Razzismo

Jerreh, fuggito dal Gambia, ha imparato a leggere e ha scritto un libro per aiutare i ragazzi come lui

Jerreh

di Silvia Sanchini

Nel mio blog oggi vi racconto la storia di Jerreh, un ragazzo meraviglioso partito dall’Africa senza un soldo in tasca e che qui in Italia ha trovato tanti amici. Ora dice: “Voglio restituire quello che gratuitamente ho ricevuto”.

Mi chiamo Jerreh, ho 19 anni e da quasi tre vivo in Italia. Ecco alcune cose che ho scoperto in questo strano e bellissimo paese. Innanzitutto ho scoperto che quando in Italia ti danno un appuntamento e ti chiedono di essere puntuale…non è un modo di dire! Se l’appuntamento, per esempio, è alle 10 le persone si aspetteranno davvero che tu arrivi per le 10.

Seconda scoperta: in Italia si mangia la pasta, ogni giorno! Il secondo giorno che mi trovavo in Italia ho mangiato un piatto di spaghetti al pesto: era la prima volta che li mangiavo e non mi sembravano per niente buoni, ma li ho mangiati tutti perché erano stati così gentili a prepararli per me.

In questo paese, infatti, esistono dei posti, delle vere e proprie case, in cui i ragazzi minorenni che arrivano in Italia da soli possono essere accolti. In queste case ci sono degli educatori e, a volte, dei volontari. C’è anche un assistente sociale, che incontri ogni tanto e che ti dà dei consigli su cosa fare.

Io in comunità a Parma ho incontrato Vanessa, la mia educatrice, che oggi è anche un’amica e la persona di cui mi fido di più. E ho conosciuto Roberto, il mio “secondo papà”, è stato lui a insegnarmi a leggere e a scrivere e a invitarmi a raccontare la mia storia in un libro.

Quando sono partito dal Gambia avevo 16 anni e non conoscevo nulla dell’Italia, né del resto del mondo. Il Gambia è il paese più piccolo dell’Africa: un paese con tanti problemi, non solo perché è povero, ma anche perché c’è un regime che semina terrore e violenza e non ti permette neppure di informarti. So, per esempio, che in questo momento in Gambia è vietato anche l’uso di Whatsapp.

Sono partito senza niente in tasca, un solo paio di pantaloni e una maglietta, pochi soldi nelle mutande. Ho attraversato il deserto, rischiato di morire, trascorso giorni senza mangiare. Sono salito su un barcone, sperando di raggiungere la Sicilia senza annegare.

In Gambia non ero mai andato a scuola, dovevo lavorare per aiutare mia mamma e i miei fratelli. Qui in Italia ho fatto un’altra straordinaria scoperta: ho imparato a leggere e a scrivere, e ho capito quanto imparare e informarsi sia importante.

Ma soprattutto mi sono convinto di una cosa: conoscere è il miglior vaccino ad ogni forma di razzismo. Per questo, ogni volta che mi invitano, non mi stanco mai di partecipare a eventi o manifestazioni, incontrando tante persone e raccontando a tutti la mia storia.

Mi è capitato di essere intervistato da giornalisti, di incontrare centinaia di studenti delle scuole medie e superiori. Ogni volta racconto del Gambia e del mio viaggio, e mi rendo conto di quante persone incontrandomi finalmente finiscono per liberarsi da molti pregiudizi.

Mi piace sorridere, stare con i miei amici, cucinare piatti africani (ma ho imparato a preparare anche i tortelli di zucca). Mi piace buttarmi a capofitto in ogni esperienza.

Voglio restituire l’aiuto ricevuto. Collaboro con un’associazione, che si chiama Agevolando, per aiutare altri ragazzi che vivono un’esperienza simile alla mia. Da qualche settimana ho iniziato il Servizio Civile.

Ogni giorno ripenso alle parole di mia mamma, prima di partire, e mi danno la forza per andare avanti.

Viviamo in un mondo pieno di odio e guerre, ma noi possiamo e dobbiamo rimanere uniti per realizzare i nostri sogni e costruire un futuro in cui nessuno debba più sentirsi solo.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

2 risposte su “Jerreh, fuggito dal Gambia, ha imparato a leggere e ha scritto un libro per aiutare i ragazzi come lui”

Conosco personalmente questo splendido ragazzo! La sua storia mi ha commossa. So che tanti africani scappano e affrontano difficoltà indescrivibili per arrivare da noi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.