07 settembre 2017

7 Settembre 2017

Per natura incapaci

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 5,1-11)
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Il commento

Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (5,5). Le parole di Simone descrivono efficacemente la realtà, sono l’immagine della condizione umana o di quei passaggi esistenziali in cui, nonostante l’impegno, siamo costretti a riconoscere di non aver raggiunto gli obiettivi sperati. Ci sentiamo stanchi e delusi. Nelle parole di Simone s’intravede solo l’amarezza di chi ha dato tutto senza raccogliere nulla. Teresa di Lisieux invece pensa che proprio questi momenti sono provvidenziali. Scrive così alla sorella Celina: “Gesù è felice che tu senta la tua debolezza. È lui che imprime nella tua anima i sentimenti di sfiducia verso te stessa”. E continua: “Gli apostoli senza Nostro Signore lavorarono per tutta la notte e non presero pesce, ma il loro lavoro era gradito a Gesù. Egli voleva provare loro che solo lui può donarci qualche cosa, voleva che gli apostoli si umiliassero” (LT 140, 26 aprile 1894). La prova è tempo favorevole per accogliere la luce. Chi sperimenta la debolezza, se non è accecato dall’orgoglio più ostinato, volge lo sguardo a Dio. Per questo, come diceva Marthe Robin, “il tempo della prova è il tempo della grazia”.

Per quanto si dia da fare, senza la grazia l’uomo non è capace di raggiungere gli obiettivi sperati, non può realizzare pienamente i desideri del cuore. L’uomo può riempire la vita di piaceri ma non è capace di fabbricare la gioia. Possiamo portare a compimento alcuni progetti, ricevere  applausi e stima dalla gente ma … tutto questo non basta per dare senso e valore alla nostra vita. Possiamo allungare di giorni la vita ma non siamo capaci di riempire di vita i nostri giorni. L’uomo è per sua natura incapace. Solo Dio, per sua grazia, può renderci capaci di rivestire di fecondità la nostra vita. Aveva ragione Sant’Agostino: “Signore, Tu ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto fino a quando non riposa in Te”. Oggi chiediamo la grazia di vivere la prova come un’opportunità, come un invito a gettare la rete altrove …



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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