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Vendere cannabis è sempre reato, lo dice anche la Cassazione

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di Gabriele Soliani

Dopo tante chiacchiere in merito alla liberalizzazione della cannabis, finalmente ci si pone domande serie. Il Consiglio Superiore di Sanità e la Cassazione sembrano essere d’accordo: la cannabis non può essere usata come una panacea. La sua vendita è sempre reato.

Non è un farmaco, non è stata sottoposta ai controlli dell’Ema o dell’Aifa e non può quindi considerarsi una cura”. Dunque il Consiglio Superiore di Sanità in un parere mette in dubbio l’efficacia della cannabis terapeutica e propone di avviare una sperimentazione. Il Ministro della Sanità, Giulia Grillo cerca di smorzare il dubbio e dice: “Voglio tranquillizzare i pazienti in trattamento e le associazioni che tutelano i soggetti in terapia del dolore, il parere non contiene prescrizioni negative, pertanto non sarà bloccato l’utilizzo terapeutico della cannabis e continuerà a essere assicurato ai sensi della normativa vigente. Valuterò con le direzioni tecniche e i soggetti interessati l’opportunità di recepire quanto indicato nel parere dal Css sulla necessità di avviare una sperimentazione clinica a maggior tutela dei malati. I pazienti sanno bene che mi sono impegnata personalmente per aumentare le scorte di cannabis ad uso medico, incrementando le importazioni dall’Olanda e raddoppiando la produzione di cannabis dello Stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze, e proprio nei prossimi giorni insieme al ministero della Difesa e al Mipaaf finalizzeremo l’accordo per migliorare ancora il processo produttivo e garantire l’approvvigionamento ai malati”. 

La possibilità di avviare una sperimentazione sulla cannabis ad “uso terapeutico” trova un parere favorevole in Giuseppe Remuzzi, presidente della sezione V del Consiglio Superiore di Sanità che ha redatto il parere. “Sono d’accordo nel farla e farla bene – spiega Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, all’Adnkronos Salute – non possiamo considerarla la panacea senza verifiche serie e accurate. Credo che la sperimentazione sia una cosa buona per tutti”. Insieme a questo inusuale stop arriva anche quello della Cassazione sulla cosiddetta “cannabis light” che ha depositato le motivazioni del parere dato il 30 maggio scorso. A maggio la sentenza dei supremi giudici aveva stabilito che il commercio della cannabis e dei suoi derivati è consentito a meno che i prodotti abbiano «effetto drogante». Il dispositivo non chiariva cosa fosse di preciso questo concetto ed è stato necessario attendere le motivazioni. Che hanno chiarito quanto segue: è proibita sempre la cessione di marijuana, anche nei negozi autorizzati sotto forma di infiorescenze, resine, olio; questo indipendentemente dal contenuto di principio attivo (che secondo la legge del 2016 è pari allo 0,6%).

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Dunque vendere cannabis è sempre reato, anche se «light» e la percentuale di principio «drogante» è al di sotto dello 0,6%. Su come debbano essere sanzionate le violazioni, la Cassazione apre uno spazio di discrezionalità. «Occorre verificare l’idoneità in concreto a produrre un effetto drogante» dice la sentenza emessa a sezioni unite. Questo significa che se il fatto è particolarmente tenue, viene meno anche la sua punibilità. La valutazione, caso per caso, sarà affidata al giudice. Questo criterio potrebbe tradursi in un «salvacondotto» per i titolari di molti shop di cannabis light. La sentenza mette dei punti fermi anche a riguardo della coltivazione e lavorazione della canapa. «La coltivazione – è scritto nelle motivazioni – è consentita senza necessità di autorizzazione ma possono essere ottenuti esclusivamente prodotti tassativamente elencati dalla legge: possono ricavarsi alimenti, fibre e carburanti ma non hashish e marijuana». La Cassazione richiama la disciplina europea, dalla quale quest’ultima legge deriva, che riguarda il solo ambito «agroindustriale». Pertanto la coltivazione «connessa e funzionale alla produzione di sostanze stupefacenti, rientra certamente tra le condotte che gli Stati membri sono chiamati a reprimere». I cavilli e le scappatoie rimangono sempre ma che la cannabis sia uno stupefacente non ci sono dubbi.




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