
Figli amati e servi obbedienti
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,7-11)
In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Il commento
“Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni” (1,9). Dopo il lungo silenzio di Nazaret Gesù si reca al Giordano per ricevere il battesimo di Giovanni. Inizia la sua missione recandosi nel luogo dove, con passione profetica, il figlio di Zaccaria invita tutti alla conversione. In questo modo l’evangelista sottolinea che la missione del Nazareno fa parte di una storia più ampia che trova in Giovanni il suo punto di approdo. È bello pensare che esiste un’unica storia di salvezza. Gesù viene a compiere quella del suo popolo e diventa la pietra angolare di una storia antica e nuova. E noi tutti siamo coinvolti. Ciascuno di noi è un tassello di questo grande mosaico. La scelta di Gesù manifesta lo stile che segnerà tutta la sua missione: non bussa alla porta dei potenti, non cerca di intavolare un dialogo con gli scribi, preferisce andare dove si raduna il popolo umile che accoglie la predicazione del Battista. Agli occhi degli uomini, Gesù è solo un figlio del popolo santo, fratello tra fratelli, ma la Parola che viene da Cielo lo presenta come il Figlio unigenito, Colui che Dio ha scelto per compiere i tempi messianici: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (1,11). Questo avvenimento rappresenta un passaggio fondamentale, uno spartiacque decisivo tra il silenzio di Nazaret e la missione pubblica. Il Nazareno percepisce nuovamente – e ancora più chiaramente – la chiamata del Padre e riceve la forza dello Spirito per vivere la sua missione nella più totale obbedienza alla volontà di Dio. La coscienza di essere il Figlio amato si traduce nella disponibilità ad essere servo obbediente.
Anche noi siamo divenuti “figli di Dio” (Rm 8,14) e siamo chiamati a partecipare attivamente alla storia di Dio. Preparandosi al noviziato, che inizia il 10 gennaio 1889, Teresa scrive: “Gesù vuole che tutto sia per Lui! Ebbene, tutto sarà per Lui, tutto, anche quando sentirò di non aver nulla da potergli offrire: allora, come questa sera, Gli darò questo niente!…” (LT 76). Nella scia di questa santità chiediamo la grazia di essere servi umili e decisi a fare tutto quello che Dio vuole.
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