Quaresima in famiglia

27 Marzo 2017

27 Marzo 2017

L’ora settima

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4,43-54)
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Il commento

Signore, scendi prima che il mio bambino muoia” (4,49). L’anonimo funzionario del re chiede a Gesù di venire di persona e con la massima urgenza. Queste parole manifestano una sincera fiducia ma siamo ancora lontani dalla fede. La fiducia è solo il primo passo di un cammino che conduce l’uomo, attraverso molteplici eventi e scelte, ad entrare nella piena amicizia con il Signore. In questo brano l’evangelista Giovanni vuole appunto mostrare il cammino della fede e i passi necessari da compiere. Nella fase iniziale del dialogo, il funzionario chiede a Gesù di intervenire personalmente. Il Rabbi ascolta e sembra accogliere la domanda fiduciosa e disperata di questo padre ma … non va con lui! Non risponde alle sue attese, anzi mette alla prova la sua incipiente fiducia. Lo rimanda a casa con una promessa che, a conti fatti, potrebbe apparire troppo comoda: “Va’, tuo figlio vive” (4,50). È facile dire: “Va’ in pace”, quando in apparenza non si fa nulla per risolvere il problema. Il Signore risponde sempre alle nostre domande ma molto spesso non lo fa secondo le nostre attese. Quel padre si trova dinanzi ad una Parola che lo spiazza. Avrebbe tanti buoni motivi per manifestare il suo risentimento. Ma il volto di Gesù gli ispira fiducia. Non si sente tradito, decide allora di credere a quella parola che annuncia la guarigione del figlio. Si fida della promessa e riprende la via del ritorno senza aver ricevuto alcuna garanzia.

È l’ora settima (4, 52-53), l’ora della fede! Come vi è l’ora decima, l’ora dell’incontro decisivo (Gv 1,39), e l’ora undecima, in cui la chiamata giunge con nuova insistenza (Mt 20,6), così vi è anche l’ora settima. Vi sono situazioni in cui non riusciamo a comprendere dove il Signore ci conduce, cerchiamo la luce ma riceviamo solo piccoli frammenti di verità. Solo la Parola può aprire nuovi sentieri di speranza. Si tratta di una Parola fragile e in apparenza insensata ma … se qualcuno è disposto a fidarsi di questo annuncio, si trova catapultato nella via della vita e della gioia.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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