DIGNITÀ DELLA VITA

Ragazza in sedie a rotelle grida alla Madonna: “Non la voglio questa vita!”. E Maria le dà una vita nuova

Si avvicina la Giornata Nazionale della Vita, che si celebra il 5 febbraio 2023. Come parlarne? Il mio consiglio è raccontare storie. Ad esempio, una volta ho ascoltato la testimonianza di una donna finita in carrozzina a diciotto anni. Si è buttata ai piedi della Madonna dicendo che non voleva la sua vita. Maria l’ha ascoltata: oggi è una persona felice, pur nella disabilità.

Qualche anno fa sono stata chiamata a Bologna, in occasione della Giornata della Vita, per parlare ai giovani a partire dai miei romanzi. Mi avevano chiesto di mostrare in particolare l’importanza di non sprecare la vita. In quell’occasione, però, ricevetti molto di più di quello che portai.

Ascoltai, ad esempio, la storia di una donna finita in carrozzina che, dopo un periodo di ribellione e di angoscia, durante un ritiro, si era appoggiata con le mani ad una statua della Madonna e aveva gridato con tutte le sue forze: “Perché a me? Ho solo 18 anni, ero una rosa bellissima, ora sono appassita, che senso ha la mia vita così? Non la voglio questa vita!

A poco a poco, dopo questo grido disperato, il Signore le ha dato dei segni. E lei ha capito non solo che non era affatto appassita, ma che profumava anche di più, adesso. 

Ora questa donna è anziana e ancora in carrozzina, ma trasuda una gioia che in poche altre persone ho visto. 

È diventata la presidente di una associazione che aiuta i disabili e afferma che ha imparato ad amare molto di più in quella condizione, rispetto a prima, quando la vita la teneva per sé e il suo unico pensiero era affermarsi ed avere successo.

Fui commossa anche dal racconto di una donna che scoprì una grave malattia mentre si trovava in viaggio di nozze. 

Si sentiva in colpa verso il marito, che avrebbe dovuto accudirla. Non avrebbero avuto un matrimonio “normale” e pensava di avergli rovinato la vita.

Lui, però, che l’amava davvero – di quell’amore che resta e anzi cresce nella cattiva sorte – la rassicurò che non era cambiato nulla e che era pronto a starle vicino. Che non l’aveva sposata per la sua salute, ma perché era la persona più bella che avesse mai incontrato e voleva proteggerla con tutto sé stesso.

Così fu. Restarono insieme e sperimentarono davvero la gioia dell’amore, pur nella fatica. Testimoniarono a tanti che nella debolezza della nostra carne è presente Cristo in persona. E che non è la mancanza di salute il problema più grave che può esserci tra due sposi… 

Leggi anche: In uscita “Unplanned” il film sull’aborto che ha registrato un enorme successo di pubblico negli USA… (puntofamiglia.net)

Poi, proiettarono un film, che non conoscevo: October Baby (di Jon e Andrew Erwin, 2011)

Si tratta di un film molto delicato, tratto (in parte) da una storia vera, sul tema dell’aborto. Parla di una ragazza, Hannah, che sopravvive a un’interruzione di gravidanza (perché i medici sbagliano l’intervento) e viene data in adozione. A 16 anni, la ragazza viene a sapere la verità, trova la madre biologica, che però la allontana. Ha un buon lavoro e una famiglia, adesso: non vuole essere “disturbata dal suo passato”. Soltanto dopo varie vicissitudini, di fronte al perdono della figlia, la donna farà pace con la sua storia.

Siamo di fronte a una storia di riconciliazione, non di condanna. Hannah capisce infatti che l’unico modo per vincere il rancore e lo sgomento è il perdono.

La grandezza del film sta nel presentare i fatti con rispetto, nella loro verità e drammaticità, senza però giudicare nessuno.

Colpisce in particolare un’intervista all’attrice che interpreta la mamma biologica, la quale afferma: “Mi è stato chiesto di svolgere questa parte senza che nessuno sapesse il mio passato, visto che lo avevo nascosto a tutti, perfino a me stessa: io avevo praticato un aborto e recitare questa parte, in questo film, mi ha portato a fare i conti con me stessa. Mi ha portato a chiedere perdono a Dio per qualcosa che avevo rimosso, ma dentro faceva ancora male. E finalmente ho sentito quel perdono, ho trovato pace”.

Proviamo a parlare di amore e di rispetto per la vita – in ogni stadio e condizione – a partire da storie e testimonianze. 

I discorsi passano, i racconti che ci segnano restano. Sono passati anni da quando mi chiamarono a Bologna, tre per la precisione, eppure queste testimonianze sono vivide nei miei ricordi e mi donano speranza ogni volta che ci penso. Quando mi dicono che la vita vale la pena solo se c’è la salute, penso a quella donna che si è gettata ai piedi della Madonna …o a quella moglie che ha trovato l’amore di Dio in suo marito. E mi dico che no, la vita vale sempre la pena di essere vissuta. E se mi dicono che l’aborto non lascia ferite, ripenso alle lacrime – non nel film, ma nel fuori onda – di quella attrice: perché nel grembo materno c’è già vita e la nostra coscienza lo sa, anche se proviamo a negarlo, anche se proviamo, come ha fatto lei, a dimenticarlo.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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