Opinioni

Scambio o guerra di idee, tu cosa scegli?

scherma

di Michela Giordano, giornalista

Voltaire diceva: “Non condivido la tua idea, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerla”. Nella concretezza delle nostre vite, invece, mi sono resa conto che è molto più facile che accada il contrario e che, nel confronto di idee, si tenda ad allontanare chi non la pensa come noi fino a lapidarlo di parole violente. Attenzione: la verità, spesso, sta nel mezzo.

Da bambina, a casa di mia nonna, frugando in un cassetto alla ricerca delle “nostre” amate caramelle all’anice, trovai un oggetto che mi affascinò per anni. Era una penna nera, souvenir da Venezia. All’estremità opposta all’impugnatura c’era una gondola che assecondava il movimento della mano: su e giù, lentamente, come in un infinitesimale pezzo di laguna racchiuso in un cilindretto. Trascorrevo ore ad inclinare quella penna, affascinata dalla storia di una città “con le strade fatte di acqua”, immaginando favole di pirati e principesse, slanci amorosi e combattimenti epici.

Me la regalò, quella penna, mia nonna e devo averla da qualche parte, negli scatoloni pieni di “oggettistica varia” che mi strascino, senza mai svuotarli, di trasloco in trasloco. Ci ho ripensato ieri, alla gondola senza meta rinchiusa in quel souvenir veneziano, perché la bolla d’aria che la sospinge è stata la prima immagine a cui ho pensato per descrivere la sensazione che mi ha accompagnata nel corso di un vivace scambio di idee con una conoscente. L’argomento non era di quelli destinati a sconvolgere il destino dell’umanità, eppure io, infastidita dall’opinione del mio interlocutore, diametralmente opposta alla mia, ho avvertito una sorta di “gondola” che, dallo stomaco, risaliva fino alla testa, facendomi fibrillare. Niente a che vedere con la sensazione di rilassatezza di quando ero bambina. Tutt’altro. Mi sono resa conto di essere in preda all’ira.

Rispettare il pensiero di ciascuno e battersi per la libertà di espressione. Facile, sulla carta. In linea teorica, tutti, io per prima, facciamo propria l’espressione (erroneamente attribuita a Voltaire): “Non condivido la tua idea, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerla”. Nella concretezza delle nostre vite affannate e frenetiche, invece, mi sono resa conto che è molto più facile che accada il contrario e che, nel confronto di idee, si tenda ad allontanare chi non la pensa come noi, arrivando a censurare, con la ghigliottina del silenzio o del disinteresse, “l’altro da me”.

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Non serve addentrarsi nei massimi sistemi, per comprendere quanto sia facile mettere in moto quella “gondola”. Si comincia dai piccoli temi: la squadra di calcio, il regalo alle maestre, il posto auto condominiale; poi, lentamente, la “bolla” si estende e spinge le nostre discussioni sulle elezioni, il partito politico di riferimento, i vari Dpcm anti pandemia e, così, senza accorgercene, siamo in guerra, verbale, un contro l’altro. Per non parlare dei “social”, un vero sfogatoio di rabbia inespressa, vomitatoio di aggressioni verbali che mettono davvero paura, per la violenza che contengono. Basta poco per superare la linea di confine. Si fa fatica, ad ascoltare l’altro, ancora di più quando egli è portatore di storie, convinzioni, teorie del tutto diverse dalle proprie, ma è proprio in quel momento che deve vincere la libertà di espressione, anche se essa darà spazio a dichiarazioni stupide e volgari. C’è un solo limite a questo diritto che, negli Usa, è sancito dal primo emendamento: la violenza. Va sanzionato, chi “arma” le parole, ma, paradossalmente, è necessario che esse vengano pronunciate, per diventare un reato. Non può essere ammonito un comportamento illecito, se esso resta un pensiero non espresso.

Impariamo a rispettare il pensiero altrui. Contrastiamolo, laddove sia da noi individuato come “sbagliato”, ma non impediamo che venga espresso e, soprattutto, lasciamo da parte la “gondola”: si può, anzi, si deve discutere, ma senza parole armate. A volte, la verità sta nel mezzo.




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