Aborto

Perché questo accanimento politico contro la vita nascente?

di Gabriele Soliani

"L’aborto è il più grande distruttore di pace. Se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c’è più niente che impedisce a me di uccidere te e a te di uccidere me”. Lo ha detto santa Teresa di Calcutta l’11 dicembre del 1979. L’aborto è davvero un diritto? Come possiamo giustificare l’accanimento politico contro la vita nascente?

Non esiste un vero e proprio diritto d’aborto, come ha detto e scritto molte volte il giurista Gustavo Zagrebelsky, giudice costituzionale dal 1995 al 2004 e presidente della Corte costituzionale nel 2004. Anche le leggi europee non lo considerano un diritto, ma in realtà lo tollerano come tale.

Tuttavia, da quando l’aborto è applicato, ha fatto ulteriori passi verso la discriminazione del soggetto più debole, cioè il nascituro. Così ripeteva continuamente santa Teresa di Calcutta: “Sento che oggigiorno il più grande distruttore di pace è l’aborto, perché è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio per mano della madre stessa. […] Perché se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c’è più niente che impedisce a me di uccidere te, e a te di uccidere me”. Lo disse l’11 dicembre 1979 a Stoccolma, mentre ritirava il Premio Nobel per la pace davanti ad un’assemblea stupita.

Nonostante questo, il cosiddetto diritto d’aborto non si è mai fermato né arrestato nel suo triste cammino, inaugurando nuove tecniche per non far nascere un bambino. Qualcuno ha cercato di speculare sul periodo della gravidanza in cui l’essere umano non avrebbe la dignità di persona. Il famoso rapporto Warnock, dal nome della sua presidente, Mary Warnock, una pedagogista e filosofa del Regno Unito. Eravamo nel luglio del 1984. Il Rapporto della Commissione di Inchiesta sulla Fecondazione ed Embriologia, appunto il Rapporto Warnock, stabilì che prima del quattordicesimo giorno dal momento della fecondazione, l’embrione non può essere considerato un individuo biologico. Le motivazioni addotte riguardano il fatto che solo al 14° giorno si ha il completamento dell’impianto in utero, cominciato 7 giorni prima. Solo verso il 14° giorno, inoltre, si evidenzia la comparsa della linea primitiva (che indica l’avvenuta differenziazione tra le cellule dell’embrione vero e proprio e le cellule che invece formeranno i tessuti placentari).

Più tardi una commissione francese spostò al 12esimo giorno il limite di umanità dell’embrione umano. Non è un mistero che questi termini furono usati per dare il via alla fecondazione artificiale. Per classificare l’embrione come un essere sub umano e rendere legale così la sua produzione, scegliendo il migliore e scartando gli altri. Con una logica disumana allora si pensa che se è legale abortire al terzo mese, sarà ancor più possibile utilizzare un embrione molto più piccolo, scivolando sempre di più nel piano inclinato dei diritti intoccabili.

Per esempio, in Cile la presidente Bachelet, a fine mandato, ha detto che l’introduzione dell’aborto è una delle sue maggiori priorità, e che farà il possibile per renderlo libero prima di finire la legislatura. Non solo nelle tre situazioni come lo stupro, il pericolo di vita della madre e la malattia del feto l’aborto sarà depenalizzato, ma anche se il bimbo è solamente indesiderato o malato. Se l’aborto non riesce nei suoi effetti, e quindi il bimbo nasce, il medico non è obbligato ad assisterlo e quindi viene lasciato morire. Cioè non va assistito né curato. Nemmeno un animale viene trattato così. Anche l’ex presidente americano Obama, ricordiamolo, volle a tutti costi la legge per il cosiddetto aborto a nascita parziale come diritto intoccabile della donna. Un tale accanimento politico contro la vita nascente ha qualcosa di misterioso.




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