accade, come si comporta con i genitori, come risolve i problemi al lavoro, come tratta i colleghi e gli amici, lasciando che condivida le sue passioni.

Quando viviamo un rapporto sessuale con qualcuno non lo stiamo semplicemente “conoscendo”: gli stiamo permettendo di diventare “una sola carne” con noi. Abbiamo il potere di renderlo immensamente felice, accogliendolo, e di distruggerlo se, dopo averlo accolto fino a quel punto, poi lo rifiutiamo. L’altro si abbandona a noi: si denuda e ci dà tutto. Dobbiamo essere responsabili di quella fiducia, di quell’affidarsi… di quella nudità, che passa per la carne, ma è anzitutto nudità del cuore. 

“Ma se non ci si conosce sessualmente prima del matrimonio e poi non funziona?”.

Per esperienza posso dire che ci è voluto un po’ di tempo a me e mio marito per trovarci anche sotto quell’aspetto, ma non avevamo fretta: ci siamo dati modo di scoprirci, piano piano, e di far crescere la sintonia.

Oggi abbiamo capito che l’atto sessuale è il pilastro dell’intimità degli sposi: non che tutto ruoti intorno al sesso (ci sono momenti in cui per tanti motivi non si può diventare una sola carne), ma quando non ci sono impedimenti quel gesto è cemento della comunione, permette davvero di affinare sempre di più la complicità, la tenerezza, il rispetto. 

Abbiamo compreso il significato che ha fare l’amore nel matrimonio, abbiamo visto crescere e non spegnersi l’intimità… e più ci si ama, più cresce anche il piacere! Nell’amore si trova il vero godimento: diffidate delle imitazioni! 

Per esperienza, ora, possiamo dire che il matrimonio è il posto migliore per vivere l’atto sessuale e lo possiamo dire a maggior ragione perché abbiamo fatto scelte diverse, in passato, prima di abbracciare la castità nella nostra vita. 

La purezza ci ha salvato, ha cambiato tutto. Ha reso bello e sano il nostro rapporto.

Quanto ci dispiace vedere coppie intorno a noi in cui la passione iniziale e la mancanza di purezza bruciano tutto sul nascere… è triste vedere persone che vagano da una persona ad un’altra, che consumano rapporti, senza approdare mai alla pienezza di una relazione che punti al “per sempre”.

“Voi cristiani dovete proprio impicciarvi su tutto?”

Talvolta, ci viene fatta questa obiezione quando diciamo la nostra opinione su temi inerenti alla vita morale. Soprattutto se ci riferiamo alla morale sessuale.

Mi è capitato di leggere un post un po’ aggressivo, ideato da alcune femministe per rispondere alla presunta “invadenza” della Chiesa sulla vita intima delle persone: “Giù le mani dalle nostre mutande”, era la frase che accompagnava lo striscione durante una manifestazione.

Scrivo di affettività e sessualità ogni settimana su questo magazine da più di due anni e a volte capita che io stessa mi chieda: perché lo faccio? 

È bene fermarsi, di tanto in tanto, e domandarsi cosa ci spinge a svolgere il nostro lavoro. 

Beh, la risposta è che, come la ragazza della testimonianza, avverto una profonda tristezza quando le persone si procurano ferite nella sfera intima; ferite che, l’ho visto anche io con i miei occhi, vengono sanate quando si approda alla castità (che non significa “privazione del sesso”, ma “purificazione del sesso dall’egoismo”).Scrivo di castità, rispetto per il corpo e valore della tenerezza perché vorrei che tutti avessero la pace di questa donna e suo marito; vorrei che tutti si sentissero amati, accolti, e mai usati.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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1 risposta su ““La castità ci ha insegnato cosa significhi amarci davvero”: una giovane sposa racconta”

Diceva Giovanni Paolo II che il contrario di amare non è odiare ma usare. Proprio come il bell’articolo esprime.

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