FIGLI IN CIELO

Funerale di un figlio mai nato: la mamma racconta i miracoli operati dal Signore

statua angelo

Oggi l’ultima parte di una testimonianza sul funerale di un bimbo mai nato. La mamma: “Per tanti è stato solo un feto di nove settimane. Per la legge era materiale organico. Per noi, però, era già una vita preziosa”.  È difficile accettare la sofferenza e la morte, però questa madre racconta due miracoli legati alla perdita di suo figlio che l’hanno rassicurata della presenza di Dio.

Il Signore dice, per bocca di Isaia:

Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie – oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Ammetto che non accetto facilmente vie diverse dalle mie. Fatico a tollerare gli imprevisti. Però quel giorno, dopo aver subito l’intervento che portava via mio figlio per sempre (si era infatti verificato un aborto spontaneo), non ho fatto un lamento. Questo è stato il miracolo più grande che sia mai successo nella mia vita: sono riuscita ad accettare, di fronte alla morte di un figlio, che la Sapienza di Dio superasse la mia.

Quel pomeriggio, mentre ero ancora ricoverata, ho ricominciato a leggere il diario di santa Faustina che avevo voluto portare con me. Mi trovavo proprio in un punto in cui lei raccontava di trovarsi sola in ospedale, malata: nessuno andava a visitarla.

Nemmeno io potevo ricevere visite per colpa delle restrizioni del covid. Gesù, però, le aveva fatto capire – e ora lo stava facendo capire a me – che aveva permesso quella solitudine perché lei si stringesse di più a Lui. Anche per me era così: Dio era il mio tutto, lo sentivo ancora più vicino, in quel dolore. 

Quando ormai stavano per dimettermi, un’infermiera è venuta in stanza da me e mi ha domandato: “Sai quando verranno le pompe funebri? Perché il bambino è ancora qui”.

Era la prima volta che lo sentivo chiamare così da qualcuno del personale; ho risposto che stavano provvedendo, sarebbero passati l’indomani mattina.

Ho fatto l’ultima visita di controllo, poi mi hanno detto che potevo andare via. Fuori c’era mio marito ad aspettarmi. 

“Vedrai che la prossima volta andrà meglio”; “Sei giovane, hai tanto tempo per riprovarci”; “Se vuoi riprovarci, puoi farlo senza problemi”; “Stavolta è andata male, ma hai già due figli stupendi…”.

Sono state alcune delle frasi che mi hanno detto i medici per consolarmi. Però, qualcosa non mi quadrava: in che senso sarebbe dovuto andare meglio la prossima volta

Se Dio aveva voluto chiamare alla vita mio figlio, lo aveva desiderato anche prima di noi, lo aveva accolto con sé, potevamo davvero dire che qualcosa fosse andato male

Intendiamoci: perdere un figlio è un dolore immenso, ma il nostro bambino non è stato un fallimento. Dio crea per l’eternità. 

Usciti dall’ospedale abbiamo iniziato a occuparci della sepoltura di Andrea (così lo abbiamo chiamato). A tratti, provavo molta tristezza, sapevo che da sola era troppo dura. Così, il pomeriggio dopo l’operazione, sebbene non fossi affatto in forma, siamo andati a Messa: era la festa della Santissima Trinità. Avevo bisogno di stare ai piedi della croce (cosa che facciamo durante ogni consacrazione), e di comunicarmi, per trovare pace profonda nella mia croce. Qui avviene l’altro miracolo: dopo la morte di mio figlio, per settimane, durante ogni Messa, ho sentito una consolazione grandissima

Un mio amico buddhista, pochi giorni dopo la perdita di Andrea, mi ha detto: “Io non capisco cosa significhi che Cristo è morto per noi. Mi sembra una cosa astratta…”.

La morte di Gesù non è affatto qualcosa di astratto, io lo stavo sperimentando. Gesù che muore e risorge per noi “converte” in modo concreto il dolore in gioia, il lutto in speranza, una violenza in strumento per generare il bene, un seme che muore in una pianta rigogliosa.

Non possiamo scegliere se soffrire o no: il dolore fa parte della vita. Ma possiamo scegliere se soffrire da soli o con Gesù. Ed è tutta un’altra cosa.

Il funerale era stato fissato per sabato 13 giugno: giorno in cui ricorre l’anniversario della nascita in Cielo di Chiara Corbella. Che coincidenza. O forse no. Avevo sentito Chiara vicina dall’inizio di tutta quella storia. Da quando avevo saputo che mio figlio non c’era più e dovevo passare per pazza, chiedendo un funerale per “del materiale organico”.

