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Quale idea di persona dietro la “politica dei vaccini”?

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di Vito Rizzo, giurista

Le parole pronunciate da Letizia Moratti in queste settimane riguardo ai vaccini, sono chiare, ma nettamente in contrasto con quelle di papa Francesco.

Ha fatto molto discutere in queste settimane la infelice richiesta dell’Assessore al Welfare della Regione Lombardia sulle priorità da inserire nella somministrazione dei vaccini anti-Covid. Quanto sono lontane le parole di Letizia Moratti rispetto a quelle pronunciate da papa Francesco a Natale. La visione che antepone la dimensione funzionale a quella dell’uomo visto come fratello. Senza mezzi termini è questo ciò su cui siamo chiamati a riflettere. 

I commenti, le precisazioni, i dietrofront, il detto e non detto, sono espressione di tatticismi, di un velato politically correct. Il valore delle parole e il cuore che le muove è bene invece che sia chiaro a tutti: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,37). Quale visione dell’uomo c’è dietro una dimensione funzionalista della comunità, della politica, delle priorità? È questo quello che emerge dalle parole dell’esponente politica lombarda, già Ministro dell’Istruzione e Sindaco di Milano.

Dopo il clamore mediatico sollevato dalle sue parole, la lettera ufficiale inviata da Letizia Moratti al commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, lo scorso martedì 19 gennaio non parla più di “valore del PIL”, il Prodotto Interno Lordo, tra i criteri per decidere i tempi di consegna dei vaccini contro il coronavirus alle Regioni. Un intendimento condiviso una decina di giorni prima con i gruppi consiliari regionali e reso noto attraverso le agenzie di stampa. Pioggia di smentite ufficiali, di critiche aspre, ma questa idea nella testa dell’Assessora è rimasta. Nella richiesta avanzata dalla Regione si parla infatti di “dinamismo economico della Lombardia, che deve essere preservato in quanto motore trainante del Paese”.

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Nella Fratelli Tutti al n.188, papa Francesco ha voluto mettere in guardia proprio i politici da una visione così riduttiva: «I politici sono chiamati a prendersi cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone […] in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”». Torniamo sempre lì, alla cultura dello scarto. La cultura che vuole condizionare le scelte politiche stabilendo quali vite siano più o meno degne di essere vissute. «Tutto è connesso» ci dice sempre papa Francesco nella Laudato si. Accettare la logica funzionalista, produttiva, significa creare una breccia nel muro evangelico che si contrappone alla cultura dello scarto, di chi ritiene sacrificabile un bambino non ancora nato, un anziano, un disabile, rispetto a scelte individuali, a “diritti civili” sempre più lontani dal reale rispetto dei “diritti umani”.

Era ancora calda la mangiatoia in cui ciascuno aveva idealmente riposto il bambino Gesù, quando il 25 dicembre papa Francesco nella benedizione Urbi et Orbi, ha messo in guardia proprio da queste derive di cui la Moratti si è fatta autorevole interprete: «In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità»; non possiamo lasciare che «il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle». Francesco pensa ai Paesi poveri, ma ciascuno di noi può pensare alle logiche anche interne agli Stati che intendono creare distinzioni sull’importanza tra cittadini del Nord, del Centro o del Sud, tra lavoratori e disoccupati, tra professionisti, manager, imprenditori e anziani, disabili e poveri, (beninteso, sacrificando questi ultimi). 

Il Papa è stato chiaro: «Non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. Chiedo a tutti: ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta». Gli indici che propone Papa Francesco, che propone il Vangelo, sarebbero altri: «Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!». Questo, e solo questo, è l’unico criterio umano che si può rivendicare di fronte alle scelte della politica. Da cristiani facciamone tesoro.




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