Accompagnare madre e figlio nel momento della sofferenza

di Anna Pisacane

Claudia incontra il prof. Noia al Policlinico Gemelli di Roma nel 1992. Dopo accurate indagini la diagnosi: “Il bambino non ha i reni, non svilupperà l’apparato urinario, non svilupperà i polmoni”. Claudia è sconcertata. Il prof. Noia inizia la sua consulenza cercando di dissuaderla e accompagnarla, insieme al suo piccolo feto, così come la legge 194 prevede, applicando un fondamento giuridico, e cercando di evitarle la devastante sindrome post aborto, applicando un fondamento medico. Ma Claudia non se la sente di far crescere dentro di lei quel bambino che a poche ore dalla nascita morirà. Lo ritiene un atto superiore alle sue forze. Esce dallo studio e va ad abortire. Nel 2001 Claudia è di nuovo nello studio del prof. Noia. Nove anni prima le era stato proposto l’accompagnamento del suo feto terminale, ma aveva rifiutato e addirittura mal pensato del dottore, perché credeva che attraverso “quella diagnosi prenatale, fatta davvero in chiave terapeutica, volesse solo spingere a non farla abortire. Nove anni dopo, Claudia guarda il dottore e dice: “Lei aveva ragione! Lei mi proponeva e non imponeva l’accompagnamento e l’ha fatto perché lo permetteva la legge, mi ha parlato in modo corretto sul piano scientifico e sul piano umano ma non l’ho capita, perchè avevo dei pregiudizi. Ora sono qui perché sono di nuovo incinta, con lo stesso problema! Lei ha parlato 9 anni fa, adesso parlo io! Sono passati 9 anni per riprendermi da questa esperienza e ancora oggi soffro. Ora sono qui, e questa volta ho deciso che Alice sarà accompagnata fino alla fine dei suoi giorni e darò alla mia bambina tutti i suoi diritti, perché è mia figlia, e non mi interessa  se ha i reni oppure no”. Continua la gravidanza, passano i 9 mesi, la bambina nasce, dopo 6 ore muore. Claudia è preparata, è stata seguita da uno psicoterapeuta che l’ha accompagnata e sostenuta. Dopo un mese, ritorna allo studio con un regalo, una scultura di Ottaviani che si chiama “l’abbraccio”: 2 corpi nudi piegati che al posto della testa hanno 2 mani che si intrecciano e si abbracciano. È un segno di riconoscenza. “Alice mi ha restituito i 9 anni che avevo perduto e mi ha permesso di andare avanti. È così è stato: Claudia e il marito hanno fatto una serie di indagini dalle quali risultava un rischio del 25% che la situazione si ripetesse, ma il Signore li ha aiutati e adesso hanno una bellissima bambina che si chiama Sofia.




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