Domenica di Pentecoste – Anno A – 31 maggio 2020

E mi sarete testimoni

Pentecoste

Il primo ed essenziale obiettivo di ogni cristiano è quello di risvegliare la fede: in un mondo pieno di cose e di affanni, anche la fede diventa una cosa accanto alle altre, confusa con gli altri impegni. Occorre restituire all’uomo il vero senso di Dio.

Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-23)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

 

IL COMMENTO

di don Silvio Longobardi, esperto di pastorale familiare

Il dono dello Spirito è strettamente legato alla testimonianza. Lo dice chiaramente Gesù: “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Questa parola risuona oggi con forza nella Chiesa che sempre più prende coscienza di essere chiamata a portare il Vangelo a tutte le genti. Il documento Comunicare la fede in un mondo che cambia (2001) ricorda che la Chiesa non è solo una sorta di agenzia sociale, che s’impegna a ridurre il crescente disagio attraverso un fattivo volontariato; e neppure può essere ridotta ad un’agenzia etica, il cui compito principale è quello di richiamare i valori. Essa esiste per annunciare Cristo e per ricordare ad ogni uomo che è Lui, Lui solo, la salvezza; e che in Lui solo possiamo trovare la pienezza della gioia. È chiaro che l’annuncio non è fatto solo con le parole, essere discepoli significa agire come il proprio Maestro che è stato un profeta potente “in opere e parole” (Lc 24, 19). La testimonianza tuttavia, anche quella più eroica, non è sufficiente. Se lo stesso Gesù accompagnava i segni con le parole, quanto più noi dobbiamo coniugare annuncio e testimonianza.
Noi predichiamo Cristo crocifisso”: così scrive Paolo alla comunità di Corinto, pur sapendo che la croce è “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23). È questo il compito permanente affidato alla Chiesa. Essa non ha valori da comunicare, non s’impegna genericamente per la pace e la giustizia, ma parla di Cristo e porta a tutti Cristo perché sa che senza di Lui non possiamo costruire un mondo nuovo. Facendo riferimento ai giovani san Giovanni Paolo II scriveva nella Novo millennio ineunte:

“Non è forse Cristo il segreto della vera libertà e della gioia profonda del cuore? Non è Cristo l’amico supremo e insieme l’educatore di ogni autentica amicizia? Se ai giovani Cristo è presentato col suo vero volto, essi lo sentono come una risposta convincente e sono capaci di accoglierne il messaggio, anche se esigente e segnato dalla Croce” (n. 9).

Questa parola vale per tutti, giovani e adulti, bambini e anziani, sposi e vergini. Abbiamo tutti bisogno di Cristo, abbiamo bisogno di stare in silenzio davanti a Lui e di contemplare il suo volto. Riprendiamo a percorrere la via sacramentale come esperienza di alleanza, come una grazia che immette nelle pieghe della nostra esistenza energie sempre nuove. Non lasciamoci ingannare dal fare e dalle mille necessità materiali. Solo Cristo ci dona la possibilità di vivere in pienezza. Chi si accosta a Lui impara a vivere come Lui.

Risvegliare la fede

Il primo ed essenziale obiettivo di ogni cristiano è quello di risvegliare la fede: in un mondo pieno di cose e di affanni, anche la fede diventa una cosa accanto alle altre, confusa con gli altri impegni. Occorre restituire all’uomo il vero senso di Dio, invitarlo ad aprire gli occhi sul mistero e dargli la possibilità di incontrare quel Dio che si è fatto vicino a noi e che si rende oggi presente attraverso la Parola e i sacramenti. Noi siamo solo un segno, o meglio una memoria di questa presenza che abbraccia la storia. Si può e si deve vivere la missione in tanti modi: nelle forme più esplicite, dedicando del tempo preciso di annuncio insieme ad altri fratelli nella fede e nella vita ordinaria. Nel primo caso il fatto stesso di andare diventa per chi riceve l’annuncio un segno, quasi un richiamo.
Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” (At 3,6): le parole di Pietro sono una testimonianza e un invito ad andare senza mezzi sapendo che Cristo è la nostra forza! Andiamo come poveri che hanno una sola ricchezza, quella di aver incontrato Cristo. Se Pietro e Giovanni avessero avuto beni materiali, li avrebbero dati allo storpio che chiedeva l’elemosina alla porta del Tempio. Ma così gli avrebbero dato solo la possibilità di sopravvivere per quel girono ancora. Ed invece, hanno attinto alla forza della fede e gli hanno comunicato la pienezza della vita, cioè lo stesso Cristo. Anche noi dobbiamo vivere la missione e andare nel mondo con la coscienza di essere poveri e di non avere altro che Cristo.
La missione lascia sempre una traccia, ma è come un’impronta sulla sabbia che può essere facilmente cancellata dalle acque del mare. Viviamo in un tempo in cui tutto si consuma rapidamente, anche gli eventi più significativi. Per questo all’annuncio deve poi seguire una chiara indicazione su come è possibile fare un vero cammino di fede dove la Parola diventa il nutrimento e il quotidiano riferimento. Solo così la scintilla della fede non sarà spenta ma poco alla volta può diventare un grande fuoco e generare desideri di santità. La vera difficoltà della Chiesa oggi non è quella di indicare la meta ma di condurre i discepoli verso la santa montagna, non basta additare la santità come orizzonte ideale, anche questa parola rischia di diventare vuota di contenuti, occorre precisare quali sono i passi da fare per vivere la santità, a cominciare proprio da quelli più semplici e quotidiani. Il primo passo è certamente quello di mettersi in ascolto insieme ad altri fratelli sotto la guida dello Spirito.

Con la potenza dello Spirito

Non c’è molta presunzione per tracciare un programma di questo tipo? Chi siamo noi per annunciare agli altri la luce? Non siamo anche noi forse schiavi delle tenebre? La sera di Pasqua, dopo aver dato il mandato missionario – “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21) – l’evangelista dice che Gesù “alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 22). È chiaro che senza lo Spirito non siamo in grado di portare la luce e di comunicare la potenza del Vangelo. Uniamo anche la nostra voce a quella di tutta la Chiesa, invochiamo il dono dello Spirito con le parole dell’inno che in questi giorni è risuonato nella liturgia del Vespro:
Vieni, o Spirito creatore, / visita le nostre menti, / riempi della tua grazia / i cuori che hai creato.
O dolce Consolatore, / dono del Padre altissimo, / acqua viva, fuoco, amore, / santo crisma dell’anima.
Dito della mano di Dio, / promesso dal Salvatore, / irradia i tuoi sette doni, / suscita in noi la parola.
Sii luce all’intelletto, / fiamma ardente nel cuore; / sana le nostre ferite / col balsamo del tuo amore.
Difendici dal nemico, / reca in dono la pace, / la tua guida invincibile / ci preservi dal male.
Luce dell’eterna sapienza, / svelaci il grande mistero / di Dio Padre e del Figlio /
uniti in un solo Amore. Amen
”.

Scarica “La domenica in famiglia” – Un piccolo momento di preghiera da vivere in famiglia


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