Quaresima in famiglia

18 Marzo 2017

18 Marzo 2017

Il viaggio più difficile

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Il commento

Ritornò in se stesso” (15,17), letteralmente “andò verso se stesso” [eis eautòv elthōn]. Era partito da casa sognando la felicità ma aveva trovato la morte. Ora inizia un altro viaggio. Prima di riprendere la via di casa, egli ritrova il coraggio di guardare in se stesso. Il viaggio di ritorno non comincia quando s’incammina verso casa ma quando ritorna in se stesso, fa i conti con se stesso. E si accorge che non solo aveva lasciato la casa ma si era allontanato anche da se stesso; non solo ha sperperato tutti i beni ma rischia di sciupare anche la vita. “Speravo in me stesso; ma il nulla mi afferra”, scrive Clemente Rebora (1885-1957). La paura del vuoto lo spinge a cercare oltre se stesso e gli permette di ritrovare quel Dio che aveva troppo presto abbandonato. È il viaggio più difficile ma è anche il passaggio decisivo, è il punto di partenza di quel cammino di conversione che riconduce tante persone nella casa di Dio. È un miracolo che avviene anche oggi. Questo ritorno suppone uno spazio di silenzio in cui l’uomo può riflettere sulla sua vita. Ed è proprio quello che oggi manca. E spesso manca anche chi annuncia una parola che costringe l’uomo a ritornare in se stesso.

Oggi c’è bisogno di una Chiesa che non smette di ri-chiamare non con il linguaggio duro della condanna ma con quella parola amorevole che costringe ciascuno a guardare onestamente la sua vita per scoprire che ci sono altri beni che forse abbiamo escluso o che non abbiamo sufficientemente considerato. C’è bisogno di persone che testimoniano la gioia di essere discepoli di Gesù e aiutano a compiere questo viaggio di ritorno, accompagnando con amore ma anche con fermezza. C’è bisogno di una Chiesa che non smette di annunciare il Vangelo e non teme di uscire per incontrare coloro che si sono allontanati, a volte sbattendo la porta. Se annunciamo questa parola che dà voce all’eterna Parola, molte persone avranno la possibilità di ritornare in se stessi e di compiere quel viaggio che si concluderà con l’abbraccio di Dio.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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