Il papa, parlando di accidia, invita a combattere il “demone subdolo della tristezza”

Foto derivata da screenschot video https://www.youtube.com/watch?v=DHZx-ZP343s

Papa Francesco, nella mattina di mercoledì 7 febbraio, ha tenuto, come di consueto, l’udienza generale del mercoledì. Ha invitato a scandagliare il proprio animo, per vedere se in noi c’è una tristezza di natura buona o cattiva. Esiste, infatti, una tristezza amica, che porta alla salvezza, ma anche una tristezza che ammala l’anima. Quest’ultima è alimentata dal diavolo. Bisogna riconoscerla e combatterla. 

Francesco, proseguendo con il suo ciclo di catechesi sui vizi capitali, parla del “demone subdolo” della tristezza, capace di avvelenare l’esistenza e portarla in un tunnel senza uscita.

Caratteristica di questa tristezza, che viene alimentata dal diavolo è un catastrofico senso di impotenza e sconfitta che allontana dall’amore di Dio. 

Così spiega il papa: “I padri del deserto lo descrivevano come un verme del cuore, che erode e svuota chi l’ha ospitato. Dobbiamo stare attenti a questa tristezza e pensare che Gesù ci porta alla gioia della resurrezione”. Perciò, è importante “reagire secondo la natura della tristezza”. Infatti, c’è una tristezza che ci chiude e ci porta all’egoismo, e “una tristezza che conviene alla vita cristiana e che con la grazia di Dio si muta in gioia: questa, ovviamente, non va respinta e fa parte del cammino di conversione”.

Il papa parla di “tristezza amica”, per definire quello stato d’animo che ci fa piangere i nostri peccati e dunque conduce alla salvezza. “Pensiamo al figlio prodigo della parabola: – dice il papa – quando tocca il fondo della sua degenerazione prova grande amarezza, e questa lo spinge a rientrare in sé stesso e a decidere di tornare a casa di suo padre (cfr Lc 15,11-20). È una grazia gemere sui propri peccati, ricordarsi dello stato di grazia da cui siamo decaduti, piangere perché abbiamo perduto la purezza in cui Dio ci ha sognati”.

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Tuttavia, c’è una seconda tristezza, che invece è una malattia dell’anima. “Nasce nel cuore dell’uomo quando svanisce un desiderio o una speranza. Qui possiamo fare riferimento al racconto dei discepoli di Emmaus. Quei due discepoli se ne vanno da Gerusalemme con il cuore deluso”.

La tristezza a cui stare attenti è quella che “si insinua nell’anima e che la prostra in uno stato di abbattimento: è questo secondo genere di tristezza che deve essere combattuto. Nasce nel cuore dell’uomo quando svanisce un desiderio o una speranza”. 

Sintetizzando, Francesco ha osservato che questo tipo di tristezza è “il piacere del non piacere. Come prendere una caramella amara”.

Ecco, ribadisce il pontefice, “è questo secondo genere di tristezza che deve essere combattuto risolutamente e con tutta forza, perché essa viene dal Maligno. Questa distinzione la troviamo anche in San Paolo, che scrivendo ai Corinzi dice così: la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte”.

Il papa invita dunque a non arrendersi: “Per quanto la vita possa essere piena di contraddizioni, di desideri sconfitti, di sogni irrealizzati, di amicizie perdute, grazie alla risurrezione di Gesù possiamo credere che tutto sarà salvato”. “La fede scaccia la paura, e la risurrezione di Cristo rimuove la tristezza come la pietra dal sepolcro. Ogni giorno del cristiano è un esercizio di risurrezione”.




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