10 aprile 2019

Le catene invisibili

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,31-42)
In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato».

Il commento

In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (8,34). Non c’è parola più usata, non c’è un bene più ricercato: la libertà occupa il primo posto nella lista dei desideri e nella gerarchia dei valori. Il ruolo della libertà, che appartiene da sempre alla condizione umana, oggi viene amplificato da una cultura che esalta l’individuo e i suoi inalienabili diritti fino al punto da fare della libertà il bene supremo, quello che può e deve misurare tutti gli altri. Gesù parla un linguaggio diverso, la sua parola non segue l’inclinazione della natura, non accarezza l’orgoglio. Anzi, mette in discussione le certezze acquisite. Con quell’autorità che può venire solo da Dio, promette di dare all’uomo una libertà che nessuno ha mai conosciuto e neppure cercato. Egli annuncia, infatti, che la vera libertà si misura con la verità (8,32). È una prospettiva che non piace, i Giudei si ribellano e rivendicano di essere sempre stati liberi. Anche in quel momento, in cui sperimentano una dura sottomissione al potere politico e militare dei romani, hanno lottato per custodire la libertà religiosa. Ma l’orizzonte che Gesù descrive è di altra natura. La libertà che egli promette nasce dalla coscienza di essere figli (8,35), nasce dunque dal riconoscere la relazione come un bene fondamentale. È una libertà che si raggiunge attraverso l’obbedienza. Una via paradossale per l’uomo contemporaneo. Il peccato è una catena invisibile ma resistente. Chi rifiuta Dio, chi non si lascia guidare dalla sua Parola, finisce per dare eccessivo spazio a quei desideri istintivi – e apparentemente buoni – che in realtà ci chiudono in una prigione. Molte volte vi sono più gabbie dentro di noi che fuori di noi. Non possiamo negare di essere schiavi di una cultura che esalta l’avere e l’apparenza. La fede chiede di spezzare queste catene e di compiere scelte che contrastano con i condizionamenti del mondo. Oggi chiediamo la grazia di andare controcorrente per sperimentare la vera libertà dei figli di Dio.




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