Trisomia 21

“Il mio bambino con la sindrome di Down è la cosa più vicina al cielo che io abbia mai visto”

di Angela Isonzo

A Napoli una bambina con sindrome di Down è stata affidata alle cure di un uomo single dopo che sette famiglie l’avevano rifiutata. Quale messaggio dà alla società un caso del genere? Oggi la testimonianza di una madre: “Il mio bambino ha un cromosoma in più, ma i suoi occhi mi dicono che è felice”.

Non riesco a giudicare chi ha fatto una scelta diversa dalla mia, ma non posso negare che la notizia arrivata da Napoli qualche giorno fa, mi ha lasciata basita. Una bambina con sindrome di Down, è stata affidata alle cure di un uomo single, dopo che sette famiglie l’avevano rifiutata.

Il mio primo pensiero va alla madre di questa bambina. Alla paura che deve aver provato quando ha saputo che la sua piccola era affetta dalla Trisomia 21. Penso alla disperazione che l’ha spinta ad abbandonarla dopo averla tenuta in grembo per nove mesi.

E poi c’è la decisione del giudice: affidarla ad un uomo single. Mi domando se questa decisione è stata presa in piena coscienza? Era proprio la cosa giusta per lei? Era la sistemazione più idonea?

Sono convinta che se si fosse trattato di una bambina normodotata il single non avrebbe mai ottenuto il suo affidamento. Ma siccome si tratta di una piccola con sindrome di Down, allora va bene tanto nessuno la vuole. Un caso del genere cosa nasconde? Quale messaggio dà alla società? Che i bambini con sindrome di Down sono semplicemente “scomodi”. Assolutamente da abortire.

La sindrome di Down, lo spauracchio più diffuso tra i genitori, è diventata una disabilità “evitabile” con l’interruzione di gravidanza. Chi ne soffre è un “tragico errore” su due gambe, un’insopportabile “disgrazia”. In Paesi come Svezia, Danimarca e Islanda si assiste da anni alla soppressione di tutti i bambini trisomici secondo un programma Down-free che, attraverso i test prenatali, ha come obiettivo la completa eliminazione delle persone con sindrome di Down. Come a dire che una società è migliore senza di loro.

Non mi sento di esprimere giudizi verso chi decide di abortire, né verso chi opta per l’abbandono post nascita. Entrambe le scelte dolorosissime nascondono, probabilmente, ragioni ignote. Un bambino con un cromosoma in più, tuttavia, non ha soltanto gli occhi a mandorla e un ritardo generale, possiede qualcosa che va al di là dell’umana conoscenza, lo dico da madre di un bambino con sindrome di Down.

L’ho scoperto il giorno in cui è nato. Non sapevano come dirmelo. È stato un duro colpo: sei in bilico tra la gioia della nascita e la consapevolezza di uno stato di cose immutabile. Ti chiedi cosa sarà di lui quando tu non ci sarai più a proteggerlo? Quando si troverà da solo in una società totalmente incapace di prendersene cura. Poi l’ho preso in braccio. L’ho stretto a me e in quel dialogo di sensi tra madre e figlio, ho perso ogni paura e ho ritrovato soltanto la gioia.

Il mio bambino è la cosa più vicina al cielo che io abbia mai visto. Posso perdermi nella purezza dei suoi occhi, sentire le vibrazioni del suo cuore capace di intuire le parole non dette, le emozioni nascoste. E ogni suo sorriso è una risposta che rassicura e lenisce ogni paura. Sebbene quella ferita non potrà mai rimarginarsi, grazie a figli come il mio, vivo nella consapevolezza che la felicità non viene regalata a nessuno. Che in giro c’è tanta gente normodotata ma incapace di sorridere come fanno loro. I bambini con sindrome di Down sono figli e hanno bisogno di una famiglia come tutti i figli del mondo. Non sono un “prodotto difettato” e neppure una mela marcia da scartare. Sono coloro che illuminano l’esistenza ricordandoci che al mondo nulla è scontato, neppure respirare.




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