Educazione sessuale

Come impostare una vera educazione sessuale? La storia di Fabio e Rita

Alla fine di un incontro sull’educazione sessuale chiesi perché si parlasse solo di contraccezione e non del significato dei gesti. L’organizzatore rispose che nessuno può insegnare ad altri come vivere la sessualità. Dieci anni dopo, una donna che legge i miei articoli, mi scrisse che aveva problemi nell’intimità col marito: era proprio la moglie di quell’uomo. 

Correva l’anno 2012, avevo da poco iniziato a studiare a Roma, quando mi trovai a discutere con Fabio (nome di fantasia), il responsabile di una campagna informativa sulle malattie sessualmente trasmissibili e sui metodi per prevenirle. Durante l’incontro era previsto che i ragazzi ricevessero delle informazioni di tipo sanitario e fossero istruiti sui vari metodi di contraccezione. L’appuntamento era rivolto ai giovani dai quattordici ai ventiquattro anni (io, all’epoca, ci rientravo ampiamente). 

Beh, partecipai a questo evento, poi, alla fine dell’incontro, alzai la mano e chiesi perché non si fosse pensato di offrire anche degli strumenti per comprendere il significato dei gesti o comunque di approfondire anche il tema molto più ampio dell’affettività

Fabio, un po’ piccato, rispose: “Non è mio compito dire alla ragazzina di quattordici anni con chi e perché deve vivere un rapporto sessuale. A me preme che, se vuole farlo, lo faccia in sicurezza”.

Insomma, si davano ai ragazzi degli strumenti senza aiutarli ad interrogarsi sul perché avevano un corpo e su cosa potevano comunicare attraverso baci, carezze… o addirittura diventando un corpo solo con un altro. Un po’ come dare una Ferrari a qualcuno, senza però offrire anche una meta, un cammino. 

Che devo farci con questa macchina potente? Capita che, senza avere una risposta a questa domanda e quindi senza un orizzonte, si usi quel bolide solo per giocare e ci si faccia molto male…

Ho provato ad insistere, dicendo che non era abbastanza, che i ragazzi avevano bisogno di qualcosa di più

Purtroppo, però, non ero molto credibile ai suoi occhi: avevo solo 20 anni. Lui era sposato, più grande di me di almeno 15 anni. Mi ha liquidato dicendo che “nessuno può dire ad un altro come vivere la propria sessualità” e che se volevo trovare qualcosa di quel tipo sarei dovuta andare in chiesa, anche se non me lo consigliava, visto che lì erano tutti bigotti e indietro anni luce rispetto alla modernità (“non è ammesso neppure il preservativo!”).

Ho lasciato stare, ho proseguito per la mia strada. Mi sono fidanzata, ho continuato i miei studi di teologia, ho fatto dei ritiri spirituali in cui ho compreso la bellezza di una sessualità limpida, ho conosciuto coppie che avevano capito il senso dei gesti e il valore della castità, ho letto libri bellissimi, ho appreso i metodi naturali (che sono un toccasana per la vita di coppia… la chiesa è avanti, altro che indietro!). 

Leggi anche: “Sappiamo cosa significa vivere male l’intimità sessuale”: il racconto di due coniugi risorti (puntofamiglia.net)

Nel frattempo mi sono sposata e non ho mai smesso di approfondire la teologia del corpo: volevo capire sempre di più il significato profondo dell’una caro. Volevo comprendere come si poteva vivere nel matrimonio un’intimità liberata dall’egoismo, volevo sperimentare la comunione vera con il mio sposo. 

Grata al Signore per avermi dato gli strumenti – quelli veri, che non possono esaurirsi in un preservativo – ho iniziato a scrivere articoli e libri su questo tema.

Beh, sono passati anni da quell’incontro sulla sessualità. Quasi non ci pensavo più… finché, un giorno, una donna, Rita (anche qui nome di fantasia), che ho scoperto essere una mia lettrice, mi scrive una lettera piena di dolore. 

Stava pensando di separarsi proprio per problemi legati all’intimità. Lei e suo marito non avevano più rapporti da anni, e, anche prima, non avevano mai sperimentato quella profonda unità, quell’accogliersi nei tempi e nei modi più rispettosi, quel superare le barriere venendosi incontro ecc. Si erano feriti tanto in quella sfera: lei lamentava mancanza di tenerezza e di attenzioni, lui si sentiva rifiutato. 

Insomma, mi ha confidato un bel po’ di fatiche… ma sapete chi era lei? La moglie dell’organizzatore di quel famoso evento sulla sessualità!

Era la moglie dell’uomo che mi aveva liquidata come “bigotta”, dieci anni prima. 

Oggi hanno più di quarant’anni entrambi, sono sposati da quattordici anni e hanno esaurito la passione. Non si cercano più, non hanno visto crescere l’intimità, l’hanno vista morire. Hanno finito il vino.

Ho provato profonda tristezza, ma al tempo stesso ho capito che avevo ragione. Quello che proponeva nei suoi incontri non era sufficiente… Nemmeno per lui!

Per anni mi ero fatta delle domande, ripensando a quell’incontro (“Ma sarò io a pretendere troppo? Ma è possibile fare di più, in ambienti laici, per parlare di affettività o ha ragione lui che non si può?”).

Oggi ho capito che trattare il tema dell’affettività è qualcosa di fondamentale! Anche in ambienti laici, sì. 

La sessualità è un aspetto centrale nella vita di tutti: c’è di mezzo la salute di una coppia e la felicità di due cuori. Non è necessario parlare di Dio, ma nemmeno si può essere del tutto neutrali rispetto a ciò che ci fa bene e a ciò che ci fa male. 

Esiste un’intimità bella, gioiosa, sana e una che ferisce, destabilizza, umilia. Non va tutto bene, dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Da dove partire? Beh, l’albero si riconosce dai frutti.

Basta rimandare… e basta con le mezze cose. Parlare di contraccezione non è sufficiente. Dobbiamo osare molto, molto di più.

Ps 

Quella donna mi ha detto di credere in Dio e di aver sposato suo marito credendo nella promessa che gli faceva. L’ho invitata a pregare tanto (le ho detto che l’avrei fatto anche io per loro) e ad affidare a Gesù le sue croci, anche quelle dell’intimità ferita: Lui non si scandalizza se gli parliamo di sesso. Anzi, oggi più che mai, non aspetta altro che poterci mostrare come questo suo dono l’aveva pensato Lui in principio…




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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