FESTA DEL PAPÀ

La Festa del Papà: memoria della gioia (anche in tempo di Quaresima)

La Quaresima volge al termine: ci prepariamo ad entrare nella Settimana Santa. Siamo chiamati a condividere il dolore del Signore, che oggi vive la passione in tanti fratelli e sorelle. Al tempo stesso, come cristiani, dobbiamo testimoniare che l’ultima parola ce l’ha la Vita. Accogliamo la gioia del Signore pur nelle fatiche, come ha fatto san Giuseppe, che oggi invochiamo per tutti i papà del mondo. 

La Festa del Papà di Gesù ci invita a festeggiare ancora e sempre tutti i papà del mondo: san Giuseppe è l’archetipo del buon padre, l’uomo capace di dare la vita per un figlio che è chiamato a crescere in nome di un legame superiore alla biologia: l’amore.

Giuseppe è l’uomo innamorato di Maria e prima ancora di Dio; di conseguenza anche di Gesù. Si fida del progetto del Cielo su di lui e sulla sua famiglia. 

Se dopo duemila anni siamo ancora qui a ricordarci del suo sì, e del buon padre che è stato, vuol dire che la sua fiducia è stata riposta bene.

Fare festa in tempo di Quaresima per qualcuno potrebbe sembrare una dissonanza. In Quaresima non si festeggia, si digiuna. Si soffre e basta. O no?

Alla sottoscritta ogni tanto sorge il dubbio che l’assuefazione alla tristezza sia talmente consolidata da rendere quasi uno sforzo vivere la gioia autentica, in pratica una fatica a cui trovare rimedio. Anche per noi che “abbiamo fatto outing” e ci dichiariamo pubblicamente cattolici.

Non è una critica per nessuno: è complicato darsi motivi di gioia vera in questi tempi sfatti di miseria.

Le crisi, le guerre, i cambiamenti climatici: abbiamo la mente e gli occhi pieni di scene e notizie disperanti, e anche il cuore fa fatica a sostenere il carico.

Siamo stanchi, tremendamente stanchi, di tutta la solitudine che questo comporta. Siamo stanchi delle lotte fratricide, della mancanza di un orizzonte sereno e, in definitiva, a dirla tutta, siamo stanchi della morte.

La morte e la sofferenza ci spaventano molto, bisogna ammetterlo. E sembrano particolarmente azzeccate al tempo di Quaresima. La Passione di Cristo, la Croce, la morte. Restiamo pienamente in tema.

E allora il rischio è che la Quaresima aggiunga banalmente affanno ad affanno, mestizia a mestizia. Pensare a un Dio prossimo alla morte diventa l’occasione perfetta per affermare le nostre croci e magari pure le crisi esistenziali.

È Quaresima, allora possiamo restar tristi a maggior ragione. Non fa una piega.

Chi non ha il dono della fede a quel punto avrebbe il suo bel da fare a cogliere il messaggio di speranza che si nasconde dietro i nostri sguardi tristi, altro che tempo di Grazia.

Leggi anche: Essere padri sui passi di San Giuseppe (puntofamiglia.net)

Eppure, forse la festa di San Giuseppe ci offre un assist perfetto e deciso, in tutt’altra direzione.

Forse uno dei fioretti più azzeccati e trascurati di questi decenni, uno dei più preziosi in questi tempi di stanchezza spirituale anche tra noi cattolici, potrebbe essere la gioia.

Il rischio enorme, infatti, è quello di riempirci la bocca di parole e preghiere, guardando la Pasqua dalla prospettiva del dolore della Croce e basta. Dimenticando la gioia. Eppure, tolta la Gioia di Cristo, abbiamo tolto alla fede il sapore pieno.

Questo nostro Signore è il Dio della Gioia e mica “una gioia qualunque”, quella di un party, di una pizza tra amici, di un bel paio di scarpe nuove. Lui ci vuole dare la gioia piena, non la panacea dai mali terreni a buon mercato.

Se dimentichiamo questo abbiamo reso la venuta di Cristo e la sua croce una onlus che si occupa di derelitti e richieste di miracoli, e pure la Risurrezione tutto sommato serve a poco.

E invece Gesù facendo la volontà del Padre, la stessa che lo porterà fino alla Croce, desidera che la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena.

La Quaresima come preparazione alla morte e Risurrezione di Cristo non ha senso se nel cuore non coltiviamo una spudorata, tenace e deliberata gioia.

Le nostre giornate fatte di beghe e difficoltà generiche sono di una pesantezza indicibile? Benissimo, allora noi recuperiamo in mezzo alle imprese quotidiane il senso della gioia dell’essere figli di Dio, che portano il sorriso e la speranza anche all’ombra della morte.

E dovesse capitarci il giorno del dolore più profondo e incolmabile, in cui parlare di gioia sembrerebbe quasi un insulto? Chiediamola! Chiediamo a Dio il dono della gioia, quel balsamo profondo nel cuore che arriva a consolare ogni ferita, sicuri della sua presenza imbattibile perfino davanti alla morte più svilente e odiosa.

Siamo di Cristo, viviamo al suo fianco la preparazione alla Passione, ma rimaniamo nella gioia.

L’inquilino di sotto ci vuole tristemente disperati, vuole regnare con le sue armi di morte. Sta facendo gli straordinari, un lavoro full time da parecchio tempo, per convincerci che di gioia ormai non ce n’è più motivo.

E allora noi respingiamolo a colpi di piccoli gesti dettati dalla gioia.

Sorrisi, gentilezze, parole di conforto, brontolii trattenuti, piccoli pensieri che ricordino la vita capace di germogliare anche sotto le macerie della distruzione. Semi che porteranno frutto in questo mondo alla disperata ricerca di vita.

Sia questo il nostro fioretto quotidiano, oltre al resto, per il tempo che resta in attesa della Pasqua di nostro Signore.

La tristezza irreversibile lasciamola a quello di sotto.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Lisa Zuccarini

Lisa Zuccarini, classe '83, è una moglie e mamma che ha studiato medicina per poi capire alla fine di essere fatta per la parannanza più che per il camice. Vive col marito e i loro due bambini. Dal 2021 ha scoperto che scrivere le piace, al punto da pubblicare un libro edito da Berica Editrice, "Doc a chi?!", dove racconta la sua vita temeraria di mamma h24 e spiega che dire sì alla vocazione alla famiglia nel ventunesimo secolo si può, ed è anche molto bello.

ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.