10 novembre 2019

10 Novembre 2019

Ciò che resta per sempre

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 20,27-38)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Il commento

La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?” (20,33). La domanda dei sadducei è preceduta dal breve racconto di una donna che, in ossequio alla Legge di Mosè, ha sposato sette fratelli. Se tutti l’hanno avuto in moglie e nessuno ha dato figli, questa donna non può vantare nessun legame privilegiato. Agli occhi dei sadducei, questa storia mostra in modo incontrovertibile che la credenza nella resurrezione non ha alcun ragionevole fondamento. Ed è proprio questo il loro errore: pensare l’altra vita con le stesse categorie che regolano questa vita, come se non ci fosse nessuna reale differenza. La vicenda che usano come esempio non ha alcun valore. Gesù invece annuncia che c’è una sostanziale diversità tra la storia che oggi viviamo e il tempo in cui saremo immersi nella luce di Dio. La realtà futura è dono gratuito di Dio, non può essere neppure immaginata, esula totalmente dall’esperienza terrena, non abbiamo categorie per poterla comprendere. Anche se unica è la storia, si tratta di due fasi radicalmente diverse, due momenti di un’unica parabola che ha in Dio la sua origine e la sua meta. Gesù approfitta della domanda per aprire uno squarcio su quel mondo futuro nascosto al nostro sguardo: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito” (20, 34-35). Rispondendo ai sadducei, Gesù dice chiaramente che il matrimonio appartiene a questa vita, non a quella futura. Il matrimonio finisce ma l’amore continua. L’amore che ha unito gli sposi non si dissolve, anzi resta per sempre (1Cor 13,8). Questa parola non sminuisce il valore delle nozze né impedisce agli sposi di pensare che l’amore che nutre i giorni terreni sarà ritrovato, purificato da ogni scoria umana, nell’eternità di Dio. Gli sposi che vivono nell’amore possono dunque gustare fin d’ora, nonostante la fragilità che veste la vita terrena, quella pienezza che Dio ha promesso. Oggi chiediamo la grazia di coltivare la coscienza che questa vita è un pellegrinaggio che trova il suo sigillo nell’abbraccio di Dio.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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