Trasmettere la fede ai figli. Dall’arca di Noè alla nostra speranza durante le tempeste

famiglia

di Angela De Tullio

Dopo esserci meravigliati per la creazione del mondo, dopo aver conosciuto Adamo ed Eva, così umani e concreti nel loro riconoscersi peccatori, lasciamoci cullare da un’arca che ha affrontato un diluvio universale, certa che l’arcobaleno sarebbe comparso. Sì, parliamo proprio dell’arca di Noè. Come raccontare questa storia ai bambini?

Tutti conosciamo la canzone “I due liocorni (Ci son due coccodrilli)”, sicuramente con i nostri figli abbiamo cantato spensierati il ritornello in più occasioni: mentre tentiamo di imboccarli, mentre facciamo loro il bagnetto o semplicemente ballando insieme per imitare gli animali. 

Se leggiamo il testo per intero, ci accorgiamo che è proprio una canzone dedicata ai bambini per insegnare loro la storia di Noè, scritta da Roberto Grotti. 

Parla delle coppie di animali che Noè porta con sé sull’arca e di quello che è accaduto dopo. 

Mio figlio Giacomo mi ha detto, dopo averla ascoltata: “Mamma, Noè ha dimenticato di portarli con sé e infatti i liocorni oggi non esistono!”. 

Mi ha fatto riflettere e sorridere. 

Cosa dice a noi questa storia? Come possiamo spiegarla ai nostri figli? Dio decide di sterminare tutto: una decisione drastica. Ha creato tutto con fatica e ora distrugge. È vero, può sembrare un Dio molto duro ma la bella notizia è che Noè è un uomo giusto che cammina con Dio e ha la possibilità di salvarsi, può salvare sé stesso e la sua famiglia costruendo un’arca. 

E Noè si fida di Dio, si fa guidare da Lui e inizia a costruirla. Crede alla promessa che gli è stata fatta, tranquillizza sua moglie, i suoi figli: “La tempesta finirà e tornerà il sereno, Dio ci proteggerà”. Possiamo spiegare ai nostri figli che quest’arca è innanzitutto simbolo della famiglia, loro possono sentirsi al sicuro. 

Ma deve essere costruita su basi solide, con del materiale di pregevole fattura perché deve resistere alle intemperie. E allora pensiamo ancora più in grande, quest’arca è la Chiesa, la nostra arca di salvezza.

Leggi anche: Trasmettere la fede ai figli: come parlare loro della Creazione? (puntofamiglia.net)

Mentre Noè, sua moglie, i loro figli con le loro mogli, le coppie di animali, erano su quell’arca, piovve per quaranta giorni e quaranta notti, quaranta come gli anni dell’esodo del popolo d’Israele, come il numero di giorni trascorsi da Gesù nel deserto, un numero ricorrente sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. 

Questo numero santo ci parla di una strada da percorrere, un’attesa, un combattimento che può essere duro e faticoso, ma che – se muniti delle armi della preghiera, della penitenza e della carità – porta dritti alla fine di quel diluvio. 

In tutte le prove della nostra vita dobbiamo essere certi di questo: se rimaniamo aggrappati a Dio, Lui ci darà una chiave di lettura “illuminata” sulla storia che stiamo vivendo, una chiave di lettura piena di speranza e la speranza non delude. Sarà per noi un memoriale da cui ripartire ogni volta che attraversiamo un momento di difficoltà, anche quando non capiamo il senso della storia che stiamo vivendo. 

Lavoriamo ogni giorno con Lui alla costruzione di quest’arca di salvezza

La quaresima dura 40 giorni e al termine di questi, festeggiamo la Pasqua. 

Durante la veglia di Pasqua celebriamo i battesimi dei nuovi figli di Dio. 

Noè liberò per due volte una colomba nell’aria e quando questa tornò con un ramoscello di ulivo lui e la sua famiglia capirono davvero di essere salvi. 

Il diluvio è simbolo del battesimo, la colomba e il ramo d’ulivo sono i simboli della Pasqua, sacramenti importantissimi per la nostra vita cristiana. 

Oltre a spiegare ai nostri figli tutti questi segni importantissimi, ricordiamo loro che quest’arca è la loro famiglia, la Chiesa tutta ma soprattutto sta a noi mostrare loro con segni concreti che ci fidiamo di Dio, come ha fatto Noè. 

L’esempio è fondamentale e loro ci osservano. I diluvi faranno paura ma un pochino meno perché sapranno di non essere soli.




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