VITE DEI SANTI

Trent’anni dalla morte di don Puglisi. Diceva: “Ho la testa calva per riflettere la luce divina”

Era un uomo gioviale, che scherzava sul suo aspetto fisico, sulle sue orecchie a sventola utili per sentire meglio e sulla testa calva per riflettere la luce divina. Aveva le occhiaie per il lavoro difficile di cura dei fragili e per la consapevolezza della portata dei ricatti e delle intimidazioni pesanti destinati a lui e ai suoi collaboratori. Stiamo parlando di don Pino Puglisi: oggi, 15 settembre, è il trentesimo anniversario del suo sacrificio.

Sacrificio è un termine che deriva dal latino ed è il frutto dell’unione tra l’aggettivo “sacer”, che 

significa sacro, e del verbo “facio” che indica il fare. Insieme formano l’espressione: “rendere sacro”.

A trent’anni dalla sua morte, abbiamo bisogno di ricordare il sacrificio di Don Giuseppe Puglisi, per tutti Don Pino.

La sua non è una vita spezzata per amore d’eroismo o sprezzo del pericolo, dalla mano di chi allora come oggi usa la sopraffazione per garantirsi rispetto e potere.

La vita di Don Pino è una vita vissuta come sacrificio, come ricerca insaziabile e amorevole del sacro custodito in ogni uomo incrociato sulla sua strada.

A buona ragione, quindi, Brancaccio, il quartiere alla periferia di Palermo dove la malavita organizzata insidia tutt’ora i giovanissimi, traendoli con le buone o con le cattive verso la schiavitù criminale, questo 15 settembre ricorda e onora la vita del sacerdote morto trent’anni fa. 

A Brancaccio, Giuseppe era nato nel 1937, e a Brancaccio cinquantasei anni dopo Don Pino avrebbe compiuto il suo sacrificio, non prima di aver dedicato alla sua gente e soprattutto ai suoi giovani gli ultimi anni di una vita piena.

Le testimonianze su Don Pino Puglisi sono tante, alcune ricchissime. Racconti e aneddoti di chi lo ha conosciuto dal vivo e ne porta intatto il ricordo, tutti coerenti e d’accordo sulla stessa conclusione: Don Pino era il santo della porta accanto.

Era un uomo semplice, modesto e mite, sorridente ma autentico. Uno che diceva le cose come stavano senza titubanze, a volte anche con durezza, ma che custodiva l’umiltà per farsi vicino a chiunque, senza condanna, aprendosi al dialogo e al desiderio di cogliere il bene sacro in tutti.

Era un insegnante, che, quando entrava in classe il primo giorno di scuola, portava con sé una scatola di cartone, la metteva sotto i piedi e ci camminava sopra. Il tutto al fine di anticipare, in un linguaggio divertente ma inequivocabile, quale sarebbe stato il suo ruolo, ovvero quello del rompiscatole.

Era un uomo gioviale che scherzava sul suo aspetto fisico, sulle sue orecchie a sventola utili per sentire meglio e sulla testa calva per riflettere la luce divina. 

Aveva le occhiaie per il lavoro difficile di cura dei fragili, e per la consapevolezza della portata dei ricatti e delle intimidazioni pesanti destinati a lui e ai suoi collaboratori.

Leggi anche: Una donna contro la dispersione scolastica (puntofamiglia.net)

Era un sacerdote che amava e portava Cristo sopra ogni cosa, disposto a confessare i ragazzi ovunque ce ne fosse bisogno, non raramente nella sua vecchia utilitaria in mancanza di un confessionale. Era un presbitero pronto a celebrare messa in qualsiasi locale facesse al caso, addirittura per un periodo anche in un semplice garage messo a disposizione da chi coraggiosamente sosteneva la sua opera.

Era sostanzialmente un uomo disposto a fare il proprio lavoro, e a farlo bene. Mettendo a frutto la sua vita nel posto in cui era stato chiamato, fino in fondo. Non per spirito filantropico o per fiducia generica nel genere umano, ma per una ferma convinzione in quel sacro amore che riconosceva nella Croce, e che lo spingeva a guardare l’altro come degno di dedizione amorevole e tenace.

Sono questi uomini, probabilmente, quelli come Don Pino Puglisi, a cui i giovani hanno bisogno di guardare oggi, e perciò è indispensabile farne memoria.

Dobbiamo dare voce e visibilità a esempi di vita vera, che hanno saputo generare altra vita buona, coraggiosamente, garantendosi fatica ma anche un’eco di bene immortale che arriva fino al cielo.

Perciò, i giovani hanno bisogno anche di riconoscere i Don Pino dei giorni nostri: come Don Maurizio Patriciello, che opera la sua missione in uno dei comuni napoletani più tristemente noti alle cronache degli ultimi tempi, ovvero Caivano.

Come Don Antonio Coluccia, che da anni lotta contro lo spaccio e la criminalità nei quartieri romani.

Come tanti altri sacerdoti che silenziosamente operano nel proprio territorio, rendendosi scomodi per chi vorrebbe avere gioco facile con i ragazzi più fragili.

A loro e a tutti quelli che svolgono il proprio lavoro amorevolmente e radicalmente al servizio di quelli che la società considera alla periferia del mondo, il nostro sostegno e ogni augurio di vero bene.




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Lisa Zuccarini

Lisa Zuccarini, classe '83, è una moglie e mamma che ha studiato medicina per poi capire alla fine di essere fatta per la parannanza più che per il camice. Vive col marito e i loro due bambini. Dal 2021 ha scoperto che scrivere le piace, al punto da pubblicare un libro edito da Berica Editrice, "Doc a chi?!", dove racconta la sua vita temeraria di mamma h24 e spiega che dire sì alla vocazione alla famiglia nel ventunesimo secolo si può, ed è anche molto bello.

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