ABORTO SPONTANEO

Fabrizia Perrachon su aborto spontaneo: “Lutto invisibile, serve una cultura prenatale”

Abbiamo intervistato Fabrizia Perrachon, moglie, mamma, blogger cattolica. Ci ha raccontato qualcosa sul libro “Se il Chicco di frumento – storia vera di speranza oltre la morte prenatale”, sul tema dell’aborto spontaneo, vissuto da lei stessa e di cui, crede, si parla troppo poco. Infatti, si prova “un misto di vergogna, solitudine, paura di non essere capiti e accuse di esagerare nel soffrire per un bambino non ancora nato”.

Da dove nasce l’idea di questo libro?

Nell’aprile 2012 una prova inaspettata quanto difficile ha bussato alla porta: la perdita del primo figlio all’inizio della gravidanza. Spostati da quasi cinque anni, mio marito ed io avevamo atteso con trepidazione il suo arrivo e quindi la sua chiamata al Cielo ben prima di ogni previsione ci ha lasciati completamente spiazzati dal punto di vista umano e, se non fosse stato per la fede in Dio, anche dal punto di vista spirituale sarebbe stato assai arduo – per non dire quasi impossibile – riuscire a superare quello che definisco il “lutto invisibile”. Nei dodici anni trascorsi tra il fatidico «Non c’è più battito» e oggi sono sempre stata convinta che avrei dovuto fare qualcosa, affinché si parlasse maggiormente di bambini non nati perché è proprio dalle mamme e dalle coppie che ci sono passate che deve avviarsi quella che chiamo la “cultura prenatale” ossia un dialogo aperto, maturo, serio, sincero e consapevole sull’aborto spontaneo, sulle sue conseguenze umane e psicologiche, nonché sul diritto al seppellimento, previsto dal dpc 285/1990, ma quasi completamente sconosciuto e scarsamente applicato; è così che dal Cielo mi è arrivata l’ispirazione di scrivere il libro “Se il Chicco di frumento – storia vera di speranza oltre la morte prenatale”, edito da Tau Editrice, con l’intento di lanciare un sassolino che spero possa essere in grado di smuovere le acque sociali e dare a queste creature, e alle loro famiglie, la dignità che meritano. 

Quali temi possiamo trovare dentro? 

L’aborto spontaneo è qualcosa di cui si parla ancora troppo poco anche se, statistiche alla mano, colpisce una gravidanza su cinque/sei ogni anno, solamente in Italia; è evidente, quindi, che all’alto numero di creaturine non nate non corrispondano sensibilità ed attenzioni tali per far sentire le coppie e le famiglie meno sole, in balia di un evento così drammatico. Un misto di vergogna, solitudine, paura di non essere capiti e accuse di esagerare nel soffrire per un bambino non ancora nato giocano senz’altro un ruolo importante nel silenziatore pubblico, frutto di pesanti condizionamenti sociali perché, in realtà, non c’è niente di più bello e di più nobile che amare il proprio figlio, anche se non ha visto la luce di questo mondo. Insieme a tutto ciò e ad altre riflessioni di fede, il libro contiene anche la testimonianza della Grazia che ho ricevuto per intercessione del Servo di don Silvio Galli, depositata agli atti del processo di beatificazione tutt’ora in corso.

Leggi anche: Donne, vita, aborto: dal Movimento per la Vita un invito a dialogare (puntofamiglia.net)

A chi si rivolge in particolare il libro?

Pur rivolgendosi in particolare a quanti hanno attraversato, o stanno attraversando, l’esperienza dell’aborto spontaneo con questo testo spero di aiutare chiunque a riflettere sul valore della vita e sul fatto che pregare il Signore della Vita significa avere rispetto per qualsiasi creatura, anche di quelle che l’hanno attraversata solamente per poco tempo, nel pancione delle loro mamme. Gesù stesso si è incarnato nel seno di Maria ed è stato per nove mesi dentro di Lei, proprio come ciascuno di noi; nella Sua onnipotenza avrebbe potuto entrare nel mondo già nato invece no, ha voluto vivere la gestazione esattamente come ogni essere umano e questo, secondo me, per rilevarci due grandi verità: che la vita è sacra fin dal primissimo istante del concepimento e che ciascuna creatura porta impresso il Suo sigillo ossia l’anima immortale. Nel Salmo 139 leggiamo: “Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre […] Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra.  Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno”; proprio per questo è importante comprendere che i bambini non nati fanno parte della Comunione dei Santi, dell’economia della salvezza, della Chiesa e della società: non possiamo escluderli né dimenticarli!

Quale messaggio vuole promuovere?

L’aborto spontaneo, umanamente parlando, è una sofferenza grande e a tratti incomprensibile ma, se offerta al Signore, non solo si può superare ma trasformare in un autentico seme di speranza. Parlare di questi bambini, dar loro un nome e poterli seppellire significa non solo offrire un decoro umano che meritano in quanto persone – e non grumi di cellule, come certa propaganda vorrebbe far credere – ma sentirsi in comunione con questi piccoli, creati ad immagine e somiglianza di Dio. Vivere il dolore è giusto e ciascuno di noi necessita di tempi diversi però non dev’essere usato come una trincea dietro la quale barricarsi per sempre: la speranza cristiana, virtù teologale insieme alla fede e alla carità, deve aiutare a risollevarci perché altro non è che l’altra faccia della fiducia in un Padre infinitamente buono che ci sostiene e ci soccorre anche quando tutto sembra buio. L’amore per Gesù, allora, si trasfigurerà nell’amore per il figlio non nato e ci permetterà di arrivare al giorno in cui non Gli domanderemo più perché ce lo ha tolto ma saremo in grado di ringraziarLo per avercelo donato, anche se in maniera diversa da come ci aspettavamo.

Un’idea che i lettori di questa breve intervista possono portare con sé…

La fede, oltre ad essere la medicina più potente quando le tempeste sembrano travolgerci, ci rende capaci di vedere un’altra dimensione, che troppo spesso il mondo tende a occultare: un figlio non nato, in realtà, non è mai completamente perduto perché vive nell’immortalità del Cielo, la stessa a cui anche noi tendiamo. La sua anima è nelle mani di Dio e può fare molto per la sua famiglia perché l’unione nella preghiera supera i confini del tempo e dello spazio; quel bambino non solo “c’è stato”, quel bambino c’è. Ovviamente ha bisogno dei suoi genitori per avere una voce; ecco perché mi piace dire che da sola posso fare poco ma che insieme possiamo fare molto: è necessario il contributo di tutti perché si parli di bambini non nati tanto negli ambienti cattolici quanto nei diversi ambiti sociali. Ci accompagnino in questa missione le parole del Signore: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherei mai”. (Is 49, 15). 

È possibile acquistare il libro nelle librerie fisiche e online, nonché al link: https://www.taueditrice.it/libro/se-il-chicco-di-frumento/




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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