“Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?” (18,12). È conosciuta come la parabola della “pecorella smarrita”. In realtà il vero e unico protagonista della parabola è il pastore. Il verbo greco [planáō] significa sviare, deviare ed è posto al passivo e quindi fa pensare a un intervento esterno a qualcuno, a qualcosa che può aver condizionato le scelte fino a determinare un abbandono della comunità. Sta di fatto che questa pecora si è smarrita. Il Vangelo non si limita a registrare una situazione né si preoccupa di precisare quali sono i motivi che hanno determinato l’abbandono. La parabola del seminatore (Mt 13, 3-9) pone l’accento sulle diverse cause che impediscono alla Parola di mettere radici e portare frutto. In questo caso, invece, tutta l’attenzione è dedicata al pastore, icona della comunità ecclesiale. Emerge l’immagine di una Chiesa che non si rassegna e non abbandona nessuno al suo destino. Anzi, compie ogni sforzo per ridare a chi si è smarrito la possibilità di ritrovare la via e di ritornare nel gregge di Cristo. Una Chiesa sospinta dalla misericordia che si mette in cammino e accetta la fatica del viaggio. Una Chiesa che non se ne sta ferma, stanca e delusa, ma è pronta ad affrontare i rischi per ritrovare anche una sola pecora.

Nel giorno della sua professione verginale Teresa di Lisieux presenta questa preghiera: “Gesù, fa’ che io salvi molte anime, oggi non ce ne sia una sola di dannata e tutte le anime del Purgatorio siano salvate” (Pr 2). La giovane carmelitana offre la sua vita perché nessuno si perda e chiede al suo Gesù di manifestare una particolare misericordia nel giorno in cui sigilla il patto nuziale con Lui. Oggi chiediamo la grazia che questo ardente desiderio, che colma il cuore della Santa Patrona delle missioni, sia la luce che illumini anche la vita di tutta la Chiesa e in particolare di coloro che hanno la responsabilità di guidare il popolo di Dio.