CORRISPONDENZA FAMILIARE

“Avevo molta fiducia nei genitori”: la famiglia di Papa Leone

12 Maggio 2025

Casa d'infanzia di Robert Prevost a Dolton: Michael Howie, Attribution, via Wikimedia Commons Foto Leone XIV: Ricardo Perna (AIIC), Public domain, via Wikimedia Commons

Dalla biografia si comprendono meglio le parole e le scelte di un uomo. Da quello che emerge sulla vita di Papa Leone XIV, un posto d’onore è riservato alla sua famiglia. In particolare, ai genitori che gli hanno trasmesso la fede e lo hanno orientato nella fase di discernimento vocazionale. Dettagli non secondari che rivelano la statura interiore di un uomo chiamato a guidare e a sostenere la Chiesa universale, ad essere padre, custode di unità e di comunione in un tempo attraversato da venti culturali avversi e guerre che insanguinano la Terra.  

Quando un Papa inizia il suo ministero è ovvio che tutto quello che fa, parole e gesti, anche i dettagli, vengono scrutati con particolare attenzione, nel tentativo di comprendere quali saranno i punti qualificanti del suo ministero. È certamente possibile individuare le dimensioni più importanti, quelle che hanno dato una precisa identità alla sua persona e alla missione ecclesiale che vive a partire dal 19 giugno 1982, il giorno in cui ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. 

E tuttavia, se è vero che l’esperienza vissuta ha dato un preciso orientamento alla vita, è vero anche che lo Spirito Santo non smette di consegnare parole nuove e di aprire nuovi sentieri. La veste di Pastore della Chiesa universale che oggi indossa, non cancella la sua condizione di discepolo. Prima di essere icona del buon Pastore, e proprio per esercitare fedelmente questo ministero, Papa Leone è e deve restare una docile pecorella che ascolta e segue il Signore. 

La biografia di Papa Leone è particolarmente ricca di eventi che poco alla volta hanno plasmato la sua personalità ecclesiale: religioso, missionario, Priore generale del suo Ordine, vescovo di una piccola e povera diocesi del Perù, Prefetto della Congregazione che si occupa della nomina dei vescovi, membro del collegio cardinalizio. Ogni esperienza ha lasciato il segno, ha contribuito ad arricchire il suo patrimonio di fede. Sono tanti tasselli di un mosaico che ora appare nella piena maturità di un uomo chiamato a salire sul soglio umanamente più alto della vita ecclesiale. 

Quando mettiamo insieme le diverse esperienze, non dobbiamo dimenticare la famiglia. Anzi è bene riconoscere alla famiglia il ruolo primario: è questa la prima scuola della fede, è qui che Papa Leone ha ricevuto il latte spirituale. È questo il primo capitolo della biografia, umana e spirituale. In un’intervista che il cardinale Prevost ha concesso negli ultimi anni, ha ricordato con affetto il ruolo che hanno avuto i suoi genitori, profondamente credenti e collaboratori attivi della parrocchia. Egli riconosce che la loro vita di fede ha certamente contribuito a far nascere in lui l’idea di seguire il Signore con totalità. 

Tra le persone che lo hanno accompagnato nel cammino vocazionale, Papa Leone inserisce anche il padre: “Avevo molto fiducia nei genitori”. Sembra un inciso marginale e invece rappresenta una dimensione essenziale nel cammino formativo. La fiducia permette di sentirsi parte di una storia, favorisce l’ascolto docile di chi ha l’autorità e impedisce di seguire i capricci del proprio ego che, non raramente, prima c’innalza e poi ci fa cadere rovinosamente. 

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Entra in seminario minore giovanissimo, a 14 anni. Il legame con alcuni amici lo porta a scegliere l’antico Ordine di sant’Agostino. Troppo presto, penserà qualcuno. Non la pensano allo stesso modo i genitori che evidentemente hanno creduto e sperato in questa vocazione. Il giovane Robert non vive in una bolla, continua gli studi universitari, fino alla laurea in matematica. Viene poi il momento delle scelte decisive. L’orientamento verso la vita religiosa era piuttosto chiaro ma non privo di dubbi. Nel contesto di questa ricerca, naturale ma anche insidiosa, si inserisce un colloquio con il padre, importante e decisivo, se è vero che, a distanza di tanti anni, egli ricorda benissimo il luogo dove è avvenuto quell’incontro. 

Il padre è un educatore, ascolta i dubbi del giovane e gli consegna parole luminose. Parte dalla sua esperienza e gli dice che come il matrimonio nasce e si costruisce nell’intimità che lega l’uomo e la donna, così il sacerdozio nasce da una particolare vicinanza con Cristo. Niente di particolare, in apparenza. E invece, commenta l’allora cardinale Prevost: “anche se l’avessi sentito cento volte dai formatori e altri sacerdoti, quando mio padre mi parlava così, in una forma molto umana e molto profonda, ho pensato che c’era da ascoltare”. 

Le parole del proprio padre hanno un valore e un peso specifico che nessun altro può pretendere di avere. È una regola che molti genitori hanno dimenticato. Il papà non gli ha detto cosa fare ma non ha neppure alimentato i dubbi, né si è limitato a dirgli di fare quello che in coscienza riteneva più utile e adatto a lui. In questo ambito, la scelta è personalissima ma non arbitraria, al contrario deve essere fatta con la coscienza della responsabilità. Il padre gli ha indicato la strada, mostrando che aveva fiducia in lui e invitandolo ad avere fiducia nel Signore. 

Questo riferimento al colloquio con il padre mi ha fatto pensare a quella luminosa pagina in cui Teresa di Lisieux racconta dettagliatamente il giorno in cui ha comunicato al papà il suo ardente desiderio di entrare al Carmelo, trovando in lui non solo una generica accoglienza ma la piena disponibilità ad accompagnare la figlia perché si realizzasse il progetto che Dio aveva su di lei. Era domenica di Pentecoste, il giorno in cui lo Spirito parla al cuore di tutti e di ciascuno. 

Sono figlio di sant’Agostino”, ha detto l’8 maggio, quando si è affacciato per la prima volta alla Loggia delle Benedizioni. Nella sua giovinezza ha sperimentato l’importanza dell’amicizia e della vita comunitaria. Per questo ha scelto la vita religiosa. Tra le molteplici testimonianze che in questi giorni hanno inondato il web, mi ha colpito quella di un frate agostiniano che ricordava come, durante i due anni vissuti a Roma come cardinale, pur abitando in un appartamento del Vaticano, ogni mattina si recava a pregare nella Cappella della Curia generalizia dell’Ordine, in quella stessa Casa in cui per dodici anni, dal 2001 al 2013, aveva abitato come Priore generale. 

La chiamata episcopale e il servizio ecclesiale non hanno soppiantato la veste e il cuore del religioso. Quel ritrovarsi ogni giorno con i confratelli della sua comunità non era solo il segno della fedeltà e della gratitudine ma l’espressione di quella comunione di cui tutti abbiamo bisogno. L’appartenenza ad una famiglia religiosa ha dato e darà un timbro particolare alla missione che ora è chiamato a vivere. 
La sera stessa in cui tutti lo riconoscono e lo acclamano come Santo Padre, Papa Leone si è presentato come figlio. Un dettaglio che svela la sua personalità. Riconosce di aver tutto ricevuto, prima dalla famiglia e poi dalla comunità ecclesiale. Nulla gli appartiene. Per questo ora può dare tutto, con generosità e gratuità. La Madonna del Buon Consiglio saprà vigilare su di lui e donargli la luce di cui ha bisogno per continuare a servire la Chiesa con umiltà e amore.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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