LUTTO PRE-NATALE

Offesa sui social dopo aborto spontaneo: “Era già un figlio solo nella tua fantasia”

Feto, aborto

Qualche giorno fa sono stata insultata sui social. Il motivo? Ho perso un figlio di 14 settimane in grembo, l’ho partorito morto e un notaio si è permesso di commentare: “quel feto era un figlio solo nella tua fantasia, si è figli solo dopo la nascita”. Mi sono rivolta ad un avvocato: quell’insulto meritava delle scuse ad ogni costo. Poi, però, ho pensato di rivolgermi direttamente a mio figlio…

Caro Emanuele, 

ieri ho ascoltato una conversazione tra due persone. Una donna incinta sorrideva ad un signore, raccontava di essere ormai vicina al parto. Mancavano, infatti, tre mesi alla data presunta.

Rideva, pensando alla fatica che la attendeva, alle nottate insonni. Però era felice. Felice di quell’attesa carica di senso. Orgogliosa del suo pancione sempre più evidente, anche se forse a volte già troppo pesante.

In quel momento ho pensato a te. A te che saresti dovuto venire a scombinare le nostre giornate e, sì, anche le nostre notti. 

Ho pensato a tutti i progetti che avevamo fatto, ho pensato al tuo fratellino e alla tua sorellina, che si stavano preparando a diventare i tuoi angeli custodi.

Poi ho toccato il mio grembo. 

È freddo da quando non è più abitato da te.

Ci manchi. Ci manchi ogni volta che vediamo un pancione o sentiamo un vagito, ci manchi davanti ad ogni carrozzina

Quando penso alla tua morte, però, prego e avverto che tutto questo ha un senso. So che ci sei. Che siamo nati per il Cielo e lì ci attendi. 

Ci sono momenti, però, in cui il dolore si fa presente con forza. È successo in questi giorni, quando mi sono trovata a doverti difendere. 

Oggi è stata una giornata molto difficile: sono stata in bilico per una scelta importante.

Dovevo decidere se presentare o meno, tramite un avvocato, una diffida ad una persona che mi ha dato della “matta”. Matta perché, a suo dire, i figli sono tali solo dopo la nascita. Pertanto, tu, che non sei venuto al mondo vivo, non saresti mai stato un figlio, se non esclusivamente “nei tuoi sogni – ha detto – nella tua fantasia”. 

“La poesia lenisce il dolore, ma non cambia la realtà”, ha sentenziato con la verità in tasca quell’uomo, notaio di professione e, a quanto pare, ancorato freddamente alle sue povere certezze giuridiche in tutto ciò che riguarda la vita

Per lui, la realtà è questa: un figlio lo genera un atto notarile, non l’amore tra un padre e una madre

Non eri carne della nostra carne, ossa delle nostre ossa. Non eri nulla, almeno non finché lui, o chi per lui, non avesse scritto il tuo nome con l’inchiostro su un foglio di carta.

Leggi anche: “Mio figlio, oggi, è più vivo di prima”: così la mamma del beato Carlo Acutis (puntofamiglia.net)

Eh no, io non volevo starci a questa menzogna: nessuno ha il diritto di dire che tu non sei mio figlio. Sei stato generato da un padre e da una madre – non dalla legge – sei stato atteso, amato, partorito e pianto. 

Solo i figli si partoriscono, o no? 

Ho meditato e pregato tutto il giorno. Per il mio avvocato c’erano gli estremi per procedere secondo vie legali. 

Ho chiesto consigli. Era più giusto lasciar stare, essere superiore, o difendere la tua dignità, arrivando a questo punto?

Quell’uomo ti aveva offeso pubblicamente e con arroganza, accidenti! 

All’inizio era entrato sul discorso aborto a gamba tesa, parlando però in modo generico. Aveva scritto sotto ad un post – visionato da migliaia di persone – della scrittrice Costanza Miriano, che non c’è nessun figlio finché la legge non lo definisce tale, ovvero dopo la nascita (parlando giuridicamente di “atto di filiazione”).

E quando ho risposto che per me tu eri già un figlio, anche se sei morto per un aborto spontaneo, mi sono vista accusare di essere visionaria, di alterare la realtà, nonché di non conoscere la lingua italiana. Ha persino aggiunto di trovarmi “confusa”.

Avrei voluto procedere per vie legali perché sembrava essere quella l’unica lingua che il nostro azzeccagarbugli conosceva e poi anche perché l’avvocato, prendendo a cuore il mio caso, mi avrebbe aiutata in amicizia. 

Avrei voluto pretendere le scuse di quell’uomo. Le avrei potute pretendere per legge!

Sarebbe stata la prima volta nella mia vita in cui avrei intrapreso azioni legali per qualcosa. Aveva toccato con superficialità un tasto troppo dolente, in modo assolutamente inappropriato. 

Per lui sarai solo un feto, materiale organico di poco conto. Beh, doveva sapere che non è stato così per noi. 

Anzi, a dira tutta, hai vissuto una sola esperienza nella tua vita: quella di essere figlio. Di stare a stretto contatto con la tua mamma, cuore a cuore, condividendo lo stesso sangue, lo stesso ossigeno. Che ne sa lui del tuo singhiozzo, che mi faceva il solletico, delle nausee che mi distruggevano, ma mi ricordavano la tua presenza? Che ne sa lui delle visite infinite, delle corse al pronto soccorso, della paura di perderti ogni santo giorno e del dolore, dopo averti visto esamine su quel monitor?

“Non c’è battito”, mi hanno detto. E in quel momento si è fermato il mio di cuore. Sì, perché battevano insieme. E ora nulla aveva più senso, nulla aveva più colore, se il tuo non batteva più. 

Volevo solo riaverti. 

No, non meriti che ti venga negato anche questo, la tua identità di figlio, l’unica che ti sia stata concesso di avere.

Avevo il diritto di ricevere quelle scuse – anche pubbliche – per i termini, le espressioni, i modi, l’arroganza con cui si è posto.

Eppure, rincorrere delle scuse insincere non mi avrebbe dato pace, rispondere con i codici a qualcosa che non si può né descrivere né insegnare con la forza, non mi avrebbe fatto stare meglio. Non quanto raccontare come sto facendo ora ciò che si prova ad avere per sempre un figlio mai nato. 

Il mondo deve sapere cosa significa essere madri orfane dei propri figli, ancor prima di averli potuti abbracciare almeno una volta. 

Per questo, prego per quel notaio (che sicuramente non capirebbe nemmeno con una diffida…) e intanto racconto di te a più persone possibili. 

Non me ne faccio molto della giustizia terrena. Ho capito che mi basta la consolazione del Cielo. 

Tutti però devono sapere che quell’uomo si sbaglia. 

Sei stato, sei, e sempre sarai nostro FIGLIO.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.