
Voi stessi
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,11b-17)
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Il commento
“Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure” (9,11). La folla segue Gesù e Lui accoglie tutti, non si limita a donare la parola che salva ma si preoccupa di guarire i malati. Potrebbe bastare. E invece, quando i discepoli gli dicono che è giunto il momento di mandarli a casa, Gesù lancia loro una provocazione, anzi affida loro una mission impossible: “Voi stessi date loro da mangiare” (9,13). Se avesse detto ai discepoli di non preoccuparsi perché avrebbe provveduto Lui a sfamare quella gente, avrebbe suscitato in loro un legittimo stupore ma nessuna obiezione, in fondo erano abituati a vederlo compiere gesti che superavano ogni umana capacità. Ma quella sera Gesù va oltre, affida proprio a loro il compito di sfamare la gente. Preoccupatevi voi, dice Gesù. L’espressione di Luca è ancora più sorprendente: “Dategli da mangiare voi stessi” (Lc 9,13). Un esegeta fa notare che in alcuni codici il pronome è posto alla fine per sottolineare ancora meglio il ministero che Gesù affida alla Chiesa: non solo li impegna a procurare il cibo necessario ma chiede di diventare cibo per loro. Il Rabbì di Nazaret dice queste parole con una serenità che certamente sconvolge i discepoli. Come se dicesse la cosa più naturale del mondo. Non si rende conto di aver di fronte una folla enorme che tutti gli evangelisti stimano in “circa cinquemila uomini” (Lc 9,14). Gesù sa bene quello che dice ma quella sera vuole ricordare a tutti quella responsabilità storica che Dio ha affidato all’uomo e che, troppo spesso, dimentichiamo per pigrizia o per quieto vivere.
Dinanzi alle numerose necessità presenti nella storia è facile mettere Dio sul banco degli imputati e accusarlo di non fare la sua parte. Questo procedimento serve a scagionare noi stessi. Se tanta parte dell’umanità manca delle risorse essenziali per vivere, dipende in larga parte dalla nostra assenza e/o dalle nostre colpevoli omissioni. Nutrendoci di Cristo, pane spazzato, oggi chiediamo la grazia di imparare a costruire spazi di condivisione e di carità.
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