Lavoro femminile

Conciliazione vita-lavoro per le donne

lavoro

di Ida Gangrande

Festival del Lavoro, sono circa 900mila le madri inattive per l’assenza di politiche a supporto della maternità e della famiglia. I servizi per l’infanzia risultano poco diffusi e troppo costosi. È quanto emerge da un documento prodotto dall'Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro.

Roma – È partita il 30 giugno scorso la settima edizione del Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro e dalla Fondazione studi. Tra gli altri ospiti, la ministra della Pa, Marianna Madia e la direttrice delle Entrate, Rossella Orlandi. Molti gli argomenti approfonditi tra i quali il documento prodotto dall’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro, sulla famiglia e sulla conciliazione vita-lavoro, dal quale emergono spunti interessanti ma anche controversi. Oltre ad annotare la tendenza demografica per la quale ormai una famiglia su tre è composta da una sola persona, il documento riflette sulla condizione delle madri e sulle barriere che trovano alla prosecuzione della loro “normale” vita lavorativa. Se il tasso di occupazione femminile è storicamente basso, infatti, un fattore è: “Il costo del lavoro domestico e per la cura dei figli, svolto gratuitamente dalle madri, che dovrebbe invece essere pagato nel caso la donna decidesse di lavorare. Infatti, le donne che si aspettano di guadagnare uno stipendio più alto delle spese che dovrebbero sostenere per i servizi sostitutivi del lavoro domestico e di cura dei familiari sono potenzialmente più propense a lavorare; viceversa alle madri meno istruite e con minori qualifiche professionali, che hanno un’aspettativa salariale più bassa, non conviene lavorare dal momento che il costo dei servizi sostitutivi rischia di essere più alto del salario che possono guadagnare, a meno di disporre di una rete familiare” in grado di prendersi cura al posto loro dei figli. La proposta che ne deriva non può che essere cercare di: “Ridurre il costo dei servizi di cura per l’infanzia attraverso agevolazioni fiscali e soprattutto con misure più ampie come quelle di welfare aziendale che prevedano la partecipazione ai costi da parte delle imprese, rivolte innanzitutto alle fasce di lavoratori con più bassi livelli d’istruzione e quindi di reddito“. Dai dati diffusi però risulta che delle 900 mila madri che sono inattive perché devono prendersi cura dei figli o di persone non autosufficienti: “Solo il 21% dichiara che non ha cercato lavoro perché nella zona in cui vive i servizi di supporto alla famiglia, compresi quelli a pagamento (baby-sitter e assistenti per anziani), sono assenti, inadeguati o troppo costosi e il 79% afferma che non ha cercato lavoro per altri motivi“. Ne deriva che nel mercato del lavoro rientrerebbero 190mila madri inattive se i servizi per l’infanzia fossero più diffusi e meno costosi: un esercito senza dubbio folto, ma secondo gli osservatori non così ampio come si potrebbe pensare. Perché: “La scelta di non cercare un’occupazione da parte della grande maggioranza delle madri inattive per motivi familiari è volontaria, anche se in alcuni casi condizionata da stereotipi di genere e da motivi culturali“. Di più si potrebbe fare, nelle aree del Mezzogiorno, dal quale emerge che una buona parte delle donne inattive circa il 60% delle madri sarebbe disponibile a lavorare immediatamente se ci fosse l’opportunità di un’occupazione regolare.




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