LA FERITA DEL LUTTO

Bambina morta per lo schianto dell’aereo: le ferite più grandi da sanare sono quelle del lutto

statua angelo

“Avrei potuto fare di più”, continua a ripetere il padre di Laura, la bambina di cinque anni deceduta a causa della caduta di un aereo sull’auto in cui viaggiava la piccola. A chi come lui vive il lutto con i sensi di colpa e l’amarezza nel cuore, vorremmo proporre la testimonianza di Maria Letizia, che, “orfana di sua figlia”, è sprofondata nel dolore, ma poi ha trovato conforto in Dio.

Ha colpito molto l’opinione pubblica la vicenda di Laura, bambina di cinque anni residente a san Francesco al Campo (Torino) rimasta uccisa in un incidente, quando un aereo che doveva esibirsi per le Frecce Tricolori, durante le prove di sabato 16 settembre, ha perso quota (forse per lo scontro con uno stormo di uccelli, anche se le cause esatte sono da chiarire) e si è schiantato contro un’auto. 

A bordo della macchina colpita, che in quel momento transitava per la strada, una famiglia: padre, madre, un ragazzino di dodici anni e poi la piccola, che i genitori, rimasti ustionati ma coscienti, non sono riusciti a slegare dal seggiolino e ad estrarre.

Il pilota dell’aereo è riuscito a salvarsi uscendo dall’abitacolo e lanciandosi con un paracadute, ma purtroppo il mezzo, fuori da ogni controllo, è finito sull’auto, prendendo fuoco.  

Il velivolo è precipitato vicino all’aeroporto di Torino Caselle, a nord di Torino. L’MB-339 era in formazione per una fase di test per l’esibizione prevista per il giorno successivo. L’evento è stato annullato a causa della tragedia.

“Ho un problema al motore”: il pilota avrebbe comunicato questo al suo capo squadra, durante il volo. Il maggiore avrebbe riferito, allora, che doveva sganciarsi dalla formazione. In seguito, ha perso il controllo del velivolo e ha azionato il dispositivo di eiezione dalla cabina.

Sono in corso gli accertamenti che, come capirete, sono complessi, lunghi. In questo momento non si può dire molto, stiamo facendo ancora tutti i rilievi. Le forze dell’ordine sono tutte intervenute. Bisogna ancora raccogliere vari pezzi dell’aereo e i reperti dell’auto. Al momento non si può dire molto altro, è tutto in corso di accertamento”, ha chiarito la Pm Gabriella Viglione, che indaga sulla vicenda. 

Il fratello maggiore di Laura ha riportato ustioni sul 15% del suo corpo, ma le sue condizioni generali sono buone, come quelle dei genitori. Tuttavia – è più che comprensibile – questa famiglia è distrutta dal dolore per la perdita della piccola. 

Il papà sente forti, dentro di sé, i sensi di colpa: “Avrei potuto fare di più”, ripete, pensando che non è riuscito a liberarla dall’abitacolo. 

Mentre leggevo dell’agonia di quest’uomo, ripensavo alla storia di Maria Letizia, mamma di una giovane testimone della fede umbra, Marianna Boccolini, morta in un incidente stradale nel 2010.

Era estate, la figlia, diciottenne, era uscita per andare ad una festa con i go-kart, insieme agli amici, ma quella sera d’agosto non sarebbe più tornata a casa, morendo mentre viaggiava in auto, a seguito di uno schianto contro un pilone, sulla strada di ritorno.

Leggi anche: La luce della fede illumina la notte più oscura. La morte di Zelia (puntofamiglia.net)

Quante volte la mamma si è detta: “Avrei potuto chiederle di stare a casa con me, quella sera, non le sarebbe successo nulla”.

I rimpianti assalgono i genitori come dei tarli, perché si sentono chiamati a proteggere i figli, a dare la vita per loro. E così, se non ci riescono, rischiano di trascorrere anni, se non il resto della vita, nei sensi di colpa, anche se nessuno avrebbe potuto prevedere o fare di più. Un genitore che ama, si chiede sempre dove ha sbagliato, anche se forse non ha sbagliato nulla.

Il fatto è che la vita non è nostra, non possiamo prevenire ogni cosa, siamo mortali e non possiamo salvare i nostri figli da tutto.

Maria Letizia ha trovato conforto pensando che Dio è autore della vita, che solo lui può sconfiggere la morte e che, per quanto assurdo e impensabile possa essere pensare che un figlio muoia in questo modo, il Signore, seguendo dei piani imperscrutabili, può anche chiamarli a sé.

Questa mamma distrutta dal dolore a ha preso come modello Maria Addolorata. Si è affidata a lei, che sotto alla croce stava

Trafitta, insieme al figlio, dolorante, con un cuore che esplodeva di dolore, ma stava. E mentre stava, continuava ad amare. 

Solo accompagnando il figlio fino al sepolcro, con fede, la Madonna l’ha potuto poi vedere risorto. 

Anche Maria Letizia, in questi anni, ha potuto vedere tanti segni della presenza viva e reale di sua figlia e con la sua testimonianza dona speranza a molti genitori “orfani dei propri figli” come lei.

A quanti sperimentano un’angoscia viscerale, a quanti non riescono a trovare motivi per andare avanti, a quanti vivono di rimorsi e rimpianti per non aver fatto di più; a quanti sentono un vuoto incolmabile per il lutto provocato dalla morte di un figlio, consigliamo un libro scritto proprio da Maria Letizia Tomassoni assieme al suo padre spirituale: “La ferita del lutto. Uno squarcio di luce” (Tau Editrice, 2023).

Maria Letizia afferma che sua figlia le mancherà per sempre, nella carne, e il resto della vita lo vivrà attendendo l’incontro con lei il Paradiso, eppure, ora che ha incontrato Cristo, sa che si può portare la croce con speranza e letizia, si può sentire ancora presente quel figlio in modo nuovo. 

Il segreto è scegliere di non vivere il dolore da soli ma con il Signore, che è lo stesso Dio dei vivi e dei morti. Lei afferma, infatti, di sentire la figlia più vicina quanto più riesce a stare vicina a Dio.

Vi lasciamo con un passaggio del libro, in cui Maria Letizia parla del suo totale abbandono a Dio e di come Dio la ricompensi per tanta fiducia: 
“Ripetevo in continuazione il nome di Gesù, oppure la preghiera ‘Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatrice’. Le ripetevo in continuazione, credendo che Lui era il solo, insieme alla Madre addolorata, che potesse consolarmi. Avevo questa immensa fiducia e continuavo a ripetere questa preghiera, a volte così povera, e pian piano quell’amarezza del cuore così aspra che mi ripugnava, si è trasformata in una dolcezza sovrumana, una dolcezza che arriva nel profondo dell’anima”. (Da “La ferita del lutto”, p. 51)




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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