Famiglia e vocazione, un binomio da riscrivere

Santa Messa

di Maria Luisa Coppola, presidente Serra Club Aversa

Che ruolo ha la famiglia nella nascita di nuove vocazioni? Quanto il cambiamento della famiglia tradizionale incide sui futuri seminaristi? La famiglia del terzo millennio ha difficoltà a tramandare la fede. Da dove ripartire?

Con voi mi sento in famiglia!” un’espressione comune, entrata nel nostro lessico familiare che ben rappresenta lo stato d’animo di chi non fa fatica a stare nel gruppo. In realtà sottende molteplici significati, direi antropologici, da quando abbiamo compreso che “famiglia” è davvero un nome collettivo (come si insegnava un tempo alle elementari). È uno spazio affettivo allargato, in cui le figure piramidali del padre e della madre si sono orizzontalizzate sul ruolo della mamma amica, del papà fratello maggiore. I figli? Si sono presi spazi sempre più dilatati. Nel dire comune “famiglia allargata” è la somma di altre famiglie, separate prima, conviventi dopo con altri compagni e con i figli avuti da precedenti relazioni. Quando lo vedevamo nei film, sembrava una storia lontana da noi, ora ci accorgiamo che è la nostra vita quotidiana, nella quale vi sono tante care persone, cui si dà subito del “tu” perché legate già, anche per via traversa, alla nostra famiglia di origine. 

La famiglia è una community, un bene comune da condividere, tante storie da conoscere e far diventare proprie con la comprensione della saggezza. Alla famiglia allargata, con figure patriarcali o matriarcali, si affiancano le famiglie con “genitore uno e genitore due” come si legge nei moduli di iscrizione alle scuole, in ottemperanza alle leggi emanate dal Parlamento, affidatari di figli, non necessariamente generati, cresciuti con amore. Di famiglia si parla molto, specialmente in famiglia propria, ma non nello spirito dell’Amoris laetitia di papa Francesco, che resta il più recente documento apostolico. Mi piace ricordare che la Famiglia Francescana, intesa come comunità di consacrati e consacrate, vive la fratellanza non come consanguineità, ma come scelta elettiva di sentimenti ed ideali, percorsi vocazionali ed itinerari di fede, come in tante altre realtà monastiche, in una dimensione affettiva dilatata oltre le mura conventuali. Nella nostra realtà apprendiamo quotidianamente tante storie personali raccontate attraverso la comunicazione televisiva, nei salotti pubblici in cui il protagonista ha il piacere di condividere il suo vissuto come nelle belle storie vocazionali raccontate su tv2000, a conferma che le buone notizie fanno bene.

Famiglia e vocazione, un binomio da riscrivere, nella sua completezza e nella sua profonda accezione. Molte storie vocazionali sono nate in seno alla famiglia tradizionale, spesso in oratorio, nelle scuole apostoliche ovvero in un habitat già favorevole all’incontro con il Maestro Gesù, con la Parola di Dio. Tante altre, da percorsi di vita accidentati o da conversioni del cuore, da esperienze le più varie ma ugualmente prepotenti. La famiglia del terzo millennio non ha come icona i coniugi Martin, i coniugi Gheddo, ovvero genitori severi nell’educazione dei loro figli, cui si insegnava il rispetto ed il timor di Dio. Ha difficoltà a tramandare la tradizione di fede. Si è interrotta, come sostengono i sociologi, la continuità della fede ed i figli sono distanti dalle scelte dei padri che forse hanno pensato maggiormente al benessere materiale e non a quello spirituale, affannati dalle condizioni sociali e politiche e che ora chiedono ad altri maestri la guida morale cui affidano il discernimento vocazionale. 

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Ne ho avuto conferma ascoltando la voce diretta di tanti seminaristi che nel padre spirituale in seminario hanno trovato risposte di verità evangelica, che sono stati accompagnati da giovani sacerdoti a comprendere quale fosse la loro vocazione autentica sia matrimoniale che sacerdotale, che nella famiglia allargata della comunità diocesana composta da laici impegnati e da presbiteri, si sono ritrovati… in famiglia. Allora, se gli archetipi della famiglia tradizionale sono in crisi, è nella famiglia allargata a tante figure promotrici che si ritrova il senso profondo dell’affermazione “la famiglia, culla di vocazioni” pronta a sostenere il cammino delle future generazioni.

Molti anni fa, nel duomo di Ancona, il sacerdote celebrante si rivolse a noi serrani lì convenuti chiedendoci se nelle nostre famiglie fossero nate vocazioni. Il silenzio fu eloquente! Ma nel nostro intimo ciascuno promise davanti a Dio di pregare insistentemente il Padrone della messe per nuove e sante vocazioni, se non dei figli generati, di quelle dei figli adottati nei seminari e nelle nostre comunità parrocchiali. Un anno dedicato a pregare San Giuseppe che ebbe cura del piccolo Gesù non nato dall’amore coniugale, ma per volere dello Spirito santo, ci farà riscoprire il ruolo della paternità consapevole, della cura dei bambini, della dolcezza di un abbraccio che nutre più del cibo.  Prendiamoci carico di rinnovate responsabilità, come padri e nonni del bellissimo vivaio dei giovani in discernimento spirituale in cui far germogliare buoni sentimenti cristiani e tanto desiderio di bellezza, sentiamoci “tutti fratelli” in Cristo, viviamo la straordinaria opportunità di considerarci una famiglia vocazionale e di poter dire, a ragion veduta, come stiamo bene in famiglia.




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