Leggi anche: Un feto di nove settimane merita un funerale? La vicenda di Andrea – Punto Famiglia

Quella mattina mi sono svegliata presto. Desideravo prepararmi con molta calma alla giornata che mi aspettava. Sapevo che vedere la piccola bara di mio figlio, assistere al suo funerale, mi avrebbe scossa, però non immaginavo quanto.

Quando sono arrivata in chiesa, c’erano mia sorella e il suo ragazzo, che provavano i canti per la cerimonia. Al centro della navata, una cassettina bianca meravigliosa, con due angeli incastonati, sopra alla quale gli addetti delle pompe funebri avevano appoggiato un piccolo mazzo di fiori. Dentro c’era proprio mio figlio… “Andrea S.”, c’era scritto.  

Tutto era così vero, così reale: quel bambino era davvero stato dentro di me, era stato con noi; aveva un nome, un cognome, come tutti.  Aveva dei nonni e degli zii, che sarebbero stati presenti alla Messa. 

Aveva un corpo, destinato alla Risurrezione nell’ultimo giorno, proprio come i nostri.

Ed ora proprio lì, nel tabernacolo, davanti a Dio.

“Se fossi rimasto con noi, – gli ho detto – avrei provato a essere la tua mamma per tutta la vita, avrei sbagliato tante volte, lo so, ma ci avrei provato come sto facendo coi tuoi fratelli…”, gli ho detto, scoppiando a piangere.

Qualcuno, leggendo questa storia, potrebbe dire che ho una sensibilità particolare, che non tutti vedono in un feto “un vero e proprio figlio”.

Certo che è una questione di “sensibilità” e certo che non tutti hanno occhi per vedere la sacralità della vita sin dall’inizio. Quando ripenso a quel giorno, al mio dialogo con Andrea e con Dio, ringrazio perché mi sono stati dati questi occhi, questa sensibilità.

Perché l’inganno più grande del nostro secolo è classificare la vita in termini di sviluppo fisico.

Ringrazio per aver potuto rivolgere mente e cuore all’eternità, anche perché altrimenti non sarei stata disposta a lasciarmi sconvolgere così tanto dei piani su mio figlio. 

Giusto pochi giorni prima di scoprire la morte di Andrea, avevo chiesto a Dio un segno: avevo chiesto di vedere chiaramente quanto valesse ai suoi occhi la vita di un bimbo non nato. 

Ha risposto attraverso la vita di nostro figlio. 

Durante quella Messa mi sono sentita piccola, la serva inutile del Vangelo: avevo solo fatto da tramite tra Dio e Andrea. Nella mia piccolezza, però, ero stata necessaria, perché Dio non fa nulla senza la nostra collaborazione: nemmeno generare figli da amare

Non sfama, non perdona, non libera dalle prigioni o dalla guerra se non attraverso le mani operose dei suoi discepoli, che vivono nel mondo. Noi siamo le sue membra. 

Il Vangelo che il sacerdote ha scelto, apposta per quella occasione, è questo:

In quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te”. (Mt 11,25-28)

Finita la Messa, mentre ci recavamo al cimitero pensavo che in tutta quella vicenda (dall’inizio alla fine) Dio mi aveva parlato incessantemente nel cuore, con dolcezza, a bassa voce, eppure senza possibilità di fraintendere. Era stato come la brezza leggera, nella quale lo aveva riconosciuto il profeta Elia. Ci ha rassicurati sin dall’inizio che stava guidando tutto Lui.

La zona del cimitero in cui lo abbiamo riposto è la stessa in cui si trova mamma (e anche l’unica in cui era possibile riporre un feto, per le disposizioni comunali…).

Spesso avevo pensato a mamma in quei giorni in cui la morte era tornata a farmi visita, spesso avevo pensato che il nostro bimbo fosse il primo nipote che poteva stringere a sé nella vita senza fine.

Una mia amica, la mattina prima dell’operazione, mi aveva scritto proprio questo: “So che è un giorno triste, ma pensa che il tuo bambino ora è tra le braccia di tua madre, e lei gli sta raccontando di voi…”.

In salotto ho una fotografia: io sono molto piccola, forse ho un anno e rido, in braccio a mamma, mentre lei mi guarda con una dolcezza indescrivibile. 

Mi piace pensare che ora, tra le braccia di mia madre, ci sia proprio il nostro piccolo Andrea.

E non è solo un pensiero, ne sono certa… perché, come aveva capito Chiara Corbella, siamo nati e non moriremo mai più.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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